lunedì 15 marzo 2021

Lo immaginavate, no? Il virus fa bene al Tap - Alice Mi

  

La pandemia da coronavirus del 2020, dal punto di vista economico, non è stata per tutti un’ecatombe. Anzi, per alcuni settori si può dire che abbia comportato dei vantaggi. Uno di questi settori è rappresentato dalle attività economiche basate sull’estrattivismo. 

Con questo concetto si fa riferimento a un fenomeno multiforme e, benché il termine faccia pensare in modo più immediato all’estrazione delle materie prime dalla terra, che certamente ne fanno parte, il suo significato si estende all’estrazione di valore: “Infatti, oltre che dal suolo, si sottrae ricchezza (fertilità) ai terreni con le colture intensive; o alle comunità con la privatizzazione di beni comuni (p.e. l’acqua); o alla società in generale con la costruzione di grandi opere inutili che sottraggono risorse sia naturali che monetarie alla cittadinanza tutta, con effetti diretti e indiretti spesso gravi sulla qualità della vita (p.e. l’inquinamento del suolo, dell’aria o delle falde acquifere)1.

Nonostante la quarantena, o forse proprio grazie ad essa, l’estrattivismo, appoggiato dalla complicità dei governi, ha proseguito la sua opera di distruzione e di sottrazione di valore dai territori e dall’esistenza di chi li abita.
Anche i lavori per il Trans Adriatic Pipeline, in Salento, sono proseguiti senza sosta.

Il TAP è l’ultimo tratto, lungo 878 km, di un mega gasdotto di quasi 4.000 km che parte dal giacimento di Shah Deniz 2 in Azerbaijan, fino ad approdare sulle coste salentine, precisamente sulla spiaggia di San Foca, marina di Melendugno. Il suo percorso prosegue fino a Brindisi, dove si allaccia alla rete SNAM, che attraversa il paese, passando per le zone ad alta sismicità del centro Italia, fino a raggiungere l’Europa. Il TAP è considerato la pietra angolare delle strategie energetiche europee, che puntano forte sul gas dell’Azerbaijan in nome di un presunto affrancamento dalla dipendenza dalla Russia.

In seguito alla comparsa del virus nel dicembre del 2019 a Wuhan e alla sua rapida diffusione, l’11 marzo del 2020 l’OMS ha dichiarato lo stato di pandemia. L’Italia è stata travolta dall’ondata pandemica alcune settimane prima rispetto agli altri paesi europei e la sera del 9 marzo, con un decreto in vigore dal giorno successivo, è diventata “zona rossa”. Il paese si è fermato, per 69 interminabili giorni, assecondando il principio del “chiudere tutto”. Ma a quel “tutto” sono sfuggite varie eccezioni e non le migliori che si potevano sperare.

Il 21 marzo il presidente del consiglio Conte anticipa l’emanazione di nuove misure per contrastare la pandemia. Tra queste la chiusura di tutte le aziende non strategiche fino al 3 aprile, data successivamente prorogata al 3 maggio: “Aperti solo supermercati, farmacie e altri servizi essenziali”. 

Proprio tra i “servizi essenziali” si nascondeva l’escamotage utilizzato dalla multinazionale e dal governo per imporre la prosecuzione dei lavori del TAP. Nella voce “servizi essenziali” rientravano infatti le “Attività dei servizi di supporto all’estrazione di petrolio e di gas naturale” e la “Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata”. Questo è bastato per forzare l’interpretazione del DPCM, che si riferiva chiaramente alle opere terminate e attive, ed estenderla anche alla prosecuzione dei lavori di cantiere, permettendo a TAP e SNAM di lavorare indisturbate.Intanto sulla pagina facebook del Movimento No TAP, movimento nato per contrastare la costruzione del megagasdotto, venivano pubblicati i primi post che avanzavano dei dubbi riguardo al rispetto da parte della multinazionale delle regole anti-contagio delineate a livello nazionale. 

Tap ha una protezione speciale dal Coronavirus? I suoi operai e le imprese che arrivano dalla zona del focolaio principale, non hanno bisogno di precauzioni?” scriveva il Movimento No TAP, sottolineando come in quei primi giorni di marzo, in cui la paura per una malattia virale sconosciuta e l’inadeguatezza del sistema ospedaliero del sud Italia la facevano da padrone, sapere di operai provenienti dalle zone focolaio del nord Italia, che circolavano liberamente nei piccoli centri, facevano la spesa nei supermercati locali, alloggiavano in strutture ricettive del Salento (che a rigor di legge in quel periodo avrebbero dovuto essere chiuse), lavoravano a stretto contatto con persone del luogo, creava nella popolazione uno stato d’animo di sconcerto e rabbia. 

