Una delle problematiche di grande rilievo relativamente alla realizzazione di qualsiasi impianto industriale è la fase della dismissione (decommissioning) e del successivo ripristino ambientale.
Naturalmente ciò vale anche per gli impianti
produttivi di energia da fonti rinnovabili (centrali eoliche, centrali
fotovoltaiche, ecc.).
Operazioni complesse e costose, che devono esser
previste fin dalla progettazione iniziale e adeguatamente considerate in sede
di procedure autorizzatorie.
Vengono presentate come attività destinate al riciclaggio degli elementi utilizzati
per la realizzazione degli impianti, soprattutto da parte delle imprese energetiche e delle imprese
che lavorano nel settore, tuttavia non pare proprio così.
E’, poi, ben chiaro che determinate operazioni di
ripristino ambientale siano semplicemente improbabili, basti pensare alla
rimozione dei basamenti in cemento armato delle “torri” eoliche.
Possono, poi, accadere anche mancate attuazioni delle
dismissioni e dei ripristini ambientali da parte delle imprese obbligate ed è
per questo che le amministrazioni pubbliche competenti devono cautelarsi
prevedendo adeguata prestazione di fideiussione (art. 1936 cod. civ..) per eventuali danni
all’ambiente e agli interessi pubblici nelle fasi di cantiere, di gestione
dell’impianto e del ripristino ambientale (decommissioning).
Ma i problemi ambientali non
finiscono qui.
Recentemente una trasmissione della rete televisiva
tedesca ZDF,
nel programma di approfondimenti giornalistici Frontal, ha sollevato
numerosi quesiti sulle operazioni di dismissione degli impianti rinnovabili e
di ripristino ambientale.
Lo scenario è a dir poco inquietante e una profonda
riflessione è necessaria.
Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)
da Scenari Economici, 15 settembre
2025
La bomba ad
orologeria dell’Eolico: anche la TV tedesca si accorge del disastro ambientale.
La TV pubblica tedesca svela il lato oscuro
dell’eolico: le pale delle turbine sono rifiuti tossici non riciclabili.
Un’inchiesta shock mostra come, alla scadenza dei sussidi, tonnellate di
materiali inquinanti finiscano in discarica, minacciando ambiente e salute. (Fabio Lugano)
In Germania si celebra la virtù dell’energia green e
rinnovabile un giorno si e uno pure, ma queste fonti pure e immacolate
nascondono una realtà ben diversa.
La sorpresa, o forse la conferma per chi nutriva già
dei dubbi, arriva da un pulpito insospettabile: la televisione pubblica tedesca,
la ZDF. Proprio l’emittente che per anni ha celebrato i
fasti dell’Energiewende (la transizione energetica tedesca), oggi
si pone domande che fino a ieri erano liquidate come allarmismo populista.
In un servizio del programma “frontal”, la ZDF ha
finalmente acceso i riflettori sul lato oscuro dell’eolico: cosa
succede quando queste cattedrali del “green” arrivano a
fine vita? La risposta è un disastro ambientale ed economico che è
stato convenientemente nascosto sotto il tappeto delle buone intenzioni.
Il Problema che Nessuno Voleva
Vedere
Le turbine eoliche, per funzionare, devono essere allo
stesso tempo enormemente resistenti e relativamente leggere. Un
requisito che si ottiene utilizzando materiali compositi avanzati: resine
epossidiche, fibre di vetro, fibre di carbonio e adesivi speciali, un
cocktail di elementi tenuti insieme per resistere a decenni di sollecitazioni.
Proprio questa complessità strutturale è la loro condanna a fine vita. La
stessa ZDF lo riassume con una domanda tanto semplice quanto brutale:
“Per essere leggeri ma stabili, sono realizzati con
vari materiali incollati insieme, difficili da separare. ‘frontal’ chiede: cosa
dovremmo fare con i rottami delle turbine eoliche che non possono essere
riciclati?”
Il problema, infatti, è duplice e riguarda sia il
funzionamento sia lo smantellamento.
1.
L’Abrasione Silenziosa: Durante la loro vita operativa, le pale dei rotori, le cui estremità
possono raggiungere velocità di quasi 400 km/h, sono soggette a un’erosione
costante. Pioggia, grandine, polvere e persino insetti agiscono come una carta
vetrata ad alta velocità, rilasciando nell’ambiente microparticelle di
materiali compositi. Queste particelle, contenenti sostanze chimiche come
il Bisfenolo A (BPA) e le famigerate PFAS (sostanze
perfluoroalchiliche, note come “inquinanti eterni”), contaminano suolo
e falde acquifere. Non è un caso se, come riportato nel documentario, in alcune
aree della Germania si sconsiglia ai cacciatori di consumare il fegato dei
cinghiali, proprio per l’accumulo di queste tossine. Il paragone con l’amianto
non è affatto peregrino.
2.
Lo Smaltimento Impossibile: Il vero incubo inizia quando la turbina deve essere smantellata. Le
pale, lunghe decine di metri, sono quasi impossibili da riciclare. La
separazione dei materiali è economicamente insostenibile e tecnicamente
complessa. La soluzione più comune? Tagliarle a pezzi e seppellirle in discarica,
sperando che nessuno se ne accorga. A volte, come denunciato da comitati di
cittadini, vengono segate direttamente sul posto, disperdendo polveri tossiche
nell’area circostante.
3.
