martedì 10 maggio 2011

riso amaro?


Tra la vecchia fonderia e il castello di Monreale, sullo sfondo dei monti di Villacidro e Gonnosfanadiga, da pochi mesi è stata avviata una piccola rivoluzione. Qui il riso non viene prodotto solo per essere esportato grezzo (il risone ) e finire confuso magari nelle confezioni di rinomate marche nazionali. I chicchi sangavinesi stanno per la prima volta affrontando la prova di un mercato molto particolare e difficile: quello del gusto. Il merito è di un imprenditore agricolo di 46 anni, figlio e nipote di agricoltori, che ha osato ciò che tanti vorrebbero fare: trasformare i prodotti e venderli. L'ha fatto con il riso, diventato il cuore della sua azienda da circa 25 anni, quando i 5o ettari di campi di grano e foraggio sono stati trasformati quasi tutti in risaie, senza abbandonare però la radicata coltura che da queste parti si chiama ancora oro rosso, cioè zafferano. «Non volevo essere un tassello del sistema e poi trovarmi con le tasche vuote. Ho pensato che soltanto il consumatore può dare un valore al prodotto», racconta Stefano Curreli, abituato fin da ragazzo a lavorare nei campi, perché più attratto dai trattori che dai libri. La svolta si chiama risotti. Per intenderci, con la pasta, uno dei piatti più amati dagli italiani. Risotti pronti, o quasi. Marchio Molas, dalla località, Core 'e Mola dove sono state impiantate le risaie. Varietà Carnaroli (quello con i chicchi tondi, ricchi di amido, il preferito dai cuochi che se ne intendono) abbinata a radicchio, porcini, melanzane, zafferano, altri ortaggi, tutti essiccati. Senza conservanti né coloranti né glutammato. Risotti pronti per la cottura, nel senso che gli ingredienti sono già tutti nella confezione...

da qui



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