Le recenti
notizie sul fenomeno dell’overtourism nelle 5 Terre e a Santorini
mettono in evidenza un problema che accomuna molti territori il cui sviluppo
socio-economico ha avuto il suo motore trainante in quelle che vengono
giustamente definite bellezze paesaggistiche. È noto che problemi analoghi
affliggono sia altri territori di pregio, come, ad esempio, la Val d’Orcia, sia
diverse città d’arte, di cui San Gimignano è forse il caso più emblematico.
Quasi che
possedere un bel paesaggio sia non solo la fortuna di luogo speciale, ma anche
la sua nemesi per ciò che quella bellezza arriva a comportare. Sembra un non
senso il fatto che un territorio di alto valore estetico venga penalizzato dal
suo stesso paesaggio, e in effetti, se ciò accade non è imputabile al paesaggio
in sé, ma all’accezione che comunemente ne viene data.
Almeno
questa è l’interpretazione che scaturisce dall’analisi delle fasi che hanno
caratterizzato la crescita socio-economica di molti territori
paesaggisticamente rilevanti, modellati dall’uomo nel corso dei secoli.
Nello sviluppo di queste aree è possibile riconoscere otto fasi sequenziali in
cui l’approccio al paesaggio è passato dalla sua valutazione cognitiva, quindi
che ne percepisce il significato, a quella meramente estetica, dove viene
equiparato a un panorama. È proprio in questo passaggio che si sono create le
condizioni per cui il cosiddetto “bel paesaggio” ha portato paradossalmente a
incidere negativamente sul territorio.
Fase 1
In origine
il territorio era povero e/o sottosviluppato, spesso un ambiente rurale rimasto
ai margini della crescita socio-economica degli anni ‘60-’70 del secolo
scorso. Il paesaggio non suscitava interesse per l’osservatore
dell’epoca, attratto più dai segni della modernità incombente che non dal
retaggio di un mondo ormai appartenente al passato da cui tendeva ad
allontanarsi.
Fase 2
Il
territorio viene “scoperto” dal viandante colto, spesso benestante, che dà
inizio alla sua colonizzazione riattando edifici dismessi o abbandonati nel
sostanziale rispetto delle realtà locali. L’attrattiva principale dell’area è
la bellezza del suo paesaggio rurale e/o storico in quanto privo di
significative modifiche recenti, e soprattutto rispondente a canoni
riconducibili, anche inconsciamente, alla nostra identità storico-culturale.
Fase 3
Il
territorio conosce le prime forme di turismo culturale che seguono
sostanzialmente l’approccio della prima colonizzazione, di cui condivide la
visione paesaggistica. Nel paesaggio vengono identificati luoghi di
alto valore simbolico, oltre che estetico, e viene scoperta la cultura
enogastronomica locale e, più in generale, quella materiale legata al
prodotto tipico.
Fase 4
Il
territorio viene scoperto anche dal grande pubblico, spesso tramite media che
lo mostrano attraverso icone rispondenti a canoni estetici di valore
commerciale. Il paesaggio diviene uno strumento di marketing su base
estetica. L’aumentata frequentazione turistica porta un notevole
benessere economico alla popolazione locale.
Fase 5
Sulla spinta
del successo economico, la popolazione locale sposa incondizionatamente
l’azione di marketing delle agenzie turistiche, le cui offerte vendono il
paesaggio come bene estetico. Anche i contenuti territoriali divengono oggetto
di marketing. Si pongono le basi per la massificazione del turismo,
favorita dalla politica locale che vi vede un’ottima opportunità di crescita
del territorio. In questa fase il paesaggio perde progressivamente il
legame con il territorio, come espressione della sua realtà ambientale,
sociale e culturale, per divenire un elemento astratto, funzionale
esclusivamente al richiamo turistico.
Fase 6
Grazie al
turismo di massa e alla sua aumentata popolarità a livello internazionale, l’area
è ora in grado di richiamare investimenti esterni interessati al suo valore
turistico-industriale. Le icone paesaggistiche giocano un ruolo ancora più
pregnante in quanto presentati a modello della “Bella Italia”, spesso con
l’avvallo della certificazione UNESCO che ne sancisce l’originalità. Il
paesaggio è ormai ridotto a un’icona e il territorio, svuotato di contenuti,
diviene uno sfondo per selfie.
Fase 7
Il carattere
industriale del turismo di massa porta al progressivo svilimento dell’identità
culturale locale. Compaiono in commercio prodotti, anche gastronomici, copia di
quelli tipici originali, se non addirittura legati a culture/territori diversi
ma comunque riconducibili al “made in Italy”. Si sviluppa un’edilizia
residenziale brutta copia dell’architettura locale. Il territorio è
spesso ridotto a supporto di iniziative con finalità turistiche poco o nulla
attinenti alla realtà locale. Il paesaggio perde di identità e assume
il valore di cartolina. Divenuto così un panorama (o scena), non di
rado il paesaggio viene usato come sfondo di istallazioni artistiche,
finalizzate anche a rivitalizzarne l’interesse.
Fase 8
La
popolazione locale si trova spesso impreparata a gestire i flussi turistici di
massa che arrivano a incidere negativamente sul territorio. Compare il
fenomeno dell’overtourism. Sorgono non luoghi commerciali più o meno
mascherati da attività di localismo. Il benessere economico inizia a
confliggere con un territorio ormai modellato in funzione del turismo di massa,
e con la conseguente perdita dello stile e dei ritmi di vita di un tempo. Parte
della popolazione locale non riconosce più il suo paesaggio originario, basato
non su stereotipi estetici ma sul riconoscimento del valore identitario del
territorio. Si sente l’esigenza di un cambio di paradigma dello
sviluppo turistico a cui la politica locale non vuole rispondere (per
interesse) e/o non è in grado di farlo (per incompetenza).
Ovviamente
lo schema di sviluppo turistico di territori paesaggisticamente rilevanti qui
riportato ha un carattere generale, e non mancano eccezioni a più di una delle
fasi descritte. Tuttavia, esso ben rappresenta quanto avvenuto in realtà
importanti tanto da far comprendere come nelle politiche di valorizzazione
territoriali sia necessario guardare al paesaggio per i suoi contenuti
essenziali, aprendo così a un turismo di qualità, che non come
sterile immagine ad uso e consumo smodato del territorio che raffigura.
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