Due società di rating sugli investimenti sostenibili hanno ripulito
l’immagine delle aziende che aiutano Israele nelle sue operazioni in Palestina
Si chiamano
investimenti etici e sostenibili e promettono di investire per obiettivi
positivi. O, se non proprio positivi, almeno rispondenti a una serie di
parametri Esg, benché essi stessi siano troppo spesso “stiracchiati” a destra e
a sinistra. Tuttavia, un’inchiesta del portale olandese Follow
The Money, rivela che
in alcuni casi investimenti considerati socialmente sostenibili hanno
riguardato aziende che hanno contribuito alla pulizia etnica di Israele nei
Territori occupati. Due tra le principali società di rating di sostenibilità,
ovvero quelli che dovrebbero permettere di distinguere tra investimenti
sostenibili e non, hanno infatti deciso di non considerare quanto avviene in
Palestina nell’ambito dei loro criteri di esclusione. E hanno scelto di farlo
proprio un anno e mezzo fa. Quando Israele ha cominciato, di fatto,
l’annientamento del popolo palestinese.
Un giro
d’affari da tremila miliardi di euro
Le due
società di rating in questione sono entrambe americane. Si tratta di Morningstar
Sustainalytics e Msci (la ex Morgan Stanley Capital International).
Insieme forniscono circa l’80% dei dati mondiali sull’impatto delle attività
commerciali sui diritti umani. Perché ovviamente le violazioni dei diritti
umani interessano anche la finanza. Oltre a essere una brutta cosa, infatti,
possono rappresentare rischi reputazionali e finanziari per le
aziende e per gli investitori, incidendo sui loro profitti. Ai rating
pubblicati da Morningstar Sustainalytics e Msci guardano quindi migliaia di
istituti finanziari di tutto il mondo per orientare i loro investimenti
etici e sostenibili. Si stima che i fondi di investimento socialmente
responsabili gestiscano circa tremila miliardi di euro a
livello globale. E di questi l’84% sia detenuto da investitori europei.
Fino a
qualche anno fa, entrambe le agenzie catalogavano con bassissimi
punteggi i rating di tutte le aziende che facevano affari nei
Territori occupati. O che, ancor peggio, contribuivano materialmente
all’occupazione e alle politiche di apartheid di Israele.
Tanto che Sustainalytics, agenzia olandese, addirittura era accusata di
dipendere troppo dal movimento Bds (Boicotta Disinvesti Sanziona) nel prendere le sue decisioni.
Almeno fino al 2020, quando è stata rilevata dall’americana Morningstar. Tale
acquisizione ha portato le analisi Esg della neonata Morningstar
Sustainalytics sotto la giurisdizione statunitense. Da allora la
questione palestinese ha cominciato a sparire dai radar. E i rating delle
agenzie coinvolte nell’occupazione a migliorare miracolosamente.
Già nel
2022, l’azienda aveva ufficialmente annunciato che non avrebbe più
recepito preoccupazioni e controversie relative ai diritti umani basandosi
sull’operatività delle aziende nei Territori occupati illegalmente da Israele.
Poi, dall’ottobre 2023, ha cominciato a sostituire la dicitura Territori
palestinesi occupato con termini più neutri come Cisgiordania o Gerusalemme
Est. E ha stabilito che per determinare la sostenibilità di un’azienda avrebbe smesso
di usare i dati del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.
Finché, nel 2024, Morningstar Sustainalytics ha confermato pubblicamente di
aver del tutto escluso tutto ciò che riguarda il conflitto
israelo-palestinese dalla sua rendicontazione Esg.
Il caso
Caterpillar: da bulldozer a arma di distruzione nelle mani di Israele
Non va certo
meglio con Msci. Ancora nell’agosto 2023 nella sezione “controversie” degli
investimenti etici e sostenibili segnalava Caterpillar. Citando «significative preoccupazioni
relative al suo ruolo nei territori occupati». Diversi documenti di
Amnesty International e Human Rights Watch sostengono infatti che da
anni i macchinari di Caterpillar siano utilizzati da Israele in violazione del
diritto internazionale. Come i bulldozer utilizzati dall’esercito per
demolire le case dei palestinesi, distruggere gli uliveti e o condurre diverse
operazioni a Gaza. È una relazione di lungo corso quella tra Caterpillar e
Israele. I suoi bulldozer, per capirci, sono quelli che hanno ucciso
l’attivista pacifista statunitense Rachel Corrie nel 2003. Come riportato dal Guardian qualche anno
dopo.
