«Il giorno che andammo via mi è rimasto
impresso, avevo un nodo al cuore; zia Maddalena mi teneva tra le braccia, il
camion si è fermato e siamo scesi per mangiare i frutti del bosco per l’ultima
volta, quasi a portarci dietro i sapori a noi familiari». Chi parla è una
donna, allora bambina di sette anni, mai partita del tutto dalla sua Pattada di cui conserva un ricordo nitido, alimentato dalla
memoria e dal vento impetuoso delle parole in limba che usa di frequente,
nonostante viva da sessantacinque anni a oltre tredicimila chilometri di
distanza. «Per moltissimo tempo ho fatto un sogno nel quale mi vedevo,
sempre piccola, mentre salivo la gradinata in pietra che portava a casa e
dove ho vissuto la mia prima pizzinnìa».
Teresa Fantasia, classe 1941, è in Argentina dal 1948, esattamente dal 31
dicembre. La fine di un anno che simboleggiava anche l’abbandono definitivo
delle macerie della vita precedente in una Sardegna devastata dalla Guerra
Mondiale e l’inizio di un capitolo nuovo, dall’altra parte del mondo. Famiglia
di pionieri, la sua, per necessità: il padre, Giovanni Fantasia, voleva
garantire il pane alla moglie Maria Antonia “Toietta” Zazzu di Bantine e agli
otto figli.
Ma il suo mestiere di calzolaio non
andava e Nanneddu, rientrato da poco
dal servizio militare a La Maddalena, prova a reinventarsi minatore a Carbonia:
senza successo. «Mio padre e mie zii non si erano rassegnati a quelle
condizioni durissime e sono rientrati delusi a bidda – dice Teresa ricorrendo a
uno dei tanti termini sardi che punteggiano il suo racconto – e allora mia
nonna materna ha proposto a tutti di partire per l’Argentina dove c’era già un
figlio, zio Barore. E’ stata la prima ad andare via assieme a zio Gaspare, poi
tutti quanti noi e zio Antoni con la moglie e due figli piccoli».
In mezzo, un viaggio epico con il porto di Genova come prima tappa: «Siamo
rimasti ad attendere la nave Santa Cruz per due giorni. Babbo doveva dormire
assieme a tanti uomini estranei, separato dalla famiglia, mentre mamma e le
altre donne stavano con i bambini in cabine immense. Ci si ritrovava per la
colazione»…
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