giovedì 31 marzo 2016

Eddie Redmayne rinuncia alla tecnologia per poter "vivere il momento".


L'attore premio Oscar ha rivelato di aver sostituito il suo iPhone con un cellulare di vecchia generazione, per non essere continuamente distratto da social, e-mail e app di vario tipo.
Parlando al quotidiano 'The Independent', la star di 'The Danish Girl' ha dichiarato: "Ho sostituito il mio smartphone con un cellulare più semplice e di vecchia generazione. È stata una sorta di reazione al fatto che stessi continuamente con il mio iPhone in mano durante le ore di pausa. Le e-mail erano dilaganti e mi ritrovavo sempre a dover rispondere in tempo reale, e il prezzo da pagare era il fatto che non vivevo più il momento"…

mercoledì 30 marzo 2016

terrorismo e terrore - bortocal


lo scopo del terrorismo e` il terrore, vero?
(lo dice il nome stesso).
ci sono i terroristi, infatti, che diffondono il terrore con gli attentati.
. . .
e allora come mai ci sono altri che diffondono il terrore con le parole e le immagini degli attentati?
non sono terroristi, cioè amanti del terrore, pure loro?
com’e` che vogliono farci credere di non essere alleati?
. . .
il terrore oggi sembra quasi diventato un obbligo sociale.
chi non lo condivide e` sospetto: fosse per caso una quinta colonna?
quindi dobbiamo avere paura: questo e` un dovere.
e anche se non sei proprio portato ad essere spaventato, e` molto difficile restare del tutto tranquilli in un folla in preda al panico.
se non altro perché la folla spaventata e` molto pericolosa.
. . .
e` facile diffondere il terrore e usarlo per altri scopi.
chi e` in preda al terrore ha meno senso critico, ed e` più facile abusare del suo terrore.
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anche consumare e` un dovere sociale.
chi consuma poco oppure consuma cose prodotte direttamente da lui stesso e` un pericolo sociale.
migliaia di regolamenti cercano di impedirglielo.
la sicurezza, l’igiene, la corretta alimentazione per costringerti a consumare prodotti poco sani, inquinati, dannosi alla salute…
. . .
il dovere del terrore non cancella l’obbligo sociale del consumo di massa.
cosi` dobbiamo essere: consumatori spaventati.
poveri esseri umani che hanno paura di esistere.
polli da batteria all’ingrasso, che stanno buoni in preda al terrore.
. . .
situazione confusa, dove domina il dolore.
stacca la spina, ritirato sui monti: sei il nuovo Candide.
senza terrore, costruisci la tua autosufficienza, limitando i bisogni.
e dimentica il clamore della lotta confusa per il potere.

martedì 29 marzo 2016

La lana mangia-petrolio - Gruppo d’Intervento Giuridico


Lo scorso 22 marzo 2016 è stato presentato in anteprima mondiale nel porto di Cagliari un innovativo sistema di depurazione in lana di Pecora, predisposto specificamente per difendere il mare dagli sversamenti di idrocarburi e olio.
Per comprenderne la portata, basta soffermarsi su un dato: con un chilo del prodotto si riesce ad assorbire da 7 a 14 chili di idrocarburi e può essere riutilizzato.
Eccone una sintetica presentazione che merita tutta la nostra attenzione.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