Bene, ancora
nel 2023 quindi, per Msci la Caterpillar aveva un punteggio Esg molto
basso: 3 su un massimo di 10. Proprio per i suoi contributi alle violazioni
dei diritti umani da parte di Israele. Ma improvvisamente, dopo l’ottobre 2023,
nonostante la violenza israeliana si sia intensificata a livelli
inimmaginabili, tutto cambia. E nell’agosto del 2024 il rapporto Msci su
Caterpillar visionato da Follow the Money non menziona più il conflitto. Parole
come Israele e Palestina sono scomparse del tutto. «Non sono emerse
controversie», afferma ora Msci nella sezione “Diritti umani e comunità” di
Caterpillar. E l’azienda americana passa da un rating di 3 su 10 al
massimo: 10 su 10.
Tutto questo
nonostante la stessa Caterpillar sia stata ancora protagonista in prima
persona di diversi episodi di morte e di violazione dei diritti umani nella
Striscia di Gaza. Come nell’episodio raccontato dal New
York Times in cui
i bulldozer della Caterpillar schiacciano delle ambulanze e un camion
dei pompieri. Il tutto a seguito di un attacco mortale contro un convoglio
umanitario nel sud di Gaza in cui sono stati uccisi quindici operatori
umanitari palestinesi. Un episodio atroce, in cui un testimone oculare ha
raccontato proprio di un bulldozer Caterpillar che spingeva corpi umani e
detriti sottoterra.
«La
violazione dei diritti umani da parte di Israele è una questione legale, non
un’opinione»
Ma non c’è
solo Caterpillar. Come raccontato più volte anche da Valori troppe aziende continuano a
fare affari e a guadagnare, non solo dai territori occuparti illegalmente da
Israele ma anche dalla pulizia etnica in corso. Secondo Follow The
Money ci sono più di cinquanta società che operano a sostegno dell’occupazione
israeliana, ma i rapporti di Morningstar Sustainalytics e Msci sul loro
operato «non citano mai la parola guerra o occupazione». E quando
il collettivo di giornalismo investigativo olandese ha chiesto spiegazioni,
entrambe le agenzie di rating si sono rifiutate di rispondere. Il problema però
non è tanto né solo di Morningstar Sustainalytics e Msci. Ma di tutti
quegli investitori sostenibili, per la maggior parte europei e
soprattutto a fondi pensione pubblici o privati, che si trovano a investire
nella più grande violazione dei diritti umani in corso.
Ogni anno,
infatti, i principali istituti finanziari europei pagano a Morningstar
Sustainalytics e Msci decine di migliaia di euro per accedere alle loro
valutazioni. Rating utilizzati per definire le strategie di
investimento in materia di sostenibilità. Tra queste la banca olandese
Ing. La banca d’investimento e fornitore di servizi finanziari svizzera Ubs. E
il più grande fondo pensione norvegese, Klp. Tutti e tre hanno dichiarato a
Follow The Money di «avere perso fiducia» nelle due agenzie di
rating. E di essersi ritirate o di essere intenzionate a ritirarsi dal
collaborare con loro. Anche perché, sostengono, è evidente la decisione tutta
politica e poco finanziaria, su pressione dei gruppi d’interesse americani e
israeliani, di modificare i rating delle aziende che fanno affari
Israele.
Qualunque
siano le opinioni sulla faccenda, migliorare il rating sui diritti umani dopo
l’inizio di una guerra, come successo a Caterpillar, significa abbandonare la
realtà e sposare la “dottrina Smotrich” (il piano di Israele per occupare a
lungo termine la Striscia di Gaza e deportarne gli abitanti). Perché,
come spiega Tara Van Ho, docente di giurisprudenza presso
l’università dell’Essex, «le valutazioni sul rispetto dei diritti umani nelle
zone di conflitto non hanno a che fare con approcci geopolitici o con opinioni
divergenti. Ma sono una questione di diritto, puramente legale».
Van Ho ha aggiunto infatti che fonti affidabili e verificabili sono ampiamente
disponibili. «E per questo le agenzie di rating come Morningstar e Msci
dovrebbero essere in grado di valutarli. Se riescono a ottenere informazioni
oggettive e affidabili sulla situazione dei diritti umani in Arabia
Saudita o nello Xinjiang in Cina, dovrebbero essere in grado di fare lo stesso
per quanto riguarda i territori palestinesi occupati da Israele».
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