giovedì 25 marzo 2021

Bill e il clima dei miliardari - Silvia Ribeiro

 


Bill Gates, il terzo uomo più ricco del pianeta, ha pubblicato il 16 febbraio 2021 il suo libro How to Avoid a Climate Disaster [Come evitare il disastro climatico]. Gates non sapeva nulla del cambiamento climatico fino a pochi anni fa, anche se la sua impronta climatica personale e imprenditoriale è enorme, migliaia di volte superiore a quella di ogni persona della stragrande maggioranza della popolazione mondiale. Non propone nulla per cambiare questa realtà. La sua ricetta è che si applichi un mix di tecnologie estreme ad alto rischio (energia nucleare, nuovi transgenici e geoingegneria), mercati del carbonio e fondi di investimento, e che i governi appoggino le imprese in questa azione con incentivi economici, normative a loro favore e infrastrutture realizzate con denaro pubblico.

Il libro non aggiunge nulla alle sue ben note proposte. È piuttosto un riassunto organico per governi, imprese e ricercatori, una sorta di “Come salvare il pianeta per dummies” (“tonti”, un termine usato nei manuali per riferirsi ai principianti). In una recente intervista con il giornalista Anderson Cooper, Gates dice che il primo libro sul clima che ha letto 10 anni fa è stato Weather for dummies (Il clima per principianti). Nel libro chiarisce che, oltre ad altre letture, esperti come i promotori della geoingegneria David Keith e Ken Caldeira l’hanno informato sull’argomento.

L’elenco delle tecnologie che vengono proposte fa venire le vertigini: Gates non ha dubbi sulla manipolazione di ogni cosa, dagli atomi ai genomi e al clima. La sua mentalità ingegneristica che vede il mondo, la natura, il clima e i popoli come parti di una macchina in cui tutto può essere modificato con la tecnologia e l’intelligenza artificiale, contrasta con le sue roboanti dichiarazioni di fede che nulla di tutto ciò creerà dei problemi, o almeno nessun problema che non si possa affrontare con più tecnologia. Gates propone, ad esempio, il dispiegamento massiccio di reattori per l’energia nucleare – che, garantisce, ora non porranno problemi come invece avvenuto nei disastri di Chernobyl o Fukushima; nuove mega-piantagioni di agrocombustibili, che essendo realizzate con semi transgenici e microrganismi da biologia sintetica non entreranno in competizione con la produzione alimentare, così come un maggior numero di coltivazioni di soia e mais transgenici per produrre carne sintetica in laboratorio, anche con microrganismi geneticamente manipolati. Promuove sia la geoingegneria per la rimozione del carbonio che la geoingegneria solare. Finanzia la tecnologia dei gene drives per estinguere specie, una tecnologia che, pur essendo presentata come una lotta contro la malaria, ha principalmente applicazioni nell’agricoltura industriale e chimica.

La sfida più grande per l’umanità, spiega Gates, è ridurre a zero le emissioni di anidride carbonica entro il 2050. Un obiettivo troppo lontano per ottenere che non si superi un aumento della temperatura globale di oltre 1,5 gradi, secondo il Gruppo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC). Molte imprese transnazionali inquinanti e il Forum Economico di Davos hanno annunciato impegni per raggiungere zero emissioni nette in pochi decenni. È una trappola: Gates chiarisce nel libro che si riferisce a zero emissioni nette, vale a dire che si può continuare a emettere gas, e persino ad aumentare le emissioni, perché si possono associare compensazioni (offset) in modo che la somma sia zero. Queste compensazioni verrebbero realizzate con mercati del carbonio e tecnologie di geoingegneria per rimuovere il carbonio dall’atmosfera una volta emesso. Nulla di tutto ciò ha funzionato per affrontare il caos climatico, né funzionerà. Gates lo sa, quindi raccomanda anche di sostenere, come piano B, lo sviluppo della geoingegneria solare per abbassare la temperatura impedendo che una parte dei raggi solari raggiunga la Terra, anche se riconosce che ciò comporta grandi rischi.

 

Una delle tecniche di geoingegneria presentate nel libro è la cattura diretta dall’aria, portata avanti in particolare da Carbon Engineering, di cui Gates è un azionista insieme a Chevron, Occidental Petroleum e la società mineraria BHP Billiton. Per catturare e filtrare il carbonio dall’atmosfera, la tecnica richiede così tanta di energia da generare un aumento delle emissioni totali di CO2 se si tiene conto dell’intero ciclo, a meno che non si ricorra a mega-impianti di energie non fossili, che in ogni caso richiederanno materiali, suolo, acqua e entreranno in competizione con migliori utilizzi di tali fonti di energia. Il fondatore (e azionista) di Carbon Engineering è David Keith, che dirige anche dall’Università di Harvard il programma di geoingegneria solare, finanziato da Gates e da altri miliardari. In questo momento, Keith è nell’occhio del ciclone per il suo contestato progetto ScoPEx rivolto a sperimentare nei territori indigeni le tecniche per bloccare la luce solare (si veda il mio articolo “L’avanzata della geoingegneria in territorio indigeno”). 

Sebbene Gates dichiari che lui e la Gates Foundation hanno ritirato i loro investimenti nelle industrie petrolifere, un illuminante articolo di Tim Schwab mostra il contrario. Inoltre, le società in cui investe, come Microsoft e Carbon Engineering, continuano a fare affari con quelle industrie. Anche se Gates promuove le proprie aziende, afferma Schwab, non è perché ha bisogno di più denaro. Il punto più importante che emerge dall’articolo non riguarda il clima, ma il potere che i miliardari esercitano sui governi, per portare avanti quello che vogliono, ottenendo che questi spianino loro la strada.


Fonte: “Bill Gates: el clima de los billonarios”, in La Jornada.

Traduzione a cura di Camminardomandando.


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