PREMESSA
I prodotti disinquinanti Salvamare GEOLANA SeaCleanup della linea LANAturale Salute del Mare, tecnologia Edilana, sono i primi al mondo a svolgere (senza additivi aggiunti) la duplice funzione di assorbimento e biodegradazione naturale degli idrocarburi petrolchimici sversati a mare durante le attività operative giornaliere di navigazione (trasporto, turismo, pesca).
Gli sversamenti operativi causano il 25% dell’inquinamento marittimo totale.
Si tratta di una problematica ambientale invisibile e mediaticamente assente sebbene sia ben 3 volte superiore all’inquinamento (8%) causato dagli sversamenti da incidenti di navi, petroliere, piattaforme (tipologia di inquinamento invece molto presente nei media).
I prodotti disinquinanti Salvamare GEOLANA SeaCleanup della linea LANAturale Salute del Mare funzionano da assorbitori e da minidepuratori naturali per assolvere all’inquinamento marittimo giornaliero degli sversamenti operativi, presente nei porti, porticcioli con annessi stabilimenti balneari, zone costiere, aree di pesca, siti industriali.
L’INNOVAZIONE
I Geolana Salvamare GeoWool seaCleanup sono i primi al mondo, nel settore, a coniugare all’interno di un unico prodotto due azioni contemporanee: assorbimento degli inquinanti e biodegradazione degli stessi (senza additivi), con duplice azione di rimozione disinquinamento-risanamento dell’acqua.
Geolana è 100% di fonti rinnovabili eccedenti è resiliente quindi a differenza degli altri materiali può essere riutilizzato più volte.
Nei Geolana Salvamare la capacità di assorbimento degli inquinanti sversati in mare o in corsi d’acqua (come i derivati petrolchimici IPA idrocarburi o i composti azotati derivati dai concimi utilizzati in agricoltura) va da 8 a 14 volte il peso dell’assorbitore.
Grande capacità di assorbire
(1 kg di Geolana, in base al peso specifico del composto, assorbe da 8 a 14 kilogrammi di derivato di petrolio o inquinante azotato. Dato questo da moltiplicare per ogni volta che viene riutilizzato, ovvero fino a 5 volte di riuso, grazie al suo potere resiliente).
+ ottima capacità di biodegradare gli idrocarburi petrolchimici e i composti azotati (senza additivi di nessun tipo).
Geolana usato come prevenzione stabilmente in mare in corsi d’acqua (porticcioli, aree di pesca, ecc)  riesce in un mese a biodegradare fino a due terzi dell’inquinante assorbito.
Geolana Salvamare Geowool SeaCleanup
Dopo la parte di studio e ricerca Geolana salvamare diventa prodotto grazie al trasferimento tecnologico e alla consolidata ingegneria industriale di Edilana e soprattutto di Geolana salvasuolo: il geotessile sempre in pura lana di pecora, nato nel 2010 specifico per l’ingegneria naturalistica, ripristini, contenimenti,  rigenerazione di terreni, bonifiche di suoli degradati a cui restituire fertilità. Geolana salvamare ha speciali microcellule similari ma più piccole rispetto ai prodotti Geolana salvasuolo, capaci di catturare e trattenere sulle fibre e all’interno gli inquinanti dispersi in acqua. Le medesime fibre intelligenti diventano culla ottimale per lo sviluppo di microrganismi utili non patogeni ed anche già presenti in mare, naturalmente. Geolana immagazzina gli inquinanti e allo stesso tempo offre casa sostenibile con il miglior confort abitativo ai microrganismi denitrificanti e mangiatori di petrolio che naturalmente vivono e sono presenti in mare. L’acqua riattiva il metabolismo di questi batteri utili non patogeni che in perfetta armonia con la flora autoctona svolgono la loro azione di nutrirsi di idrocarburi, petrolchimici e composti azotati rilasciando l’acqua pulita.
Geolana è un minidepuratore leggero, naturale, resiliente, assorbente non aggiunge nulla all’acqua. La versione Geolana Carpet  tappeto disinquinante per le banchine dei porti turistici si offre infatti all’integrazione con elementi di decorazione e di disegno per un design che può essere tematico e progettato anche su misura.

COMPARAZIONE CON L’ESISTENTE
I prodotti presenti sul mercato sono: i disperdenti solventi artificiali, composti enzimatici per biodegradare e assorbitori. Questi ultimi sono al 95% di origine petrolchimica a base di poliestere e polipropilene. I pochi prodotti di fonti rinnovabili presenti come ad esempio quelli a base di sughero pur essendo buoni assorbitori, non sono resilienti, non possono essere riutilizzati e neppure svolgono la funzione di biodegradazione. Si tratta quindi di prodotti usa e getta. Geolana è 100% di fonti rinnovabili eccedenti (che non devono essere coltivate, ottenute  quindi senza sottrarre acqua, terreno agricolo, cibo). Geolana è resiliente quindi riutilizzabile più volte. Geolana oltre ad assorbire biodegrada disinquina e risana in modo maturale senza alcuni additivo aggiunto.
I MATERIALI
I componenti dei prodotti salvamare sono 100% di fonti rinnovabili eccedenti e nello specifico i geotessili marittimi GEOLANA panne e booms medium e large sono 100% pura lana vergine di pecora sarda.
Geolana extralarge hanno al loro interno anche un terzo (in percentuale di peso) componente.
Il sugherone detto anche sughero maschio rappresenta il primo taglio di corteccia della quercia, quindi non è utilizzabile in edilizia, nel vitivinicolo, risulta una eccedenza forestale, con scarso mercato). Anche Il cordame è 100% di fonti rinnovabili vegetali (eccedenti).
IL PROGETTO E IL TEAM CHE HA DATO VITA ALL’INNOVAZIONE
I prodotti disinquinanti Salvamare GEOLANA SeaCleanup della linea LANAturale Salute del Mare sono stati sviluppati ed implementati a seguito e grazie alle attività di studio e ricerca svolte in collaborazione con l’Università degli studi di Cagliari nell’ambito del progetto di sviluppo congiunto Università e Impresa: BIOLANCLEAN “Prodotti innovativi realizzati con 100% pura lana vergine di pecora sarda autoctona come mezzo per l’assorbimento e la biodegradazione di idrocarburi petroliferi” realizzato nell’ambito dell’intervento INNOVA.RE – Innovazione in Rete finanziato dal POR FESR 2007-2013.
Filiere e laboratori e centri di ricerca EDIZERO Architecture of Peace con Università degli studi di Cagliari: Dipartimento di ingegneria sanitaria e ambientale e Dipartimento di Scienze Biomediche Biotecnologie microbiche Microbiologia e Virologia.
Il lavoro di ricerca non è stato fatto sulla lana come materia prima generica ma sui prodotti industriali finiti 100% pura lana di pecora Edilana e Geolana agricoltura e salvasuolo,  di cui erano quindi  note le prestazioni tecniche e ambientali di alta innovazione, come ad esempio le qualità coibenti e di disinquinamento idoor dei prodotti isolanti termici e acustici in edilizia ed ancora il potere disinquinante dei geotessili Geolana savasuolo usati per uso agricolo per riconversione dei terreni degradati ad agricoltura biologica, e la resistenza alle trazioni e alla corrosione dei  geotessili  usati in geotecnica per contenimenti, antierosione preventiva (costiera, dunale, montana, ecc.) ripristini, bonifiche, Risanamenti ambientali.
Dallo studio di tutti questi prodotti specifici già esistenti sul mercato sono nati nuovi dati che hanno poi dato vita ai prodotti marittimi specifici per uso in mare laghi fiumi corsi d’acqua.
FILIERE EDIZERO ARCHITECTURE OF PEACE http://www.edizero.com/materioteca/
La Genesi nelle Innovazioni salvAria salvaSuolo salvaMare salvAcqua
La genesi delle innovazioni-produzioni delle filiere Edizero Architecture of Peace ha  visto nel suo percorso la salvaguardia di aria suolo e acqua;
nel 2008 EDILANA isolante termico acustico e potente disinquinante indoor dell’aria,
nel 2010 EDILATTE pitture antiasmogene cattura smog e CO2, disinquinante dell’aria,
nel 2011 GEOLANA i geotessili salvasuolo per contenimenti ripristini bonifiche e
riconversione in agricoltura biologica di terreni degradati con disinquinamento del suolo
nel 2014 EDILANA-EDIMARE isolante termico acustico ad alta inerzia
termica disinquinante indoor dell’aria,
nel 2016 GEOLANA salvamare mangiapetrolio, mangiaveleni e disinquinante dell’acqua!


