sabato 22 maggio 2021

I modi migliori per sprecare il tempo - Arthur C. Brooks

 


Qualche pomeriggio fa, nel tentativo di provare a non lavorare, ho preso in mano Walden ovvero Vita nei boschi di Henry David Thoreau. Si è rivelato una scelta azzeccata, perché Thoreau aveva qualcosa da dire sullo sprecare il tempo. “Il costo di una cosa”, ha scritto in Walden, “è la quantità di quella che io chiamerò vita che, subito o a lungo andare, bisogna dare in cambio per ottenere quella cosa stessa”.

Il senso delle parole di Thoreau non è che dovremmo tutti lavorare senza concederci svaghi: è stato anzi, storicamente, uno dei principali critici di questo tipo di vita. In realtà, sosteneva che sprechiamo troppo del nostro tempo per cose a cui non attribuiamo valore. Senza pensarci, stiamo commettendo un errore cosmico di valutazione tra costi e benefici, se li misuriamo non in base al denaro ma alla cosa più importante: il tempo.

È difficile confutare questo ragionamento. Molti dei passatempi ai quali consacriamo enormi porzioni delle nostre vite ci procurano piacere sul momento, ma generano poi ansia e dispiacere quando riusciamo a staccarcene. In media, nel primo trimestre del 2020, un cittadino statunitense ha trascorso ogni giorno tre ore e 43 minuti a guardare la televisione, secondo l’istituto Nielsen. È un sacco di tempo, ma comunque meno delle tre ore e 46 minuti che le persone passano a fissare i loro smartphone.

Una risorsa preziosa
Non dico che le attività non lavorative siano necessariamente una perdita di tempo. Anzi: ci sono un 
sacco di prove che il tempo passato a sognare a occhi aperti o a goderci attività fuori del lavoro possano portare non solo alla felicità, ma anche a risultati migliori e a una maggiore creatività. La realtà è che il tempo può essere “sprecato” solo in due modi: quando ci si dedica a cose che tolgono spazio ad attività più fruttuose o edificanti, e quando ci si dedica consapevolmente a cose che, a conti fatti, neppure ci piacciono. Queste situazioni possono essere una fonte di ansia e di rimpianto, ma in realtà costituiscono una risorsa preziosa: allenandoci a non sprecare il nostro tempo, ne costituiremo una riserva da usare in modi gioiosi e produttivi.

A tutti capita di sperperare del tempo in cose inutili a danno di altre più preziose, e di prenderci a calci più tardi. Una volta sono rimasto sveglio fino alle tre del mattino a guardare Howard e il destino del mondo – riconosciuto dalla critica come uno dei peggiori film della storia – la notte prima di un importante colloquio di lavoro (ulteriore aggravante, mi ricordo ancora la trama del film).

Ho sprecato quel tempo perché non ho ben calcolato il costo opportunità nel guardare quel film: ovvero non ho soppesato il valore di tutte le altre cose che avrei potuto fare in alternativa (per esempio dormire). Se gli esseri umani fossero delle creature perfettamente razionali, saremmo in grado di calcolare i costi e i benefici di ogni attività abbastanza bene da evitare simili errori, o almeno da non ripeterli più e più volte. Ma la maggior parte delle persone sa per esperienza diretta che le cose non funzionano così. Anche gli esperti sbagliano: in un esperimento che coinvolgeva degli economisti professionisti, quasi l’80 per cento di loro non è riuscito a valutare correttamente i costi opportunità.

Questi errori avvengono perché, in mancanza di una precedente pianificazione, i bambini impulsivi che abbiamo nel cervello, e che sono sprovvisti di un’idea di domani, dominano le nostre funzioni esecutive. Questo ci porta a sovrastimare il valore di un piccolo piacere a breve termine e a sottostimare il valore del nostro benessere a lungo termine. I risultati possono essere cose di poco conto, come giocare a Angry birds per altri dieci minuti, o più seri, come continuare a fumare per un altro giorno. Ogni giorno.

Al guinzaglio
Ho capito quanto non mi fosse piaciuto Howard e il destino del mondo solo quando il film è finito. Ma, misteriosamente, noi esseri umani sprechiamo tanto tempo anche facendo cose che già sappiamo di non voler fare. Prendete l’esempio dello smartphone: uno strumento comodo e pratico. Eppure, nonostante i suoi benefici, in uno 
studio del 2015 quasi un proprietario su tre lo riteneva più una sorta di “guinzaglio” che una fonte di “libertà”. E questo guinzaglio comporta gravi conseguenze: gli psicologi hanno stabilito un legame tra l’uso eccessivo degli smartphone e la “dipendenza digitale”, che a sua volta può provocare solitudine, ansia e depressione.

