martedì 17 dicembre 2019

La Sardegna terra difficile per i giovani: in diciotto anni fuga di 123mila ragazzi - Matteo Sau





Sono 220mila i giovani di età compresa tra i 15 e 29 anni che abitano in Sardegna. Sino a qui potrebbe sembrare un dato come tanti altri, ma diventa da bollino rosso se si pensa che nel 2001, nell’Isola erano 343mila. Significa che al netto di casi particolari, c’è una voragine che riguarda le giovani generazioni visto che in diciotto anni sono 123mila persone in meno della stessa fascia d’età. I dati sono emersi dallo studio effettuato dal Sardinian socio economic observatory (Sseo) e diventano ancora più preoccupanti in previsione visto che la prospettiva è che fra trent’anni, nel 2049, le stime parlano di 130mila giovani che abiteranno la Sardegna, terra che si conferma sempre più colpita dal fenomeno dello spopolamento in tutte le sue sfaccettature.
Numeri che hanno portato il presidente dell’Anci Sardegna, Emiliano Deiana, a lanciare un appello, non solo alle forze politiche e all’amministrazione regionale, ma a tutti gli strati della società sarda che non può rimanere indifferente a quella che il rappresentante dei sindaci definisce “l’ultima fermata prima della fine. Un disastro e una catastrofe”. Da qui la necessità di cercare di dare vita a un cambio radicale nella gestione economica e sociale dell’Isola perché altrimenti “la Sardegna, così come l’abbiamo conosciuta, non esisterà più”.
Con il suo appello diffuso, Deiana prova a coinvolgere il maggior numero di soggetti, attraverso un patto che “attraversi tutte le forze politichesociali e associative e che travalichi il tempo finito delle legislature”. Il rappresentante dei sindaci sardi ricorda che l’Anci ha più volte lanciato la proposta di convocare un ‘Nuovo congresso del popolo sardo’ che avrebbe il compito di “tracciare, collettivamente, le linee per tentare di risollevare una china paurosamente compromessa”. Il senso è che serve una chiamata alla responsabilità per chiunque abbia ruoli operativi e di rappresentanza della società sarda, ma non solo. Davanti al timore che le “forze, che sono un insieme infinito di debolezze, presenti in Sardegna oggi non siano più sufficienti, da sole, a determinare percorsi di progresso duraturi“, serve una grande adunanza di popolo. Inoltre, è necessario “richiamare l’altra Sardegna a collaborare, quella che se n’è andata, quella che vive altrove, quella che non ha ritenuto più sostenibile vivere qui”.  
Ci sono diversi fattori che concorrono a rendere il quadro regionale preoccupante: “La denatalità, il progressivo invecchiamento della popolazione, la desertificazione umana, civile, sociale, politica, economica. Lo spopolamento, la morte, per anoressia, dei paesi e delle aree interne e la fine, per bulimia, delle poche realtà urbane”. Fenomeni che caratterizzano l’esistenza di un’Isola che deve fare i conti con un’emergenza che non può essere risolta, almeno secondo il presidente dell’Anci, da singole iniziative di singoli soggetti. Infatti, se non si superano, attraverso “accordi alti, le ottuse divisioni di oggi e di ieri la Sardegna non ce la farà. Non lo può fare la Giunta regionale con un vago richiamo all’unità e non lo può fare, da solo, il Consiglio regionale“.
Tutti dovranno contribuire a definire i temi e l’agenda per la Sardegna dei prossimi trent’anni, “senza vendere strategie decotte come offerte miracolistiche per il domani luminoso – sottolinea Deiana – pensare di ottenere risultati migliori usando le formule fin qui usate è, al meglio, un’illusione”.

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