domenica 27 marzo 2016

Il referendum sulle trivelle spiegato da chi l’ha scritto - Marina Forti


L’intenzione dei promotori del referendum del prossimo 17 aprile è chiara: fermare le trivellazioni e mettere fine alla ricerca e all’estrazione di petrolio e gas nei mari italiani, almeno entro il limite di 12 miglia nautiche che definisce le acque territoriali. L’intenzione è esplicita, e rimanda a questioni di fondo: la politica energetica del paese, gli impegni assunti dall’Italia per limitare le emissioni di gas di serra che alterano il clima, la sua politica industriale. Se puntare sui pochi giacimenti di gas e di petrolio italiani, o piuttosto su altre risorse – turismo, agricoltura, beni culturali, protezione ambientale.
Ma un referendum non può proporre scelte così articolate: può solo abrogare delle norme esistenti. Certo potrebbe dare un segnale politico, esprimere un volere dei cittadini.
Allora vediamo: chi propone di fermare le trivelle, e perché. E soprattutto, che effetto avrebbe un sì.
Il testo di un referendum è sempre complicato: “Volete voi che sia abrogato” l’articolo tale, comma tale, terzo periodo, della legge tale, limitatamente alla tale frase. La frase da abrogare in questo caso è “per la durata di vita utile del giacimento”. Riguarda la durata delle concessioni (i “titoli”) per estrarre idrocarburi. I titoli di norma sono concessi per trent’anni; la compagnia concessionaria può chiedere una prima proroga di dieci anni e altre due di cinque ciascuna. La legge di stabilità 2016, però, parla di “vita utile” del giacimento, che significa allungare una concessione in modo indefinito.
“Se vince il sì, quella frase sarà cancellata”, spiega Enzo di Salvatore, professore di diritto costituzionale all’università di Teramo: è stato lui a scrivere il quesito. “In quel caso le piattaforme oggi attive continueranno a lavorare fino alla normale scadenza della concessione, o dell’eventuale proroga già ottenuta, ma poi nessuna nuova proroga, andranno smantellate”. Votare sì significa che “la vita delle piattaforme non si potrà allungare all’infinito”, le attività petrolifere andranno a scadenza.
Che questo basti a fermare le trivelle è un altro discorso. Il referendum è stato promosso nel settembre 2015 da dieci regioni italiane (rimaste nove quando l’Abruzzo si è defilato), che hanno accolto gli appelli di un coordinamento No triv e di un gran numero di associazioni, tra cui le storiche organizzazioni ambientaliste nazionali e molte locali.
In realtà i promotori un risultato l’hanno già ottenuto. In origine infatti i quesiti erano sei, tutti dichiarati ammissibili dalla corte costituzionale. Avremmo votato per esempio anche per cancellare tre norme introdotte dalla legge sblocca Italia del governo di Matteo Renzi: quella che definisce “strategica” l’attività petrolifera, una norma sugli espropri e una sulle competenze delle regioni.
Questi quesiti sono caduti, perché le richieste sono già soddisfatte da alcuni emendamenti alla legge di stabilità 2016, approvati dal parlamento nel novembre scorso. In questo senso i promotori del referendum hanno già segnato un punto. Gli idrocarburi non hanno più il carattere di “strategicità, indifferibilità e urgenza” che comportava procedure accelerate e poche garanzie di consultazione per gli enti locali.
È saltato il “vincolo preordinato all’esproprio”, per cui anche solo una concessione per la ricerca faceva scattare l’esproprio dei terreni. Ed è scomparsa la norma che consente al ministero per lo sviluppo economico (Mise), cioè al governo, di sostituirsi alle regioni per autorizzare progetti di idrocarburi e delle infrastrutture relative: “Il governo non potrà più decidere unilateralmente; dovrà riunire le regioni interessare e cercare un compromesso”, continua il costituzionalista.
Un altro quesito è saltato perché si riferiva a un “piano delle aree”, poi abolito. Secondo le vecchie norme, il ministero dello sviluppo economico, sentito quello dell’ambiente e gli enti locali, doveva stabilire dove si può consentire la ricerca e l’estrazione di idrocarburi e dove no – nelle zone sismiche, o protette, o interessate da agricoltura di pregio, o densamente abitate, e così via. I promotori del referendum volevano bloccare nuovi permessi di ricerca sulla terraferma finché il piano delle aree non fosse stato definito. Nella legge di stabilità 2016 però il piano stesso è scomparso. In teoria, oggi sul territorio italiano si può trivellare quasi ovunque.

