mercoledì 14 luglio 2021

Le magnifiche sorti e progressive - Gianandrea Piccioli


Saranno il caldo e l’afa, saranno i due anni di semiclausura, sarà lo sfracello di quasi tutta l’informazione che nemmeno l’ipocrisia e la malafede riescono ad attutire, ma la sensazione è quella della catastrofe imminente. Catastrofe nazionale e globale. Come scrivono Miguel Benasayag e Gérard Schmit ne L’epoca delle passioni tristi (Feltrinelli) “La crisi attuale è diversa dalle altre a cui l’Occidente ha saputo adattarsi: si tratta di una crisi dei fondamenti storici della nostra civiltà.” E di questo dovremmo prendere atto, senza eccessivi rimpianti e senza pretese egemoniche. Perché non dovremmo mai dimenticare il cuore di tenebra e i tanti Kurtz su cui si basa la nostra civiltà, cresciuta sullo sfruttamento, l’eccidio, la distruzione delle altre. Come ben sanno gli amerindi e le varie popolazioni africane.

È monotono ripetere tutti i diversi punti di rottura, ma anche solo un elenco parziale è da brividi.

Disastro ambientale e climatico: si calcolano 7 milioni di morti all’anno per malattie causate dall’inquinamento (secondo dati OMS nel 2020 i morti di Coronavirus sono stati 3 milioni). Inutile ricordare lo scioglimento dei ghiacciai (che porta con sé una drastica diminuzione delle risorse idriche: basta pensare a che cosa succederà a tutta l’Italia settentrionale).

E la plastica che soffoca gli oceani: 300 milioni di tonnellate di plastica all’anno, di cui oltre 300.000 finiscono in mare (e quindi nella catena alimentare dei pesci), come ricorda Tonino Perna nel suo La memoria e la luce, Claudiana.

E la concentrazione di anidride carbonica nell’aria, le megalopoli in cui vive ormai il 55% della popolazione mondiale (7,8 miliardi di individui), cresciuta di 4 volte dagli anni Trenta del secolo scorso (2 miliardi di individui). Per arrivare, nel 1800, a 1 miliardo ci son voluti 200.000 anni. I più paranoici sostengono che il Coronavirus sia stato intenzionalmente prodotto e diffuso proprio per smaltire un po’ di abitanti… Intanto, come ricorda il meteorologo Federico Grazzini commentando sul “Manifesto” del 3 luglio 2021 l’eccezionale ondata di calore di questa torrida estate, ci stiamo avvicinando ai 56°, cioè alla temperatura massima assoluta mai registrata finora sulla Terra.

Devastazione dell’agricoltura tradizionale grazie a sementi ibride, e quindi sterili, protette da brevetti e da ricomperare ogni anno. E riduzione delle varietà: monoculture che riducono la biodiversità imposte nelle piantagioni da quello che Nicoletta Dentico in Ricchi e buoni?, EMI, definisce il filantrocapitalismo delle Fondazioni (alla Bill Gates, per intenderci, o alla Bill Clinton). E concimi chimici e diserbanti che avvelenano uccelli (ho seguito coi miei occhi la progressiva scomparsa di molte specie avicole, anche in alta montagna) e insetti (le api a esempio), pregiudicando così anche il ciclo dell’impollinazione.

Crisi dell’ Europa, nata male e cresciuta peggio, sempre più succube degli Stati Uniti e della costosissima Nato e infettata da Stati che non avrebbero mai dovuto farne parte sia in base agli accordi (ahimé, solo verbali, come ha ricordato più volte Sergio Romano) tra Bush e Gorbacev sia perché rivelatisi poi dichiaratamente antidemocratici e bigotti. E in proposito sono da considerare anche le fratture, le contraddizioni e gli intrighi della Chiesa cattolica: papa Francesco, pur con tutti i suoi meriti, soprattutto oratori, non è riuscito a scalfire il nocciolo duro del Vaticano e la fronda di molti vescovi, controcanto tradizionalista a quel che resta del cattolicesimo.

Infame trattamento dei migranti, rifiuti umani tenuti lontano dai paesi ricchi e venduti a paesi come la Libia, che, tra l’altro, non ha mai firmato la Convenzione di Ginevra sui rifugiati (1951) e che paghiamo perché li tenga prigionieri, li torturi e ne faccia tonnina. Vergogna nostra e dell’Europa tutta. Idem con la Turchia, che fa parte della Nato (partecipazione molto apprezzata anche dal nostro presidente Draghi). Vorrei solo che tutti leggessero una breve lettera ricordata in un capolavoro della saggistica di questi anni: “Nel marzo 2005 una barca di migranti salpò dal porto di Dakar diretta alle Canarie. Si perse in mare aperto, probabilmente per un guasto al motore. Venne ritrovata quasi un anno dopo al largo delle Barbados, nel Mar dei Caraibi, i cadaveri essiccati dei passeggeri ancora a bordo. Prima di morire una giovane donna del Mali aveva scritto un biglietto in francese che era ancora leggibile: “Volevo solo aiutare la mia famiglia. Mi dispiace.” (citata in: Eriksen, Fuori controllo, Einaudi, 2017, p.94)

Crisi della politica, sopraffatta dal mercato, dal profitto, e dall’elettronica, che abolisce ogni forma di mediazione. E lo Stato sociale, grande realizzazione del Novecento, si è liquefatto, mentre ancora non vogliamo prendere atto che Cina, India, Russia sono Stati indipendenti con cui bisognerebbe collaborare o perlomeno trattare anziché pretendere che ci obbediscano. In nome di che cosa, poi? Della nostra ottusa volontà di mantenere il controllo economico del pianeta? Davvero convinti che crescita e sostenibilità possano convivere? D’altro canto: quale prospettiva di successo hanno le alternative su piccola scala?

 Ora facciamo un’ipotesi, se non della realtà almeno della possibilità: e se questi cinque elementi di crisi a un certo punto confluissero tutti insieme in un unico grande disastro?

da qui

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