Damiana, leader di una piccola comunità guarani, ha
appena guidato una coraggiosa “retomada” (rioccupazione) della sua terra
ancestrale. I sicari assoldati dagli allevatori hanno già circondato la sua
comunità.
Dopo essere stata sfrattata con la forza dalla terra ancestrale per fare spazio alle piantagioni di canna da zucchero, Damiana è stata costretta a vivere per dieci anni come una rifugiata sul ciglio di una strada, in squallide baracche di lamiera e teli di plastica neri separate dalla sua terra da un sottile filo spinato.
Nel corso della sua vita, Damiana ha dovuto assistere a una terrificante epidemia di suicidi tra i giovani del suo popolo. Ha visto bambini morire di malnutrizione, sua zia è stata avvelenata dai pesticidi spruzzati dagli aerei sopra la comunità, e ha perso il marito e tre figli, investiti e uccisi uno dopo l’altro lungo la pericolosa superstrada che passa a pochi metri dal quel misero riparo che è costretta a chiamare “casa”. Come se non bastasse, il mese scorso il suo accampamento è bruciato in un incendio sospetto, e i suoi pochi beni sono andati completamente distrutti.
Nonostante la paura, le umiliazioni e i lutti, Damiana continua a resistere. La sua speranza è quella di poter restare in quel piccolo fazzoletto di foresta verde che ha appena rioccupato. “Vogliamo dire a tutti che abbiamo deciso di resistere proprio qui, vicino al ruscello al margine della foresta, nella nostra terra rioccupata.”
Dopo essere stata sfrattata con la forza dalla terra ancestrale per fare spazio alle piantagioni di canna da zucchero, Damiana è stata costretta a vivere per dieci anni come una rifugiata sul ciglio di una strada, in squallide baracche di lamiera e teli di plastica neri separate dalla sua terra da un sottile filo spinato.
Nel corso della sua vita, Damiana ha dovuto assistere a una terrificante epidemia di suicidi tra i giovani del suo popolo. Ha visto bambini morire di malnutrizione, sua zia è stata avvelenata dai pesticidi spruzzati dagli aerei sopra la comunità, e ha perso il marito e tre figli, investiti e uccisi uno dopo l’altro lungo la pericolosa superstrada che passa a pochi metri dal quel misero riparo che è costretta a chiamare “casa”. Come se non bastasse, il mese scorso il suo accampamento è bruciato in un incendio sospetto, e i suoi pochi beni sono andati completamente distrutti.
Nonostante la paura, le umiliazioni e i lutti, Damiana continua a resistere. La sua speranza è quella di poter restare in quel piccolo fazzoletto di foresta verde che ha appena rioccupato. “Vogliamo dire a tutti che abbiamo deciso di resistere proprio qui, vicino al ruscello al margine della foresta, nella nostra terra rioccupata.”
All’inizio dell’anno i pubblici ministeri avevano ordinato
la chiusura della Gaspem, descrivendo l’agenzia come una “milizia
privata…che usa violenza contro i Guarani…per mano di persone violente assunte
come ‘guardie di sicurezza’”.
Questa ritorsione è la risposta alla recente
rioccupazione, da parte dei Guarani, di una porzione della terra ancestrale che
circa 40 anni fa gli fu rubata per far posto a un allevamento di bestiame.
All’inizio di ottobre, infatti, circa 500 Guarani della
comunità di Yvy Katu sono ritornati nella loro terra perchè incapaci di
sopportare ulteriormente le squallide condizioni del piccolo appezzamento in cui hanno
vissuto dal 2004.
Migliaia di Guarani brasiliani chiedono la restituzione
della terra ancestrale secondo quanto garantito dalla costituzione. Tuttavia,
il processo di mappatura del loro territorio ancestrale ha subito una battuta
d’arresto, costringendo gli Indiani a sopportare malnutrizione, malattia,
violenza e uno dei tassi di suicidio più alti al
mondo.
Gran parte della terra guarani è stata trasformata in
ampie piantagioni da cui compagnie straniere, come il gigante americano Bunge,
ricavano canna da zucchero (*).
Numerosi sono i leader guarani assassinati dai sicari armati a seguito della
rioccupazione di parte della propria terra ancestrale.
Il gigante alimentare americano Bunge si rifornisce di canna da zucchero
nella terra ancestrale dei Guarani del Brasile. La compagnia, infatti,
compra il raccolto dagli imprenditori agricoli che hanno aperto vaste
piantagioni nella terra dove un tempo sorgeva la foresta della tribù. Gli
Indiani sono stati sfrattati dalle loro case, e oggi vivono in condizioni
terribili.
I Guarani della comunità di Jata Yvary denunciano che l’invasione di
piantagioni di canna da zucchero, che alimenta l’industria brasiliana dei
biocarburanti, li sta danneggiando seriamente. “Vogliamo preservare la foresta”
dicono, “ma altri la stanno distruggendo per fare soldi illegalmente.”
Per favore, scrivi all’amministratore delegato di Bunge Brasile per
chiedere che la compagnia smetta immediatamente di comprare la canna da zucchero
coltivata nella terra guarani. Basteranno pochi secondi perchè
il link sottostante ti porterà a un’e-mail già compilata e pronta per essere
spedita. Grazie!
da
qui
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