Caro direttore, ho 19 anni, abito
ad Arzachena e frequento l’Università di Sassari. Scrivo queste poche righe a
lei perché non ho la forza, né il coraggio di rivolgerle alla mia famiglia.
Pochi giorni fa è venuta a mancare mia nonna, Anna Ragnedda di 83 anni,
travolta dal nubifragio che ha colpito Olbia. Ripenso ancora a due mesi fa,
quando mi faceva gli auguri per l’Università e immaginavo la gioia che avrebbe
provato nel divenire bisnonna per la terza volta. È morta nella maniera
peggiore, da sola, al primo piano del suo condominio, come un topo in gabbia,
senza il conforto di una voce amica che potesse rassicurarla, senza che nessuno
di noi potesse fare niente. Esprimere il dolore che ho nel cuore è estremamente
difficile, perché le parole che fuoriescono dalla mia bocca sono solo inutili,
insignificanti suoni che appaiono sempre più distanti, sempre più impotenti,
sempre più insensibili. Ogni giorno chiamo mia madre. Il come stai che le
rivolgevo qualche settimana fa si è trasformato in un frastornante silenzio
inframmezzato da un cosa fai?, state bene?, grazie al cielo qui a Sassari va
tutto bene, perché so perfettamente cosa prova, quale stato d’animo si cela
dietro la sua voce fioca e tremolante, sempre più ansiosa per la mia stessa
incolumità. Mi sento impotente, inutile…
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