Il 16 marzo, a pochi giorni dall’inizio del lockdown, il sindaco di Melendugno, Marco Potì, segnala alle autorità locali e alla magistratura, la presenza, presso i cantieri del gasdotto TAP di San Foca, di numerosi lavoratori, «molti dei quali» provenienti da altre regioni, «comprese ex zone rosse, con possibile violazione dell’ordinanza del Presidente della Regione Puglia» che prevede l’obbligo di quarantena per chi proviene da altre regioni. Lavoratori che, secondo il Sindaco, sarebbero entrati pericolosamente in contatto con i lavoratori delle ditte locali. Il primo cittadino invia la segnalazione all’Ufficio di Presidenza della Regione Puglia, all’Asl Lecce e alla Procura della Repubblica di Lecce. Nella nota chiede che si provveda con urgenza ad accertare “l’applicazione delle misure previste dalle normative emergenziali da parte delle aziende e ditte in questione, al fine di attenuare il rischio di propagazione del contagio dal Covid-19 attraverso l’attività posta in essere in detti cantieri”2. 

A dare man forte al primo cittadino melendugnese, pochi giorni dopo, si uniscono altri Sindaci dei paesi vicini, come Fulvio Pedone (Lizzanello), Francesca De Vito (Calimera), Fabio Tarantino (Martano), Franco Leo (Vernole), Dina Manti (Corigliano), Andrea Pascali (Castrì), chiedendo al Prefetto di Lecce l’immediata chiusura dei cantieri TAP e SNAM, al fine di contenere il rischio del contagio.

L’appello a fermare i cantieri arriva anche dal Movimento No TAP che il 19 marzo scrive: “Mentre Italia e gran parte del mondo sono in balìa di un virus sfuggito di mano, tra contagi in continuo aumento, morti, locali chiusi e danni economici, Tap e Snam continuano a lavorare nei cantieri tra San Foca e Brindisi non adottando nessuna delle precauzioni richieste per la limitazione dei contagi da Covid-19”. 

Il Movimento sostiene inoltre di essere in possesso di foto e comunicazioni dal cantiere che evidenziano la mancanza di dispositivi di sicurezza, quali mascherine o altro, e operai con personale tecnico a stretto contatto tra di loro nonostante la richiesta distanza di almeno un metro.
Ad avvalorare la tesi e le preoccupazioni dei sindaci, nonché le informazioni in possesso del Movimento No TAP, arriva la denuncia da parte di un operaio impiegato proprio nel cantiere TAP. L’uomo, intervistato da RaiNews il 22 marzo, afferma senza mezzi termini, che lavorare in quel cantiere è pericoloso:
Usiamo mascherine non idonee, che si strappano e non a norma, gli operai sono tutti a stretta vicinanza, perché per il lavoro che fanno non possono avere la distanza di sicurezza, specialmente elettricisti e metalmeccanici” – e aggiunge – “quelli della sicurezza escono con le mascherine a norma, noi lavoriamo con la carta igienica. Il rischio di contagio non è alto, è altissimo. In uno spogliatoio siamo 10-15 operai e non abbiamo neanche i 20 centimetri di distanza l’uno con l’altro.” 

L’operaio conclude dicendosi preoccupatissimo per l’eventualità dello scoppio di un focolaio all’interno del cantiere, che potrebbe propagarsi anche tra la popolazione locale.

Le deputate del gruppo misto Veronica Giannone e Silvia Benedetti rincarano la dose e parlano di “Guanti e mascherine non a norma indossate anche per due tre giorni, operai che arrivano settimanalmente dal Nord, spogliatoi con 20 persone senza protezioni, distanze di sicurezza non rispettate, controlli farsa della Asl, che avvisa preventivamente i dirigenti sul giorno dei controlli, così da renderli perfettamente a norma. Insomma parliamo di violazioni gravissime che mettono tutti a rischio di contagio, operai e cittadini”.3

Su quest’ultimo punto aveva attirato l’attenzione anche il Movimento No TAP, denunciando che “Subito dopo la pubblicazione dell’esposto del 16 Marzo 2020 (Prot. N. 6005) da parte del Comune di Melendugno a firma del Sindaco Marco Potì, l’azienda sanitaria locale (ASL Lecce) si è recata nei cantieri per effettuare alcune verifiche, ma nel cantiere sono stati trovati solo la metà degli operai che mezz’ora prima erano presenti”.

 

Nonostante la multinazionale respinga tutte le accuse e sostenga che l’attenzione al rispetto delle norme di sicurezza sia massima, i fatti smentiscono le parole e il 2 aprile esce la notizia di due contagi sulla nave TAP che lavora a largo di San Foca e la conseguente quarantena di tutto l’equipaggio.  Si tratta della nave Protea, battente bandiera cipriota e utilizzata in attività di analisi dei fondali, che approda il 19 marzo a Costa Morena, con un sospetto caso Covid, un biologo marino. 
A bordo della nave sono presenti 53 persone, tra equipaggio, sub, biologi e un referente della multinazionale. Poco dopo emerge la positività di un altro membro dell’equipaggio, un marittimo. 
La nave, non potendo attraccare, è costretta a rimane alla fonda davanti al porto di Brindisi. 

