lunedì 18 luglio 2016

L’acqua: l’unica questione che mette in difficoltà Israele di Amira Hass

L’acqua è l’unica questione che mette (ancora) in difficoltà Israele con il pretesto della sicurezza e di Dio. I portavoce israeliani hanno pronte tre risposte da utilizzare quando rispondono alle domande sulla carenza d’acqua nelle città palestinesi della Cisgiordania, che emerge chiaramente rispetto al pieno soddisfacimento idrico delle colonie:
1) Le condutture palestinesi sono vecchie e di conseguenza vi sono perdite d’acqua; 2) i palestinesi si rubano l’acqua tra loro e la rubano agli israeliani; 3) in generale, Israele nella sua grande generosità, ha raddoppiato la quantità d’acqua che distribuisce ai palestinesi in confronto a quella stabilita dagli accordi di Oslo.
“Distribuzione”, i portavoce scriveranno nelle loro risposte. Non diranno mai che Israele vende ai palestinesi 64 milioni di m³ d’acqua all’anno invece dei 31 milioni di m³ stabiliti dagli accordi di Oslo. Accordi che sono stati firmati nel 1994 e che era previsto scadessero nel 1999. Non diranno che Israele vende ai palestinesi l’acqua dopo avergliela rubata.
Complimenti per la demagogia. Complimenti per rispondere solo con un ottavo della verità. L’acqua è l’unica questione per cui Israele è (ancora) in difficoltà nel difendere la sua politica discriminatoria, oppressiva e devastante con il pretesto della sicurezza e di dio. Per questo deve confondere e stravolgere questo fatto fondamentale: Israele controlla le risorse idriche. Ed avendone il controllo, impone il contingentamento della quantità di acqua che i palestinesi hanno il permesso di produrre e consumare. In media i palestinesi consumano 73 litri pro capite al giorno. Al di sotto della quantità minima necessaria. Gli israeliani consumano in media 180 litri al giorno, e c’è chi afferma che sono anche di più. E qui, a differenza di là, non troverete migliaia di persone che consumano 20 litri al giorno. D’estate.
Vero, alcuni palestinesi rubano l’acqua. Contadini disperati, i soliti imbroglioni. Se non ci fosse la mancanza d’acqua ciò non accadrebbe. Una gran parte dei ladri sta nell’area C, sotto il pieno controllo di Israele. Per cui, per favore, lasciate all’IDF e alla polizia il compito di trovare tutti i criminali. Ma giustificare la crisi con il furto, questo è un inganno.
Faccio questo lavoro da venticinque anni e le bugie dei portavoce dell’occupazione israeliana continuano a farmi infuriare. Le peggiori sono le bugie sulla carenza d’acqua in Cisgiordania. Ogni anno arriva l’estate e mi tocca scrivere qualche articolo sul tema.
Quest’anno mi sono concentrata sull’area di Salfit, nell’ovest della Cisgiordania. Ho visitato alcuni villaggi e ho visto i rubinetti a secco, le zucche rinsecchite negli orti e i bambini che andavano a riempire i contenitori di plastica alle sorgenti. In estate la quantità d’acqua erogata dall’azienda idrica israeliana viene ridotta almeno della metà. Il motivo è semplice: aumenta la richiesta d’acqua negli insediamenti, riforniti dalla stessa rete. La risposta degli israeliani è sempre la stessa: diamo ai palestinesi più acqua di quanto previsto dagli accordi di Oslo del 1994.
Gli accordi di Oslo hanno sancito il controllo israeliano sulle risorse idriche e hanno autorizzato una distribuzione squilibrata dell’acqua proveniente dalle falde della Cisgiordania: 80 per cento agli israeliani, 20 ai palestinesi. Oggi il rapporto è addirittura peggiorato: 86 a 14, perché i pozzi che i palestinesi hanno aperto nell’est non hanno prodotto la quantità d’acqua sperata (l’area di Salfit è invece ricca d’acqua nel sottosuolo, ma i palestinesi non la possono sfruttare). Di conseguenza i palestinesi sono costretti a comprare più acqua dall’azienda idrica israeliana. Acqua che noi israeliani rubiamo a loro.
Haaretz, 22 giugno 2016

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