“Il grande pubblico è ancora convinto che ogni grande progresso medico è stato ottenuto grazie alla sperimentazione sugli animali”, sostiene Marco Mamone Capria, matematico ed epistemologo presso l'università di Perugia e presidente dell'associazione Hans Ruesch, impegnato a dimostrare – come molti scienziati – che la vivisezione non è soltanto eticamente ingiusta, ma scientificamente inutile...
…può dare
prove del fallimento della vivisezione sul piano clinico ovvero nella medicina
umana?
Innanzitutto andrebbe ricordato
che, in base a una stima della Food and Drug Administration degli Stati Uniti,
il 92 per cento dei farmaci provati sicuri nei test su animali falliscono nelle
fasi cliniche. I sostenitori della sperimentazione animale a scopo medico
cercano di aggirare questo risultato, davvero desolante, obiettando che bisogna
considerare anche quanti farmaci nocivi sono stati evitati grazie ai test su
animali. Ma come si fa saperlo, se i risultati negativi sugli animali bloccano
l'iter del farmaco prima delle fasi cliniche? Ci si dovrebbe, piuttosto,
preoccupare dei farmaci che avrebbero funzionato sull'uomo e di cui invece non
sapremo mai che efficacia clinica abbiano. Per esempio, è ben noto che
l'individuazione della causa dell'ulcera gastrica nel batterio detto
helicobacter pylori, scoperta premiata con il Nobel nel 2005 e che ha aperto la
via alla cura antibiotica di tale disturbo, è stata ritardata dal tentativo di
mostrare che la stessa cosa succedeva negli animali; come ha raccontato lo
scopritore, Barry Marshall, alla fine dovette risolversi
all'autosperimentazione – una pratica, peraltro, molto più comune di quanto le
storie ufficiali della medicina raccontino.
Non dobbiamo più fidarci dei farmaci che assumiamo perché sono testati sugli animali?
La conseguenza non vale, perché,
per esprimerci nei termini dell'epistemologia neoempirista, confonde tra
contesto della scoperta e contesto della giustificazione. Questo però non vuol
dire che l'efficacia dei farmaci in commercio sia molto elevata, perché in
effetti non lo è, come è stato ammesso anche autorevolmente. E d'altra parte
per i soli Stati Uniti si stimano in 100.000 circa le vittime annuali per
reazione avversa da farmaco, che nelle forme più gravi colpisce in tutto,
annualmente, 2 milioni di persone. Ciò premesso, la sola ragione genuina per
fidarsi di un farmaco è in ogni caso la prova che ha dato di sé sugli umani. E
qui non mi riferisco in primo luogo alle prove cliniche che precedono
l'immissione in commercio, e che spesso vengono svolte non dopo ma
parallelamente alle prove su animali. Mi riferisco invece all'esperienza “sul
campo”, cioè dopo la commercializzazione. Proprio per questo diversi studiosi
consigliano ai medici di prescrivere, di preferenza, i farmaci più “antiquati”
invece delle “ultime novità”…
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