“Con ancora più sgomento e incredulità – commenta il sindaco di Melendugno Marco Potì – apprendiamo della nave che lavora per Tap, in quarantena per il Coronavirus. Riteniamo, io e altri sindaci del territorio, che è urgente e non più rinviabile la sospensione di questo cantiere a Melendugno. Idem per quello dell’area compresa tra Lecce a Brindisi. Noi supplichiamo il prefetto di Lecce, affinché intervenga immediatamente, sospendendo il cantiere di Tap e delle ditte appaltatrici. Non possiamo tenere in uno stato di angoscia i cittadini che stanno soffrendo, già sottoposti alla rinuncia al lavoro e o ad aprire i propri negozi. Tap, per rispetto, deve bloccare tutto e andare via. Siamo tutti tenuti a rispettare le leggi per evitare il contagio”.

 

Possiamo sostenere, a ragione, che la pandemia abbia giocato a favore dell’estrattivismo e in questo caso della multinazionale TAP, soprattutto grazie alla neutralizzazione dell’opposizione sociale. 
La militarizzazione dei territori, dispiegata in tutto il paese, è stata un forte deterrente per ogni tipo di protesta o controllo dell’operato di TAP. Con le comunità costrette a stare in casa, al distanziamento fisico, all’isolamento, la multinazionale ha avuto la strada spianata per continuare a depredare e distruggere il territorio

“Non sapremo mai, visto che nessuno controlla, di quanto si è espanso abusivamente il cantiere”, scriveva il Movimento No TAP. 

 

La conta dei “danni” è avvenuta solo allo scadere dei 69 giorni di quarantena, quando finalmente alle persone comuni è stato permesso di uscire e muoversi nel territorio. 

Ed ecco, giorno dopo giorno, un macabro resoconto dei luoghi naturali devastati da TAP: “Merine di Lizzanello, zona “bosco degli Lei” vicino la grande quercia”;
“Strada provinciale che collega Vernole a Calimera”;
“Zona “fondone”, Lecce”;
“Grande Quercia o “lizza dei briganti”, patrimonio dell’Unesco, tra Pisignano e Lizzanello”;

Un post del Movimento No TAP, datato 6 maggio 2020, titola:

 “L’inquietante post quarantena: Ci giungono immagini terribili delle nostre campagne. Una cicatrice larga 40 metri e lunga decine di Km punteggiata di tanto in tanto da piccole discariche di materiali di cantiere”.

Oltre il danno, la beffa. 
Con riguardo al processo che vede imputata la multinazionale TAP e le aziende a cui sono stati appaltati i lavori, accusati a vario titolo di disastro ambientale e costruzione abusiva, il 20 novembre 2020 viene diffusa la notizia del rinvio del processo, causa covid. 

Ma l’aula bunker del carcere di Lecce non resta vuota, perché il processo a TAP viene rimpiazzato con uno dei numerosi processi contro i No TAP, i cui capi di accusa rasentano, spesso, il ridicolo. 

“È chiaro che in rappresentanza di TAP il covid diventa un problema insormontabile – commenta il Movimento No TAP – mentre per quei processi super affollati, con 96 imputati, dove a giudizio vengono messi gli attivisti NO TAP, non esiste alcun problema di diffusione del virus.
Ma, del resto, era così anche quando i lavori nel cantiere continuavano, mentre l’intera nazione era in lockdown”.

TAP ha mostrato alla popolazione salentina che l’estrattivismo non si ferma davanti a niente. Va avanti nonostante tutto e tutti, nonostante la legge, nonostante le violazioni dei diritti umani e della natura, nonostante le accuse, nonostante le morti (come quella di un giovane operaio salentino, deceduto il 27 maggio 2020 per un incidente nel cantiere di interconnessione SNAM di Pisignano), nonostante una pandemia mondiale che blocca l’intero pianeta. 

Mentre eravamo chiusi in casa, mentre i nostri cari morivano da soli in ospedale, mentre tanta gente doveva rinunciare allo stipendio e si domandava se sarebbe riuscita a pagare il mutuo, a fare la spesa, ad assicurare un pasto ai propri figli; mentre tanti malati cronici restavano senza cure, mentre medici e infermieri mettevano a repentaglio la propria vita per salvarla agli altri, mentre ci abituavamo a non baciare i nostri genitori, a non stringere le mani dei nostri amici, mentre nelle carceri aumentavano i contagi e, le proteste dei detenuti, privati di tutto, venivano sedate con la più bruta violenza; mentre gli stadi, i cinema, i teatri erano vuoti e tutti facevamo i conti con le nostre paure, TAP continuava a lavorare, ferendo ulteriormente e irrimediabilmente un territorio e le vite dei suoi abitanti. 

 

Note:

1) Appendice all’edizione italiana di R. Zibechi “La nuova corsa all’oro. Società estrattiviste e rapina”, p.82
2) La Gazzetta del Mezzogiorno, 17 marzo 2020, ‘Coronavirus Melendugno, il Sindaco: “Rischio contagio cantiere TAP”’.
3) Salento Metropoli, 31 marzo 2020, “L’Italia si ferma ma il cantiere TAP no”.

Questo articolo fa parte dell’eccellente Speciale Estrattivismo e Pandemia di EcorNetwork.

https://comune-info.net/lo-immaginavate-no-il-virus-fa-bene-al-tap/

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