Il referendum sulle trivelle “dovrebbe sollecitare un ripensamento della politica industriale nel paese”, aggiunge Maurizio Marcelli, responsabile del dipartimento salute e sicurezza del lavoro della Fiom-Cgil: il sindacato dei metalmeccanici è nel comitato per il sì al referendum sulle trivelle. “Non è vero che se vince il sì si perdono posti di lavoro”, continua Marcelli. Le piattaforme non danno poi molto lavoro, e comunque “solo nella fase della trivellazione: poi lavorano tutto in remoto”. Certo, ci sarebbero un po’ di posti di lavoro nell’indotto, “ma sarebbero ampiamente compensati dal lavoro che si potrebbe creare investendo nelle energie rinnovabili e in settori industriali compatibili”, continua il dirigente sindacale. Così torniamo al punto: il referendum sulle trivelle rimanda a scelte di fondo sulla politica industriale, energetica. “Ma non vediamo un grande dibattito”.
Del referendum sulle trivelle in effetti si parla ben poco. Il governo ha scelto di non accorparlo alle elezioni amministrative (sarebbe stata necessaria una legge apposita, come è avvenuto in altri casi): i promotori ammettono che raggiungere il quorum è una sfida difficile. Poi c’è la solita confusione tra sì e no: vota sì se non vuoi le trivelle, e viceversa.
L’informazione sul referendum intanto viaggia soprattutto sui social media. Per una strana ironia, finora il referendum contro le trivelle ha fatto notizia soprattutto quando nel partito che guida il governo si sono levate voci che chiamano a non votare, suscitando polemiche: un governo invita i cittadini a non esercitare un diritto democratico. Paradossale: molte tra le regioni che hanno promosso quel referendum sono governate da quello stesso partito.
(leggi l’articolo completo su Internazionale.it)