E allora perché milioni di persone decidono di farsi mettere al guinzaglio? Come ogni altra dipendenza, l’uso eccessivo degli smartphone ci attrae stimolando il sistema di ricompense del cervello: otteniamo una gratifica immediata, ma di brevissima durata, che rapidamente svanisce e ci lascia in preda al dispiacere e al desiderio di un’altra dose. Anche se non aumenta il livello della dipendenza, un qualsiasi spreco di tempo compulsivo che non ci rende più felici a lungo termine – che si tratti di partite a solitario o di filmati di gattini – può ugualmente danneggiare il nostro benessere.

Per il bene della felicità e della produttività, il nostro obiettivo non dovrebbe essere sfruttare ogni secondo possibile d’evasione e divertimento delle nostre giornate. Dovrebbe essere, semmai, gestire le nostre giornate conformemente alle nostre priorità, distinguendo tra le perdite di tempo che amiamo e quelle che non amiamo, e rinunciando a queste ultime. Ecco due modi per cominciare.

Programmiamo il nostro tempo libero
Il modo migliore per affrontare il problema del costo opportunità è di decidere come gestire il tempo prima di cominciare qualunque attività, cioè prima che la nostra capacità decisionale possa essere distorta dalla ricerca di un piacere a breve termine (soprattutto se è l’una di notte e la tv probabilmente trasmette Howard e il destino del mondo). Nel suo libro “Deep work. Concentrati al massimo. Quattro regole per ritrovare il focus sulle attività davvero importanti”, Cal Newport consiglia una strategia chiamata time blocking: prendere decisioni in anticipo sull’uso del tempo, rispettando poi il nostro programma.

La cosa non deve limitarsi al lavoro. Per molte persone che lavorano da casa durante la pandemia, lavoro e vita privata hanno cominciato a intrecciarsi in maniera fastidiosa, perché non esiste una struttura temporale evidente imposta da un luogo di lavoro formale. La mia risposta consiste nel fissare un programma per ogni cosa, compresi i passatempi, i divertimenti e perfino il sognare a occhi aperti. Potremmo per esempio scrivere “perdita di tempo” sulla nostra agenda dalle 13.30 alle 14 di domani. Dal momento che perdere tempo non è più un intralcio ai nostri programmi, finisce per non scombinare il nostro ritmo, e le possibilità di rimettersi al lavoro alle 14 aumentano moltissimo.

Diamo alle nostre cattive abitudini un valore monetario
Nel 2012 due studiosi di gestione dell’università di Toronto hanno effettuato una 
serie di esperimenti nei quali hanno chiesto ai partecipanti di pensare al loro reddito in termini di salario orario, e di assegnare un valore monetario al tempo che trascorrevano in attività ricreative. I partecipanti, per esempio, dovevano pensare al tempo (non lavorativo) trascorso su internet in termini di stipendio perso. Come risultato di questo pensiero, era diminuita la felicità che le persone traevano dalle loro attività ricreative.

I ricercatori hanno interpretato queste scoperte come una conseguenza negativa della monetizzazione del tempo libero, ma questo metodo può essere di grande valore nel dissuaderci dall’intraprendere passatempi che creano dipendenza e che non ci piacciono. Per esempio, trascorrere molto tempo sui social network è un’attività che – come ha dimostrato la ricerca – riduce la nostra felicità in caso di eccesso, soprattutto tra i giovani. Se supponiamo di passare sui social network la quantità media di tempo rilevata negli Stati Uniti (circa 142 minuti al giorno) e di guadagnare un salario orario medio (sempre negli Stati Uniti e pari a circa 29,92 dollari) alla fine “spendiamo” in questa attività un tempo equivalente a 71 dollari al giorno.

Ricordiamoci del nostro salario orario all’inizio di ogni giornata, e abituiamoci a ricordarcene quando cominciamo un’attività che potrebbe portare via parte del nostro tempo. Avremo più possibilità di prendere decisioni efficienti nell’usare i social network, informandoci rapidamente su cosa accade ai nostri amici e nel mondo, senza dover nutrire il sistema di ricompense del nostro cervello tramite una costosa ora di navigazione ripetitiva.

 

In Walden c’è un passaggio particolarmente seducente, nel quale Thoreau paragona il tempo a un ruscello. “Il tempo non è che il ruscello dove io vado a pesca”, scrive. “Vi bevo; ma mentre bevo ne scorgo il fondo sabbioso e vedo come sia poco profondo. La sua corrente sottile scorre via, ma l’eternità resta”. Pescare nel fiume del tempo – anche senza prendere niente – non è una perdita di tempo. Può essere una forma speciale di fantasticheria.

Il problema è se peschiamo quando dovremmo cacciare, o se ci dedichiamo alla pesca volante pur preferendo quella con l’amo. E lo stesso vale per qualsiasi passatempo: anche leggere Walden, mi sono accorto. È un libro delizioso, pieno di spunti interessanti. Ma a un certo punto è necessario chiuderlo e rimettersi al lavoro.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito sul sito del mensile statunitense The Atlantic.

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