mercoledì 8 maggio 2019

Quando un conflitto va fuori controllo - Annamaria Testa



Accendiamo la tv, apriamo un giornale o una pagina in rete. Sentiamo lo sfogo di qualcuno. In certi giorni sembra che tutti stiano litigando con tutti. E anche a noi può venir voglia di litigare: uh, in realtà avremmo un sacco di motivi, no?
Del resto, a pensarci bene, possiamo renderci conto che una dose di conflitto è ineliminabile, sia dalle vite dei singoli individui, sia dalle dinamiche aziendali, sia dalle relazioni tra istituzioni, o tra stati.
Questo succede perché, in realtà, un conflitto (dal latino conflictus, urto, derivato di confligĕre, cozzare), nella sua essenza non è altro che un contrasto tra istanze, bisogni e obiettivi diversi. Suvvia, è davvero impensabile che tutti, dai singoli individui alle organizzazioni agli stati, possano avere sempre gli stessi interessi, e possano sempre condividere i medesimi obiettivi e ritenersi soddisfatti da una identica condizione.
Aggiungo solo un paio di elementi: viviamo in tempi complessi e veloci, e complessità e velocità possono più facilmente esasperare che sciogliere i conflitti.
E mettiamoci anche la rete, con il suo corredo di voyeurismo, notizie false, rancore, senso di rivalsa, emozionalità esasperata, disintermediazione e solitudine. L’arena perfetta dove qualunque conflitto, piccolo o grande che sia, può mettersi in scena e trovare una ragion d’essere ulteriore, guadagnandosi un bel pubblico.
C’è una cosa da sapere, però. Su qualunque piano (interpersonale, sociale, istituzionale, politico) si accenda un conflitto, se non si prova a governarlo e a contenerlo qualcuno (o tutti) poi finiscono per farsi molto male.
Ma per riuscire a disinnescare un conflitto bisogna sapere come funziona, e quando e come si intensifica. Insomma, gente: potrebbe rivelarsi un buon investimento leggere le righe che seguono. Vi raccontano in sintesi un modello semplice e intuitivo dell’escalation conflittuale, messo a punto negli anni ottanta dal ricercatore austriaco Friedrich Glasl. Il modello di Glasl è oggi ampiamente usato nel mondo per determinare a che stadio è un conflitto e, di conseguenza, che cosa è meglio fare per contenerlo.
Lo schema è elementare: una discesa verso il disastro, in un succedersi di scontri che si fanno sempre più insensati, violenti e primitivi.

Nove gradini verso l’abisso
La discesa di Glasl si articola in nove gradini, o passi, o mosse, raggruppati a tre a tre L’idea di base è che se non si interviene in modo consapevole la discesa sia ineluttabile, e che uscire dal conflitto riducendone i costi (individuali, sociali, politici) diventi via via più complicato, fino a risultare impossibile.
Il fatto vero, dice Glasl, è che il conflitto ha una sua logica interna, che è implacabile e a un certo punto va oltre la volontà dei contendenti.
Nella prima fase, gli attori pensano che si potrebbe ancora trovare una soluzione in cui entrambi “si vince” accordandosi in qualche modo.
Il conflitto nasce da un oggetto specifico (istanza, bisogno, obiettivo): per esempio, tu vuoi che stasera io lavi i piatti, e io voglio che li lavi tu.
Al posto dei piatti, cambiando scenari e protagonisti, potete mettere qualsiasi altro elemento di contesa: il rumore di tacchi del vicino di sopra. Le migliori strategie per il lancio di un nuovo prodotto. I limiti europei in materia di bilancio, o gli accordi commerciali tra stati in tema di esportazioni: ogni tema, minore o maggiore, su cui due attori possano non essere d’accordo...


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