venerdì 27 giugno 2025

Deterioramento delle basi statistiche: le politiche pubbliche vacillano - Patricia Iori


Un’emergenza meno visibile ma altrettanto cruciale sta emergendo con forza: il deterioramento delle basi statistiche su cui si fondano le politiche pubbliche. Il mancato aggiornamento regolare dei dati demografici – spesso dovuto alla mancata realizzazione di censimenti o al loro ritardo – sta mettendo a rischio la capacità dei governi di rispondere in modo efficace alle esigenze delle proprie popolazioni. A sollevare l’allarme è un recente studio condotto dall’Università di Southampton e pubblicato sulla prestigiosa rivista Science, che mette in luce una crisi della raccolta dei dati demografici a livello mondiale.

Conseguenze su larga scala: istruzione, sanità e gestione delle crisi

Le implicazioni di questo deficit informativo sono ampie e profondamente interconnesse. Senza dati affidabili sulla consistenza e la distribuzione della popolazione, i governi non sono in grado di pianificare adeguatamente servizi fondamentali come l’edilizia scolastica, la sanità pubblica, l’approvvigionamento di infrastrutture o la distribuzione delle risorse durante un’emergenza, come nel caso delle pandemie. La gestione delle epidemie, ad esempio, si basa su modelli predittivi che richiedono dati precisi sui gruppi di popolazione a rischio. Una sottostima o una stima errata può condurre a errori fatali nella distribuzione dei vaccini o nella predisposizione dei posti letto ospedalieri.

Il censimento: uno strumento antico ma ancora indispensabile

Il censimento nazionale rappresenta, da secoli, uno degli strumenti principali per conoscere la composizione di una nazione. Benché possa sembrare un’attività burocratica e routinaria, esso costituisce il fondamento delle decisioni politiche, economiche e sociali. La sua funzione non si limita a “contare” le persone: serve anche a comprendere come la popolazione si distribuisce sul territorio, quali fasce d’età prevalgono, quali sono i flussi migratori, i livelli di istruzione, l’accesso ai servizi. Si tratta, in altre parole, di un vero e proprio termometro della realtà sociale. Eppure, secondo lo studio britannico, un numero crescente di Paesi ha omesso o posticipato i propri censimenti.

 

I motivi del ritardo: pandemia, finanze pubbliche e sfiducia

L’arresto o il ritardo dei censimenti non è un fatto casuale, ma il risultato di fattori ben precisi. Innanzitutto, la pandemia da Covid-19 ha avuto un impatto dirompente sui calendari statistici, costringendo molti governi a rinviare le operazioni censuarie per motivi sanitari o logistici. In secondo luogo, il clima di austerità e i tagli ai bilanci pubblici hanno ridotto i fondi destinati alla raccolta dei dati demografici, considerati da alcuni governi meno urgenti rispetto ad altre voci di spesa. Infine, la crescente sfiducia verso le istituzioni – sia da parte dei cittadini che, talvolta, da parte delle stesse amministrazioni – ha indebolito la legittimità dei censimenti, rendendo più difficoltosa la loro realizzazione.

Una geografia della crisi: chi sta smettendo di contare?

Il fenomeno è particolarmente marcato nei Paesi a basso e medio reddito, dove le sfide infrastrutturali e la carenza di personale statistico si sommano alle difficoltà economiche. Ma anche alcune economie avanzate hanno mostrato segnali di debolezza. Secondo i dati riportati nello studio, la percentuale di Paesi che ha effettuato censimenti completi negli ultimi dieci anni è scesa in modo preoccupante, con impatti maggiori in regioni come l’Africa subsahariana, il Medio Oriente e alcune aree dell’America Latina. In questi contesti, la mancanza di dati aggiornati ha contribuito ad accentuare disuguaglianze e a rendere meno efficaci le politiche di sviluppo.

Censimenti digitali: una soluzione incompleta

In risposta alle difficoltà operative, alcuni Paesi hanno cercato di innovare i metodi di raccolta dati, adottando strumenti digitali e rilevazioni basate su fonti amministrative. Tuttavia, questi approcci – pur offrendo maggiore rapidità e minori costi – non sempre garantiscono l’accuratezza e la completezza del censimento tradizionale. In particolare, le popolazioni marginalizzate o prive di accesso ai servizi digitali rischiano di essere escluse, alimentando così il fenomeno della “popolazione invisibile”. Inoltre, la dipendenza da fonti non censuarie può introdurre bias e lacune che compromettono la qualità del dato.

L’effetto domino sulle politiche internazionali

Il problema non riguarda soltanto i governi nazionali, ma coinvolge anche le agenzie internazionali e le organizzazioni umanitarie che si affidano a dati demografici per pianificare le proprie azioni. Programmi di assistenza alimentare, iniziative educative o campagne vaccinali su scala globale si basano su statistiche fornite dai governi. Quando queste informazioni sono incomplete o inattendibili, anche le strategie internazionali rischiano di fallire o di essere meno efficaci. La sottostima della popolazione può portare, per esempio, a una distribuzione insufficiente di aiuti o a una valutazione errata delle necessità locali.

Rischi per la democrazia e la rappresentanza

Oltre agli effetti pratici, la crisi censuaria ha implicazioni politiche di rilievo. In molte democrazie, la rappresentanza parlamentare è determinata sulla base della popolazione registrata. Una stima imprecisa può falsare la distribuzione dei seggi, riducendo la voce politica di determinate comunità. Anche il disegno dei collegi elettorali si basa su dati demografici: quando questi mancano o sono obsoleti, il rischio di distorsioni aumenta. In sostanza, la qualità della democrazia può dipendere – più di quanto si immagini – da un censimento ben condotto.

Alla luce della gravità del fenomeno, gli autori dello studio chiedono un rilancio del censimento come strumento essenziale di governance. Servono investimenti mirati, sostegno tecnico e soprattutto una volontà politica chiara di mettere i dati al centro dell’azione pubblica. Alcuni Paesi, come il Kenya o il Bangladesh, stanno tentando di recuperare terreno attraverso programmi sostenuti dalle Nazioni Unite e dalla Banca Mondiale, ma il cammino è lungo.

Infine, non si tratta solo di una questione tecnica. Il rilancio dei censimenti richiede anche una battaglia culturale per riaffermare l’importanza della conoscenza collettiva, della trasparenza e dell’inclusività. La disponibilità di dati affidabili è una condizione imprescindibile per garantire diritti, ridurre le disuguaglianze e progettare un futuro equo.

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