Il Motore Economico: Il Circo dei
Sussidi
Ci si potrebbe chiedere perché smantellare impianti
che, teoricamente, potrebbero durare più a lungo. Ancora una volta, la ZDF
fornisce la risposta, ed è una risposta che suona molto familiare a chi segue
le dinamiche della spesa pubblica: i sussidi. Il servizio tedesco mette
a nudo l’ipocrisia del sistema:
“L’approccio della Germania alle vecchie turbine
eoliche […] esemplifica diversi sviluppi negativi. Una politica di
finanziamento che si concentra solo sul ‘maggiore’ impiego, ma non sulle
conseguenze […]. Nel campo delle energie rinnovabili, come in ogni altro
settore economico, il profitto è spesso l’obiettivo più che l’impronta
ecologica.”
Il meccanismo è semplice e perverso. Un parco eolico
riceve generosi sussidi statali per i primi 20 anni. Scaduto tale termine, e
con l’aumento dei costi di manutenzione, l’impianto smette di essere una
miniera d’oro. La soluzione? Smantellare le “vecchie” turbine, spesso
ancora perfettamente funzionanti, per sostituirle con modelli più nuovi e
potenti, facendo ripartire da zero il ciclo dei sussidi. Un profitto
garantito, pagato interamente dai contribuenti. La ZDF riporta le parole di un
operatore del settore:
“Dopo 20 anni, il sussidio scade e i costi di
manutenzione aumentano. Nuove turbine eoliche più potenti nella stessa
posizione promettono al gestore maggiori profitti. L’anno scorso, l’azienda ha
demolito 120 turbine eoliche; quest’anno prevede di demolirne 200.”
Un business che si autoalimenta, lasciando dietro di
sé una scia di rifiuti tossici e costi di smaltimento che, quasi certamente, verranno
socializzati.
La conferma della tossicità
Il servizio della televisione tedesca non usa mezzi
termini nel descrivere la pericolosità dei materiali, confermando ciò che molti
studi indipendenti sostengono da anni:
“[Le pale del rotore] sono realizzate in plastica,
alluminio, legno, adesivi, fibre di vetro o plastica rinforzata con fibra di
carbonio […]. Se le pale vengono tagliate a pezzi, si crea polvere, che può
penetrare nei polmoni. Causano anche cancro e altre malattie, infiammazioni
polmonari. […] Sono molto resistenti, quindi persistono nell’ambiente. C’è
quindi il rischio che riappaiano nel nostro flusso sanguigno.”
Un’azienda di riciclaggio intervistata dalla ZDF
ammette candidamente che due terzi delle pale consegnate non sono
riciclabili a causa della presenza di additivi come cromo, antimonio e
metalli pesanti. Le stesse sostanze ritrovate, guarda caso, in cozze e ostriche
nei pressi dei parchi eolici offshore.
La fine dell’innocenza “Green”
L’inchiesta della ZDF è un punto di svolta. Non perché
sveli verità sconosciute ai critici del settore, ma perché segna il momento in
cui il castello di carte della narrazione “verde a tutti i costi” inizia a
vacillare anche agli occhi del grande pubblico. La transizione ecologica,
presentata come una marcia trionfale verso un futuro sostenibile, si sta
rivelando per quello che è: un gigantesco esperimento economico e industriale,
pieno di contraddizioni, costi nascosti e pericolose esternalità negative.
Stiamo davvero scambiando un problema (le emissioni di
CO2) con un altro forse peggiore, ovvero la contaminazione permanente del suolo
e delle acque con sostanze tossiche non biodegradabili? La domanda, grazie alla
TV tedesca, non è più confinata ai circoli degli “scettici”. È diventata di
dominio pubblico. E ignorarla, adesso, sarà molto più difficile. Il re verde,
forse, è nudo.
Domande e Risposte sul Tema
1. Qual è il problema principale legato allo
smaltimento delle pale eoliche?
Il problema fondamentale risiede nella loro
composizione. Le pale sono realizzate in materiali compositi, un mix di fibre
di vetro o carbonio annegate in resine epossidiche e tenute insieme da potenti
adesivi. Questa struttura, progettata per essere estremamente resistente, rende
quasi impossibile la separazione dei singoli componenti. Di conseguenza, il
riciclo è tecnicamente complesso e non economicamente vantaggioso. La maggior
parte delle pale finisce quindi in discarica, occupando volumi enormi, o viene
incenerita in impianti specializzati, con il rischio di rilasciare sostanze
tossiche se il processo non è controllato alla perfezione.
2. Perché la notizia di un servizio della TV pubblica
tedesca (ZDF) su questo tema è così importante?
La sua importanza è strategica. La ZDF, come altre
emittenti pubbliche europee, è stata per anni una delle principali promotrici
della narrazione della transizione energetica come soluzione pulita e
necessaria. Il fatto che ora dedichi un’inchiesta critica ai suoi lati oscuri,
come i rifiuti tossici e il sistema perverso dei sussidi, rappresenta una crepa
significativa in questo fronte narrativo. Segnala che il problema è diventato
così evidente da non poter essere più ignorato dal “mainstream”. Questo sposta
il dibattito da una nicchia di critici a un pubblico di massa, aumentando la
pressione sulla politica e sull’industria.
3. Quali potrebbero essere le ricadute a lungo
termine, sia ambientali che economiche, di questo problema?
Le ricadute sono potenzialmente gravissime. Dal punto
di vista ambientale, rischiamo una contaminazione diffusa e persistente di
suoli e falde acquifere con microplastiche e sostanze chimiche tossiche (PFAS,
Bisfenolo A), con effetti a cascata sulla fauna e sulla salute umana.
Economicamente, i costi dello smaltimento, oggi largamente sottostimati,
ricadranno sui contribuenti o sulle comunità locali. Questo potrebbe rendere
l’intero ciclo di vita dell’energia eolica molto meno conveniente di quanto
pubblicizzato, mettendo in discussione la sostenibilità economica del modello
basato su continui cicli di costruzione, smantellamento sovvenzionato e
ricostruzione.
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