sabato 16 luglio 2016

Pdg: il fottovoltaico - Nardo Marino

Quelli del Gruppo d’intervento giuridico se n’erano accorti già nella primavera del 2014. Sotto i pannelli fotovoltaici della gigantesca serra di Giave non c’era traccia di coltivazioni, nonostante l’ìmpianto fosse stato autorizzato a condizione che la produzione agricola fosse prevalente.
A distanza di oltre due anni, arriva la prima conferma. Il maxi impianto è sotto sequestro, tre persone sono indagate per truffa ai danni dello Stato, 9 milioni di euro sono stati bloccati sui conti correnti riconducibili alla società. Stando a quanto emerge dall’indagine condotta dalla Guardia di finanza, ortaggi e verdure varie venivano in realtà acquistate da fornitori terzi e spacciati come prodotti in loco. Intanto i contributi pubblici arrivavano puntualmente in cassa.
E’ opportuno, ora, fare un piccolo salto indietro nel tempo. Novembre 2013. Le cronache riportano la notizia dell’iniziativa sorta a Giave con toni entusiastici. A capo del progetto ci sono un paio di ex imprenditori edili sardi; i soldi, invece, una cinquantina di milioni, arrivano dalla lontana Taiwan, da una società effettivamente specializzata in sistemi fotovoltaici.
A Giave si fregano le mani. L’azienda viene definita come una delle più grandi al mondo del suo genere: 24 ettari di serre fotovoltaiche, in grado di produrre 16 megawatt di energia, al cui interno (riporto testualmente da una delle cronache dell’epoca) “con cura e passione si coltivano asparagi, peperoni, lattuga romana, rucola e, ancora, insalata iceberg, radicchio rosso e cavolfiori”. Sempre le cronache dell’epoca esaltano i primi, eccezionali risultati dell’intrapresa agricola: circa duemila chili di ortaggi percorrono ogni giorno le strade dell’isola, da nord a sud, per arrivare freschi sulle tavole dei consumatori. C’è pure il marchio commerciale, con prodotti in vasetto pensati appositamente per il mercato cinese, la previsione di nuovi impianti per la trasformazione nel territorio e persino una partnership con la Porto Conte Ricerche.
Tutto questo veniva detto e scritto nel novembre del 2013. Ma la denuncia degli ambientalisti risale ad appena quattro mesi dopo. Com’è possibile che, in appena 120 giorni, le serre di Giave si siano trasformate dal paradiso dell’ortaggio a campi di sterpaglie? E le autorità dell’epoca? Antonello Liori, assessore regionale dell’Industria, dopo una visita alle serre di Giave,  definì l’iniziativa “una sfida vincente che speriamo sia anche d’esempio per gli altri imprenditori sardi”. Se lo dice lui…
Se le prime risultanze dell’inchiesta fossero confermate, siamo di fronte a una gigantesca presa per i fondelli. L’ennesima, a dire il vero. Con l’aggravante che non impariamo mai a riconoscerla in tempo.

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