mercoledì 11 agosto 2021

Lettera a un extraterrestre - Paul B. Preciado

 

Caro extraterrestre,

mi rivolgo a te dal pianeta Terra attraverso la scrittura, una tecnologia di comunicazione semiotico-linguistica inventata dalla mia specie circa seimila anni fa. Utilizzo questa tecnologia nella lingua francese, una variante dialettale con cui circa 280 milioni di esseri umani possono comunicare e che, immagino, ti è estranea. Spero tuttavia che le basi cosmologiche, biochimiche e fisiche che condividiamo ti permetteranno di effettuare una traduzione, un trasferimento, una traslazione del grafo capace di produrre un altro segno decodificabile dal tuo apparato sensibile. Spero che, se non potrai leggere questa lettera, potrai quantomeno respirarla, iniettarla, scaricarla, assorbirla o captarla.

Perdona la mia mancanza di sottigliezza: sono soltanto un piccolo essere multicellulare a sangue caldo la cui aspettativa di vita è tra i 75 e i 95 giri del pianeta terra attorno al Sole, e ho una capacità cognitiva che per quanto sia il risultato di milioni di anni di evoluzione su questo pianeta, è anche la conseguenza (curiosa fatalità) della violenza operata dalla mia specie su se stessa. Ciò che posso percepire, di conseguenza, non è molto. Ho cinque sensi (alcuni dicono che siano sei) ma la maggior parte ha subìto una tale specializzazione nel corso degli ultimi millenni che ci vedo a mala pena, ci sento a mala pena e percepisco a mala pena. Non faccio altro che favoleggiare. Questo perché, forse, inventare storie è il mezzo migliore e più preveggente di entrare in contatto con te.

Con la certezza che mi dà il senso dell’invenzione, mi rivolgo a te sapendo che sei già tra noi. Sento la tua presenza. Lontana. Intensa. Radiosa. Vicina. Silenziosa. Nonostante l’impenetrabilità della mia coscienza, so che tu esisti. Tutto il mio corpo lo percepisce, come essere vivente sensibile e grazie alla raccolta di dati che mi permette la specializzazione del mio apparato cognitivo di filosofo. Per darti un’idea ti dirò che i filosofi, esseri situati molto in basso nella piramide sociale terrestre contemporanea, sono come idraulici del concetto o sarti del codice: inventano nuovi apparati di rappresentazione con cui smontano e riparano gli apparecchi di produzione di verità che non funzionano più, o il cui funzionamento consuma un’energia eccessiva o distrugge quelli che li utilizzano o quelli su cui vengono utilizzati. Come la sarta sa da tempo che altri fili vengono tessuti nel cosmo, così l’idraulico sa che tutti i tubi si collegano in un dato momento.

Ti parlo come se tu fossi una coscienza individuale incarnata in un corpo binario, perché la tecnologia sociale della lingua francese non ammette ancora sintassi disindividualizzanti e non binarie, ma immagino che tu non sia né individuale né binario, che tu sia regolato da un’altra logica, da un’altra musica, da un’altra vibrazione. Vorrei rivolgermi a te senza dover utilizzare, per immaginarti, il rumore prodotto dalle categorie di animalità, di classe, di razza, di sesso, di sessualità. Non vorrei utilizzare nemmeno la categoria di estraneità. Queste categorie sono il frutto della storia della supremazia energetica e semiotico-tecnica che la mia specie ha costruito nel corso degli ultimi secoli. E le conseguenze di questa supremazia sono precisamente ciò di cui voglio parlarti.

Perdonami, non ti scrivo per motivi altruisti o per costruire un’amicizia (anche se questo regalo sarebbe splendido) ma perché le tecnologie di estrazione, distribuzione e divisione dell’energia inventate dalla mia specie nel corso della storia degli esseri umani (e soprattutto nel corso degli ultimi cinquecento anni) rimettono in discussione la continuità della vita della maggior parte delle specie terrestri, compresa (curiosa fatalità) la nostra.

Queste tecnologie di governo letali comprendono, tra le altre cose:

1.      Un sistema di produzione basato sulla distruzione, la depredazione, la privatizzazione e l’accumulazione di risorse vitali, insieme alla produzione e al consumo di materiali tossici. Questo sistema produttivo è stato storicamente chiamato “capitalismo”, ma oggi si estende a quasi tutto il pianeta in un mondo-mercato digitale senza limite.

2.      La marchiatura di una parte della specie umana attraverso tecnologie di sfruttamento, razzializzazione o sessualizzaizone che assicurano la sovranità energetica e semiotica di alcuni a scapito di altri.

3.      La gestione della riproduzione da parte di un sistema di classificazione binaria e gerarchica in cui i corpi che possiedono una cavità uterina potenzialmente riproduttiva sono sottomessi ai corpi che producono un liquido altamente ricco di materiale genetico che chiamiamo sperma. In questo regime qualsiasi corpo che vada oltre il binario o che minacci questo ordine semiotico o riproduttivo è oggetto di violenza e sterminio.

4.      L’incapacità della nostra specie di stabilire relazioni simbiotiche con le altre, preferendo sempre l’oggettivazione, il consumo e la morte alla relazione.

Probabilmente ti starai chiedendo perché ti invito a questo festival necropolitico. Se questa fosse la nostra unica realtà non ti avrei scritto. Invece ti scrivo, perché noi esseri umani, per quanto assediati dalle nostre stesse tecniche di morte, viviamo una rivoluzione. Cominciamo a capire che dovremo operare profondi cambiamenti. Abbiamo cominciato a mutare. Per questo motivo, e perché abbiamo bisogno di uno sguardo nuovo, se per caso avessi mai ipotizzato di venire sulla Terra, questo sarebbe un buon momento per farlo.

Se puoi capirmi, ti chiedo di comunicare urgentemente con lo spazio umano.

A te,
un terrestre.

 

Questo articolo è uscito sul quotidiano francese Libération.

 

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