sabato 26 marzo 2016

L’amore mio non può morire - Patrizia Cecconi



Lui è il contadino Salah Abu Ali di Al Walaja. Si presenta così, semplicemente.
Al Walaja è un villaggio con una storia tormentata. Si trova pochi chilometri a sud di Gerusalemme e questo, da molti decenni, non è un buon segno per la sua tranquillità. Nel 1948 venne raso al suolo e i suoi abitanti, cacciati, lo ricostruirono poco distante. Ma circa venti anni dopo venne nuovamente occupato e stavolta venne diviso in due. Una parte annessa da Israele, ma solo come territorio perché agli abitanti neanche venne dato diritto di cittadinanza, l’altra parte restò territorio palestinese, ma comunque sotto occupazione.
La storia d’amore è nata molti anni fa ed è una storia strana. E’ l’amore tra Salah Abu Ali e Umm Zeitun che qualcuno chiama anche Khetiara o Arusa Filastin.
Umm Zeitun, per il contadino di Al Walaja, è molto più di una donna, e dice sorridendo che sua moglie ne è gelosa. Ma il suo è un amore spirituale ed è così radicato, in senso proprio, che lui ne è stato catturato a 13 anni e resterà per la vita il compagno di questo straordinario essere vivente e il suo protettore.
Umm Zeitun, spiega Salah mentre camminiamo per i viottoli della campagna fiorita di Al Walaja, non è una donna, è un albero. Ma non è un albero normale. Non lo è già per la sua forma e per la sua età, pare abbia 3.500 anni. Ma soprattutto non lo è per quel che racconta il suo amante, cioè colui che lo ama e che se ne sente corrisposto.
Salah Abu Ali è convinto che Umm Zeitun abbia un’anima e che ci sia un sentire comune tra lui e questo incredibile, grandissimo e vecchissimo albero, testimone oculare – come lui lo definisce – di amori e dolori, di battaglie, di conquiste e di sconfitte.
Salah si considera suo compagno e protettore come già lo era stato suo padre e prima ancora suo nonno e come poi lo sarà uno dei suoi figli.Protettore di un albero di olivo come io non ne ho visti mai. Quello che appare davanti a me è una specie di piccolo bosco con al centro l’albero madre,con un tronco enorme ma non rotondo. Sembra una porta e tutt’intorno i suoi figli, alcuni centenari, altri più giovani, ma tutti nati dallo stesso ceppo ed ancora strettamente legati all’albero madre.
Salah si appoggia a uno dei tronchi e comincia a parlare. Parla del suo rapporto con l’albero cui dedica diverse ore al giorno, come un uomo innamorato parlerebbe della sua donna. Capisco perché sua moglie ne è gelosa!
Ho visto alcuni rari esemplari di olivi millenari in Italia, in Grecia, in Palestina, ma non ho mai visto un albero come questo. Se non fosse per le foglie non lo riconoscerei come olivo, né per la forma del suo tronco, né per la corteccia. Mi dice che è una specie rara, si chiama “hawari” e dice che è nato qui e, che lui sappia, non ci sono altri esemplari in Palestina. Pare non sia mai stato attaccato da nessun parassita al contrario di tutti gli altri olivi, compresi quelli che si trovano a poche decine di metri.
Salah Abu Ali, mentre parla, ha un atteggiamento a metà tra l’ascetico e l’innamorato e dice che secondo lui quest’albero è sopravvissuto a tutto perché così vuole Dio. Non ha dubbi che sopravvivrà anche al maledetto muro che vuole strozzare Al Walaja per unire le due illegali appropriazioni di terra, dette colonie di Gilo e Har Gilo che servono a Israele per espandersi su terra palestinese realizzando il suo progetto originario.Il muro, se nessuno fermerà Israele, passerà a 20 metri da Umm Zeitun le cui radici hanno un’estensione di 25 metri. Quindi le danneggerà, forse le farà morire.
Salah ignora con un sorriso il mio pessimismo perché è convinto che non sarà così. Mi ricorda che siamo a 900 metri di altezza e che tutti gli inverni nevica e che nel corso dei secoli ci sono state molte gelate e mi ricorda che gli olivi temono il gelo, ma non Umm Zeitun che, secondo lui, ha una sorta di spirito protettivo che non ne ha mai consentito la morte, e sarà ancora così.
Poi parla di un rituale, al aqiqah, che si fa quando nasce un bambino. Al aqiqahè una sorta di festa in cui si consuma un pasto tutti insieme ed ha la funzione di allontanare il male dal neonato. Pare che l’ombra protettiva di questo immenso albero sia il posto prescelto per al aqiqah perché la sua energia positiva sarebbe in grado di trasmettersi al nuovo nato.
Devo dire che i racconti di Salah fanno a pugni con la mia razionalità, ma il piacere di ascoltare quest’uomo, innamorato di questo strano e straordinario figlio della sua terra, e il tono con cui ne parla mi ipnotizzano un po’, e resto a sentire. Mi chiedo come mai Israele, che ha estirpato migliaia di olivi, questo non l’abbia scoperto. Immagino che ne avrebbe fatto un proprio luogo di attrazione come già successo in altri casi. Espongo il mio pensiero e Salah semplicemente sorride. Il suo sorriso mi contagia e penso alle sue parole di poco fa: “quest’albero ha un suo proprio spirito e mai nessun parassita lo ha attaccato”. Questo è vero ed è incredibile. Io lo trovo incredibile sul piano scientifico, ma lui non si fa problemi di scienza, dice che semplicemente così vuole Dio e mi ricorda che l’olivo è albero sacro per il Corano.
In realtà l’olivo è sacro per tutte le culture del Mediterraneo, e tutte le culture mediterranee antiche hanno finito per confondersi con le religioni, a partire dall’antica Grecia dove l’olivo veniva considerato il dono della dea Atena agli umani.
Salah Abu Ali dice che Umm Zeitun produce olive grandi, circa 6 quintali negli anni buoni, e olio ottimo che, soprattutto in passato, veniva usato anche come medicinale. Mi dice che le sue foglie vengono usate in tisana per abbassare gli zuccheri nel sangue e che ogni cura che lui, Salah, offre a questo oggetto del suo strano amore viene ricompensata dai regali offerti dall’albero.
Ormai si sta facendo sera e come ogni contadino mediterraneo, di entrambe le sponde, Salah non ci lascia andare senza averci ospitato in casa dove i regali di Umm Zeitun arriveranno su un vassoio per un assaggio che è un piacere per gli occhi prima di esserlo per il palato.
Questa è la Palestina.
Salah Abu Ali, contadino di Al Walaja, villaggio costantemente minacciato da Israele, ci ha offerto nella sua semplicità l’immagine più spirituale della sacralità della terra attraverso un suo figlio speciale: l’olivo che ha resistito ad ogni attacco per 3500 anni e che secondo lui resisterà ancora alla tracotanza israeliana, perché non è un semplice albero, ma un essere vivente che ha assorbito in sé lo spirito della natura e la memoria del tempo.

giovedì 24 marzo 2016

Arriva la svendita permanente dei terreni a uso civico, ecco il nuovo Editto delle Chiudende - Grig



