A Portoscuso la catena alimentare potrebbe essere
definitivamente compromessa. Lo denuncia Stefano Deliperi, del Gruppo di intervento giuridico,
sulla base di una relazione (leggi il documento originale) firmata dal direttore
generale della Asl di Carbonia Maurizio
Calamida. “La
situazione esposta – si legge in una nota firmata da Deliperi – frutto di
analisi e monitoraggi che si protraggono da lunghi anni, appare decisamente
orientata verso gli scenari peggiori. In poche parole, a Portoscuso non si può
vendere il latte ovicaprino né fare allevamento ovicaprino, non si possono
raccogliere mitili e crostacei, non si possono vendere frutta, verdura e vino,
chi li consuma lo fa a proprio rischio e pericolo”.
Gli esiti dei monitoraggi sono ora all’attenzione anche del
ministero dell’Ambiente, della Regione, della Commissione europea, dell’Arpas e
della Procura di Cagliari. A fare le rilevazioni, oltre alla Asl, anche
l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e l’Istituto
superiore di sanità. Una volta raccolti ed esaminati i dati, è partita la
“richiesta al sindaco del Comune di Portoscuso di adottare provvedimenti
urgenti”, scrive Calamida. Tra le decisioni assunte, il divieto di commercializzare e
conferire il latte ovicaprino,
ma anche movimentare e macellare i capi, a causa dei livelli fuori norma di diossina e Pcb (Policlobifenili) riscontrati durante i controlli.
Eppure, come ricorda Deliperi, già nel 1993 era stato
approvato un piano speciale per il risanamento del territorio. “Obiettivo, a quanto pare, miseramente
fallito – scrive
l’esponente del Grig – tant’è che sono risultate in seguito molto negative le
caratteristiche qualitative del fondo naturale delle acque e dei suoli”. E i
soldi dove sono finiti? Nelle casse delle “medesime industrie responsabili
dell’inquinamento dell’area”, aggiunge Deliperi.
“Di fatto è sempre peggiore la situazione ambientale e sanitaria
di Portoscuso. In un ambiente ormai fortemente degradato e contaminato – si
legge nella nota del Grig – tanto da vantare record poco lusinghieri, anche nel
campo del deficit cognitivo infantile e della piomboemia: già nel 2008 l’Università di Cagliari,
nel corso di una ricerca condotta da Plinio Carta e Costantino Flore, affermò
chiaramente la sussistenza di deficit cognitivi in un campione di bambini di
Portoscuso, dovuto a valori di piombo nel sangue superiori a
10 milligrammi per decilitro.La letteratura medica, infatti,
indica un’associazione inversa statisticamente significativa tra concentrazione
di piombo ematico e riduzione di quoziente intellettivo, corrispondente a 1.29
punti di QI totale per ogni aumento di 1 µg/dl di piomboemia”.
“A Portoscuso – ricorda Deliperi – si va dai fumi di acciaieria, che vedono il centro sulcitano
diventarne la pattumiera d’Europa, al bacino dei fanghi rossi e al relativo
inquinamento, dagli sversamenti in mare di inquinanti alle discariche illecite
di rifiuti tossico-nocivi, alle nubi di fluoro, ai traffici illeciti di rifiuti
industriali. E le preoccupazioni per la qualità dell’ambiente e della salute
pubblica, giustamente, si estendono ai Comuni vicini, come Carloforte”.
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