Beato quel Paese che non ha bisogno di eroi. Ovidio Marras è diventato, suo malgrado, il simbolo di una lotta impari (e anacronistica) tra gli interessi economici e la vita, una sorta di “eroe” che combatte per la propria sopravvivenza, in una Regione che, già da tempo, è entrata a far parte del mondo civilizzato. Eppure, non c’è niente di romantico o di eroico nella sua lotta, si tratta di un uomo di ottantadue anni che, naturalmente, non vuole essere sradicato dal luogo in cui ha vissuto la propria vita, che è poi l’incubo di qualsiasi persona anziana, con abitudini, tempi, ritmi ormai radicati e difficilmente modificabili. Ovidio Marras non è un eroe, è un uomo coraggioso, forte, ostinato e pieno di dignità, doti che, invece, mancano ai vigliacchi che qualche giorno fa hanno ucciso i suoi cani ed il suo gatto, quasi con certezza con scopo intimidatorio, per impedire all’uomo di continuare ad opporsi al progetto di speculazione immobiliare iniziato sulla costa di Malfatano e Tuerredda, che gli impedisce di accedere al proprio terreno, dove ha le sue coltivazioni, i suoi animali, la sua vita. In Sardegna funziona ancora così, dal nord al sud, passando per il centro: cavalli uccisi, pecore sgozzate, cani presi a fucilate, gatti bastonati a morte, sono l’unica forma di dialogo conosciuta da alcuni esseri umani incapaci di gestire qualsiasi forma di comunicazione e di conflitto, pavidi a tal punto, da rimanere nell’anonimato, nella totale oscurità, come se le loro stesse vite non esistessero. Piccoli, piccolissimi, sardi che fanno il gioco di grandi speculatori, ben più furbi, più ricchi, più potenti di loro, che li manipolano e li illudono, senza nemmeno troppa fatica. Piccoli sardi che se unissero le loro energie per un progetto positivo e non per danneggiare il prossimo, potrebbero contribuire a fare della Sardegna l’isola felice che dovrebbe essere, considerato lo straordinario patrimonio che la natura le ha donato. E, invece, l’autolesionismo in molti casi prevale, a favore di chi intende usare quello stesso patrimonio a proprio vantaggio. Mi chiedo, però, se sia questa l’immagine che i sardi vogliono dare di sé al resto d’Italia e del mondo. Mi chiedo se tutti gli altri sardi, quelli onesti, che sono la maggioranza, quelli che subiscono in silenzio l’odio e la violenza, abbiano intenzione di distinguersi da chi rimane nell’oscurità, nell’anonimato, covando rabbia e rancore, e se abbiano veramente voglia di regalarsi una vita migliore, dignitosa e libera, alimentando la speranza e l’entusiasmo per dei progetti positivi e utili per la collettività. Mi chiedo se, da qualche parte, dietro il fucile, sotto un sasso, o tra le foglie di un leccio, ci sia ancora l’orgoglio dei sardi e, soprattutto, se qualcuno abbia voglia di andare a riprenderlo.
Claudia Basciu
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