Non c’è nulla da fare, intento persistente negli anni di Giunta e maggioranza del Consiglio regionale della Sardegna è di trattare come carne da macello i terreni a uso civico della Sardegna.
Non soddisfatti della sentenza della Corte costituzionale n. 210/2014 che aveva sbarrato la strada alla vera e propria svendita dei demani civici prevista dalla legge regionale n. 19 del 2013, ora ci riprovano.
Il nuovo Editto delle Chiudende.
La Giunta regionale, con il disegno di legge n. 297/S/A del 2016 (legge regionale finanziaria 2016), ha previsto (art. 3, commi 20°, 21° e 22°) lariapertura per due anni dei termini per lasclassificazione (cioèsdemanializzazione) di terreniappartenenti ai demani civici su richiesta dei rispettivi Comuni, ampliando la possibilità di sdemanializzazione anche aiterreni già trasformati a fini industriali, come, per esempio, l’inquinante bacino dei fanghi rossi dell’Eurallumina s.p.a. di Portovesme (CI), al centro dell’obsoleto progetto di riconversione industriale basato su una nuova centrale a carbone..
Ma non basta.    Nella seduta consiliare del 23 marzo 2016 risulterebbe approvato l’approvato l’emendamento n. 519 [2] a firma degli onorevoli Piermario Manca (Partito dei Sardi), Rossella Pinna (P.D.), Augusto Cherchi (Partito dei Sardi), Gianfranco Congiu (Partito dei Sardi), Alessandro Unali (Rifondazione-Comunisti Italiani-Sinistra Sarda), Anna Maria Busia (Centro Democratico), Roberto Desini (Centro Democratico), Gianmario Tendas (P.D.) e Daniela Forma (P.D.) che elimina i vincoli temporali (un anno, portato a due anni dall’entrata in vigore della legge o dalla pubblicazione sul B.U.R.A.S. del provvedimento di accertamento demaniale con il disegno di legge n. 297/S/A) per la proposizione delle richieste di sdemanializzazione da parte dei Comuni alla Regione autonoma della Sardegna(abrogazione dell’art. 2 della legge regionale n. 18/1996).
, coste, dune
In pratica, con tali disposizioni volute dal centro-sinistra sardo con in prima fila gliidentitari del Partito dei Sardi, sarebbe sempre possibile depredare i demani civici dei Comuni sardi dopo occupazioni illecite e vendite non autorizzate.
Ciliegina sulla torta è la sdemanializzazionead personas dei terreni a uso civico diIrgoli (NU), già destinati ad agricoltori fin dagli anni ’50 del secolo scorso è già affrancabili, senza tante difficoltà, attraverso l’istituto della legittimazione(art. 9 della legge n. 1766/1927 e s.m.i.).
Una svendita permanente, senza nessuna vergogna. Un nuovo Editto delle Chiudende, portato avanti innanzitutto da chi sbandiera ideali identitari e indipendentisti alla faccia delleidentità e del patrimonio delle Collettività locali.
Qual è la situazione dei demani civici in Sardegna?
I nostri legislatori regionali si sono in gran parte distinti nel tempo per ildisinteresse verso la salvaguardia deidemani civici e dei diritti di uso civicodelle Collettività locali.
L’attuale legislatura non ha alcuna differenza con quelle passate.
L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus aveva rivolto (21 ottobre 2015) una puntuale istanza alPresidente della Regione autonoma della Sardegna Francesco Pigliaru, all’Assessore regionale dell’agricoltura Elisabetta Falchi e alDirettore generale del medesimo Assessorato perché provvedessero a dar corso aiprocedimenti di accertamento dei diritti di uso civico e dei demani civici in ben 120 territori comunali, nonché diano corpo agli interventi regionali sostitutivi previsti dalla legge (art. 22 della legge regionale n. 12/1994 e s.m.i.) per il recupero di terreni a uso civico illegittimamente occupati da privati nei tantissimi casi di inerzia dei Comuni interessati.
Coinvolti, per opportuna informazione, il Commissario per gli usi civici per la Sardegna, ilProcuratore regionale della Corte dei conti per la Sardegna, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari.
I terreni a uso civico e i demani civici (legge n. 1766/1927 e s.m.i.,regio decreto n. 332/1928 e s.m.i., legge regionale n. 12/1994 e s.m.i.) costituiscono un patrimonio di grandissimo rilievo per leCollettività locali in Sardegna, sia sotto il profilo economico-sociale che per gli aspetti di salvaguardia ambientale, che si rivelerà – al termine delle operazioni di accertamento previste dalla legge – interessante con probabilità circa un quinto del territorio isolano, circa 400 mila ettari.
In troppe occasioni si è tentato di promuovere assurde operazioni di sdemanializzazione, anche in via legislativa, veri e propri nuovi Editti delle Chiudende, sempre avversati dalGruppo d’Intervento Giuridico onlus, l’ultima delle quali (la legge regionale Sardegna n. 19/2013) è stata duramente bocciata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 210/2014.
Gli accertamenti dei demani civici “scomparsi”.
Le operazioni di accertamento dei demani civici concluse all’aprile 2012 hanno già riguardato finora ben 236 Comuni sui 377 della Sardegna e costituiscono l’Inventario generale delle Terre civiche, previsto dagli artt. 6-7 della legge regionale n. 12/1994 e s.m.i.
Secondo quanto riportato nell’interrogazione consiliare n. 309/Adel  3 marzo 2015 dell’on. Oscar Cherchi(primo firmatario) e altri – tuttora senza risposta – in forza dell’appalto ‘Procedura aperta per l’affidamento del servizio relativo all’accertamento formale e/o all’inventario generale dei beni civici dei comuni della Regione autonoma della Sardegna’ concluso nell’aprile 2012, sarebbero disponibili i necessari atti per portare a compimento i procedimenti di dichiarazione dei diritti di uso civico e dei demani civici in ben 120 ulteriori Comuni della Sardegna (per 21 Comuni è stata accertata l’inesistenza di diritti di uso civico).
Però, a distanza di più di quattro anni, il competente Direttore del Servizio Attuazione misure agroambientali e Salvaguardia della biodiversità dell’Assessorato regionale dell’Agricoltura e Riforma Agro-Pastorale (dov’è incardinato il Settore Usi civici, competente in  materia) non ha provveduto per ragioni non conosciute, pur essendo l’attività in argomento chiaramente indicata come preminente nel Programma regionale di sviluppo 2014-2019 (4.10.1 Azione regionale di governo delle terre civiche), fondamentale atto di programmazione disposto dalla legge regionale n. 11/2006.
Il mancato utilizzo del risultato di appalti di servizi regolarmente collaudato e il cui corrispettivo sia stato liquidato senza comprovati motivi o cause di forza maggiore potrebbe concretare eventuali ipotesi di responsabilità per danno erariale (legge n. 20/1994 e s.m.i.).
Per giunta, alla data odierna, le cariche di Direttore del Servizio Attuazione misure agroambientali e Salvaguardia della biodiversità dell’Assessorato regionale dell’Agricoltura e Riforma Agro-Pastorale e di Direttore del Settore Usi civici risultano vacanti, mentre – secondo la citata interrogazione consiliare n. 309/A – sarebbe stato costituito un non meglio precisato “gruppo di lavoro” non formalizzato con componenti e compiti non conosciuti.
Preludio di una nuova operazione di accertamento, magari annacquato, con conseguente esborso di parecchi soldi pubblici?     Preludio dell’ennesima depredazione ai danni dei demani civici?
Speriamo proprio di no.

