giovedì 26 luglio 2018

Cagliari, il supermercato è «collaborativo» - Eleonora Fanari


Tra le stradine colorate di un piccolo paese sardo del campidano meridionale conosciuto per i suoi murales e la sua arte germogliano nuove idee per una Sardegna più autonoma e sostenibile. Da San Sperate, uno dei centri agricoli più produttivi della Sardegna, parte il progetto di un «Emporio equosolidale e collaborativo», un’idea che ha come obiettivo principale quello di privilegiare l’economia locale offrendo dei prodotti di qualità e sostenibilità a un prezzo accessibile a tutti i suoi soci. L’iniziativa, che è stata presentata pubblicamente il 31 maggio 2018 a Cagliari, ha subito riscontrato un alto interesse tra i numerosi presenti all’evento, molti dei quali sono oggi nuovi soci del progetto.
«L’idea è di costituire una cooperativa nella quale i soci possano approvvigionarsi di prodotti di qualità, provenienti da filiere etiche, a prezzi sostenibili», ci spiega Massimo Planta, ideatore del progetto e presidente dell’Associazione Terre Colte (un’organizzazione che si occupa del recupero e della valorizzazione di terreni in stato o a rischio di abbandono), che discute sulla necessità di mettere in discussione l’attuale sistema economico-sociale che ignora, trascura e minimizza qualità e sostenibilità in nome di un continuo profitto. «L’esigenza è di dare una risposta valida e concreta al problema della distribuzione che caratterizza il modello commerciale classico, che si riduce ad arricchire la grande distribuzione organizzata a discapito dei produttori locali».
Il modello innovativo seguito dal gruppo sardo prende ispirazione da una prima esperienza di Emporio Collaborativo, nata nel 1973 negli Stati Uniti, che grazie al documentario Food Coop di Thom Boothe sta oggi facendo il giro d’Europa. Ha iniziato con La Louve di Parigi, nata proprio su iniziativa del regista del documentario, per poi espandersi a Bruxelles con la Bees Coop e arrivare in Italia con Camilla a Bologna e la Coop a Parma.
IL PROGETTO SARDO, che è nato da una riunione di Sardegna che cambia (declinazione territoriale di Italia che Cambia) mira all’apertura, entro il 2019, di un primo «supermercato autogestito e collaborativo» nell’isola, per incentivare lo sviluppo dell’economia locale sarda e stimolare a ripensare la Sardegna come realtà potenzialmente autonoma dal punto di vista economico.
Tutto ciò, come ci spiega Tiziana Diana, membro del progetto, è possibile grazie alla collaborazione dei soci, che dietro il versamento di una quota di sottoscrizione associativa e in cambio di qualche ore di volontariato al mese, saranno in grado di abbattere i costi di gestione del supermercato e approvvigionarsi di prodotti di qualità da loro stessi selezionati. Infatti, secondo i dati esaminati da un recente rapporto pubblicato da Oxfam nel giugno 2018, dal titolo «Maturi per il Cambiamento», circa il 40% del costo dei prodotti che paghiamo nei nostri supermercati viene utilizzato per coprire i costi di gestione del supermercato stesso, che ricorre a politiche di sfruttamento necessarie per mantenere dei costi contenuti e spesso anche più convenienti. Il rapporto denuncia i forti squilibri e lo sfruttamento all’interno delle filiere produttive, mettendo in rilievo la posizione dell’Italia, che viene considerato uno dei paesi sfruttatori nella raccolta stagionale di frutta e verdura, soprattutto nei confronti delle donne. Il 75% delle lavoratrici delle aziende ortofrutticole italiane intervistate dall’organizzazione ha dichiarato di essere sottopagata e di rinunciare a pasti regolari. «Tutti amiamo il cibo. Cucinare i nostri piatti preferiti o pranzare in compagnia sono alcuni dei piaceri più semplici. Ma troppo spesso i cibi che gustiamo hanno un costo inaccettabile: la sofferenza delle persone che li producono», scrive Winnie Byanyima, direttore esecutivo di Oxfam International.
I membri del progetto cagliaritano, che da quattro sono presto divenuti una trentina, spiegano che la cooperativa vuole prima di tutto eliminare queste ingiustizie sociali, tagliando i vari passaggi della Grande distribuzione organizzata. «La scelta di privilegiare filiere corte e locali, unite al lavoro volontario messo a disposizione dai soci, che si occuperanno per 3/4 ore al mese di tutte le mansioni inerenti la gestione e il funzionamento, rappresenteranno l’unica leva per garantire un abbassamento dei prezzi, permettendo ai soci di poter acquistare prodotti di qualità a prezzi contenuti», spiega Tiziana.
SECONDO LE MAPPE DI ITALIA CHE CAMBIA, sono numerosi gli esempi di cambiamento e innovazione nel territorio suqueste tematiche. «La food coop è come un’isola felice», commenta Federica Carrus, una delle nuove facce del progetto, «in quanto è uno spazio che risponde a un’esigenza quasi dimenticata, ma di cui l’uomo ha un profondo bisogno: la creazione di una comunità». Il progetto non vuole fermarsi al supermercato, ma intende costituire una vera rete di attività collaterali, sia sulla tutela e valorizzazione dell’ambiente che sull’innovazione economica e sociale, favorendo la connessione, la collaborazione ma soprattutto l’interazione sociale con la comunità.
CIÒ CHE CONTA VERAMENTE, a parte i prezzi e la giusta remunerazione del lavoro ai produttori, è il senso di responsabilità che ciascuno sviluppa verso la propria comunità. Un’esperienza non solo vantaggiosa, ma anche formativa per tutti coloro che vi parteciperanno. Un progetto per sensibilizzare a comportamenti di consumo critico e responsabile e per regalare alla Sardegna un’alternativa e una speranza in più a tutti coloro che scelgono di «ricominciare da noi».

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