È l’ultima dieta del momento: in
Gran Bretagna la definiscono “digiuno intermittente” e sul grado di pervasività
che rischia di avere nei prossimi mesi c’è quasi da scommetterci.
Detta anche “5:2”, questa fast diet proposta dal giornalista della BBC
Michael Mosley, di concerto con la collega Mimi Spencer, è già un must in
Inghilterra e prima ancora di diffondersi nel resto d’Europa ha iniziato a
spopolare oltreoceano dove l’obesità cresce a ritmi sostenuti.
Il meccanismo è semplice:
mangiare regolarmente per cinque giorni intervallandoli con 48 ore di quasi
digiuno. Gli effetti, sostengono gli autori, sono immediati: rapida perdita di
peso in cambio di un sacrificio sostenibile. «I nostri antenati hanno vissuto
alternando grandi abbuffate a digiuni, a seconda di come andava la caccia»,
ragiona l’autore.
Nei due
giorni di digiuno, le
calorie vanno ripartite in due pasti, colazione e cena, per attenuare il senso
di fame: si mangiano, ad esempio, uova sode e prosciutto al mattino,
pesce bollito e verdure scondite alla sera, bevendo sempre molta acqua e tisane.
La dieta definisce
rigorosamente la quantità massima di calorie da assumere nelle giornate di
“sacrificio”: 500 per le donne e 600 per gli uomini. Afferma Michael Mosley:
«Queste calorie equivalgono al 20-25% delle dosi energetiche acquisite nei
restanti giorni», durante i quali ci si può permettere di tutto, sia pur con
moderazione.
La
possibilità di non
escludere carboidrati, carne rossa, cibi fritti e dolci rende la filosofia
del “5:2” più comoda rispetto ad altre recenti proposte dietetiche
come la dieta Dukan e Tisanoreica, tuttavia, la comunità scientifica si è
divisa.
«Siamo di fronte all’ultima
trappola», commenta Enzo Spisni, docente di fisiologia della
nutrizione presso l’Università Alma Mater di Bologna. «La dieta ha effetti sul
controllo del peso nel breve periodo, ma può essere dannosa a lungo termine.
Purtroppo le diete sono sempre viste come specie di gabbie da chi deve seguirle
e questa è un po’ meno stretta delle altre, ma non favorisce certo una corretta
educazione alimentare nel paziente»…
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