I recuperi dei terreni occupati illegittimamente da privati e le operazioni di riordino dei demani civici.
Sono, poi, tantissimi i casi di terreni a uso civico illegittimamente occupati da privati, da Portoscuso a Orosei, daCarloforte a Nuoro, a Posada, a tanti altri Comuni.     L’art. 22 della legge regionale n. 12/1994 e s.m.i. prevede l’obbligodi recupero dei terreni a uso civico illegittimamente occupati a carico deiComuni e, in caso di inerzia, conintervento sostitutivo regionale: pur essendo ben note tali situazioni negli atti dell’Inventario generale delle Terre civiche, non si è a conoscenza di eventuali interventi in via sostitutiva da parte dellaRegione autonoma della Sardegna in alcuno dei numerosissimi casi di inerzia da parte deiComuni interessati.         E’ ora di farlo.
Davanti a situazioni di avvenuta edificazione di residenze in buona fede e di conseguenteradicale trasformazione di terreni a uso civico la soluzione equa sul piano giuridico è, poi, data dal trasferimento dei diritti di uso civico (art. 18 ter della legge regionale n. 12/1994 e s.m.i., come inserito dall’art. 19, comma 3, della legge regionale n. 3/2003) su altri terreni di proprietà comunale di sensibile valore ambientale. In questo modo si possono tutelare gli interessi della collettività locale al mantenimento del demanio civico (che – è bene ricordare – è un diritto in capo a tutti i cittadini e non al Comune) e si può venir incontro alle esigenze dei cittadini che hanno edificato senza colpa su terreni che presumevano propri.


Riguardo, invece, i tanti coltivatori diretti che da lunghi anni praticano l’agricoltura su terreni a uso civico può operare l’istituto della legittimazione (art. 9 della legge n. 1766/1927 e s.m.i.).
Come si vede, a legislazione vigente, tantissime situazioni “difficili” possono essere risolte senza “pasticci” di ogni genere, se davvero c’è la volontà di farlo.
Sarebbe bene che vi fosse anche la volontà di procedere a un’altra fondamentale operazione: il recupero di centinaia, forse migliaia di ettari di terreni appartenenti ai demani civici occupati illecitamente in tante località costiere e dell’interno dell’Isola.
Farebbe bene all’ambiente, alla legalità e alla civile convivenza sociale in tanti centri della Sardegna.

