«Se immaginiamo un cavallo con due o tre lance
esplosive nello stomaco, poi costretto a tirare sanguinante il carretto di un
macellaio per le vie di Londra, possiamo avere buon’idea dei metodi di
uccisione delle balene. I balenieri stessi ammettono che se le
balene potessero gridare, tutta l’industria della pesca si fermerebbe, perché
nessuno potrebbe resistere a quelle grida»
così scriveva il medico di bordo Henry Lillie, durante l’ultima Guerra
mondiale. Ancora oggi, l’uomo caccia le balene, con metodi che
rimangono cruenti e inaccettabili. Perchè l’Islanda non vuole rivelare i
risultati della ricerca sul dolore provato dalle balene durante la loro agonia?
Forse quelle grida silenziose fanno troppo male?
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus
da Il Corriere della Sera, 7
luglio 2014
Il
dolore delle balene svelato da una ricerca che l’Islanda non vuole pubblicare.
Commissionata
dal governo, è stata conclusa ma nessuno ne conosce i contenuti. Proteste in
Parlamento. (Luigi Offeddu)
BRUXELLES. Quanto soffre Moby Dick?
Troppo, per essere detto. Questo, forse, sta accadendo in Islanda: il governo, qualche mese fa, ha incaricato
ufficialmente uno scienziato
norvegese di studiare la durata dell’agonia nelle balene colpite
dai ramponi esplosivi, tema da anni al centro di molte polemiche; ha promesso
che, appena avutili, avrebbe diffuso i risultati completi della ricerca; ma
finora niente, solo una sorta di silenzio di Stato che ha fatto infuriare gli
ambientalisti, e agitato il Parlamento. Perché il governo non rivela quel che
ha saputo dalla ricerca? E che senso ha avuto allora l’idea di dare l’incarico
a uno scienziato norvegese, proprio perché straniero e presumibilmente
indipendente?...
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