I diritti di uso civico e i demani civici, un grande patrimonio per la Sardegna.
Gli usi civici e gli altri diritti d’uso collettivi sono in generale diritti spettanti a una collettività, che può essere o meno organizzata in una persona giuridica pubblica (es. università agraria, regole, comunità, ecc.) a sé stante, ma comunque concorrente a formare l’elemento costitutivo di un Comune o di altra persona giuridica pubblica: l’esercizio dei diritti spetta uti cives ai singoli membri che compongono detta collettività.
Gli elementi comuni a tutti i diritti di uso civico sono stati individuati in:
– esercizio di un determinato diritto di godimento su di un bene fondiario;
– titolarità del diritto di godimento per una collettività stanziata su un determinato territorio;
– fruizione dello specifico diritto per soddisfare bisogni essenziali e primari dei singoli componenti della collettività.
L’uso consente, quindi, il soddisfacimento di bisogni essenziali ed elementari in rapporto alle specifiche utilità che la terra gravata dall’uso civico può dare: vi sono, così, i diritti di uso civico di legnatico, di erbatico, di fungatico, di macchiatico, di pesca, di bacchiatico, ecc.      Quindi l’uso civico consiste nel godimento a favore della collettività locale e non di un singolo individuo o di singoli che la compongono, i quali, tuttavia, hanno diritti d’uso in quanto appartenenti alla medesima collettività che ne è titolare.
Dopo la legge n. 431/1985 (la nota Legge Galasso), i demani civici hanno anche acquisito una funzione di tutela ambientale (riconosciuta più volte dalla giurisprudenz).    Questa funzione è importantissima, basti pensare che i demani civici si estendono su oltre 5 milioni di ettari in tutta Italia (un terzo dei boschi nazionali), mentre i provvedimenti di accertamento regionali stanno portando la percentuale del territorio sardo rientrante in essi a quasi il 20% (370.000 – 400.000 ettari).
Molte normative regionali, così come anche la legge regionale sarda n. 12/1994 e s.m.i., vi hanno aggiunto alcune nuove “fruizioni” (es. turistiche), ma sempre salvaguardando il fondamentale interesse della collettività locale.   In particolare sono rimasti invariate le caratteristiche fondamentali dei diritti di uso civico.                   Essi sono inalienabili(art. 12 della legge n. 1766/1927),inusucapibili ed imprescrittibili (artt. 2 e 9 della legge n. 1766/1927): “intesi come i diritti delle collettività sarde ad utilizzare beni immobili comunali e privati, rispettando i valori ambientali e le risorse naturali, appartengono ai cittadini residenti nel Comune nella cui circoscrizione sono ubicati gli immobili soggetti all’uso” (art. 2 legge regionale n. 12/1994).                 Ogni atto di disposizione che comporti ablazione o che comunque incida su diritti di uso civico può essere adottato dalla pubblica amministrazione competente soltanto verso corrispettivo di un indennizzo da corrispondere alla collettività titolare del diritto medesimo e destinato ad opere permanenti di interesse pubblico generale (art. 3 della legge regionale n. 12/1994).
Con il decreto Assessore Agricoltura R.A.S. n. 953/DEC A 53 del 31 luglio 2013, previa deliberazione Giunta regionale n. 21/6 del 5 giugno 2013, sono stati dati gli indirizzi interpretativi per i procedimenti relativi alla gestione dei diritti di uso civico e dei demani civici.
Infine, con l’approvazione regionale degli strumenti previsti (regolamento per la gestione,piano di recupero e gestione delle terre civiche) sarà, così, possibile tutelare efficacemente il demanio civico e svolgere tutte quelle operazioni (permute, recuperi, sdemanializzazioni, trasferimenti di diritti, ecc.) finalizzate a ricondurre a corretta e legittima gestione una vera e propria cassaforte di natura della comunità locale.
Un patrimonio meritevole di efficace tutela e di accorta gestione ambientale, non certo dibardane legalizzate a posteriori.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

mercoledì 23 marzo 2016

I vescovi votano sì al referendum sulle trivellazioni - Claudio Vigolo

I vescovi votano sì al referendum del 17 aprile sulle trivellazioni. La decisione è comprensibile, soprattutto ricordando il messaggio dell'enciclica sull'ambiente di papa Francesco.
Il tempismo dei vescovi italiani nel dichiararsi favorevoli al dibattito sul referendum sulle trivellazioni sembra quasi sospetto all’indomani dell’invito all’astensione del Partito democratico (Pd).
Sta di fatto che nel comunicato finale del Consiglio episcopale permanente della Conferenza episcopale italiana (Cei) che si è chiuso a Genova si legge testualmente che “l’attenzione all’aspetto sociale ha portato i vescovi a confrontarsi anche sulla questione ambientale e, in particolare, sulla tematica delle trivelle – ossia se consentire o meno agli impianti già esistenti entro la fascia costiera di continuare la coltivazione di petrolio e metano fino all’esaurimento del giacimento, anche oltre la scadenza della concessioni – concordando circa l’importanza che essa sia dibattuta nelle comunità per favorirne una soluzione appropriata alla luce dell’enciclica Laudato Si’ di papa Francesco”.
Già in precedenza il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, si era espresso molto chiaramente, con un editoriale sul quotidiano dei vescovi Avvenire, in cui si chiedeva di non trivellare i mari. La cosa più importante, ha spiegato Galantino, è “coinvolgere gli abitanti, chi di quel mare vive. Gli slogan non funzionano, bisogna creare spazi di incontro e confronto.

Beni confiscati, oltre 27mila immobili e aziende sottratti alle mafie. La mappa - Gianluca De Martino


Palazzi, ville, alberghi. Persino una clinica in Sicilia. Se si mettessero insieme gli oltre 27mila beni confiscati in Italia formerebbero un piccolo Stato o comunque quasi la metà del patrimonio immobiliare di Roma Capitale. Un intero paese costruito con i proventi del traffico di droga, con le mazzette di una tangente o l’evasione fiscale. Se oggi questi beni sono passati nella gestione dello Stato o sono stati trasferiti a centinaia di enti locali il merito va a un’attività investigativa cresciuta notevolmente negli ultimi anni, che ha inseguito boss e colletti bianchi dal Sud al Nord dell’Italia, finanche all’estero.

La mappa dei beni confiscati
La mappa è navigabile per regioni, province e comuni: i colori sono più scuri dove le confische sono un numero maggiore, più chiari dove sono meno. Passando con il cursore o cliccando è possibile vedere il totale…


Le case popolari, i bar e i centri per immigrati: come cambiano i beni confiscati
A Trento i beni confiscati alla criminalità organizzata sono diventati alloggi popolari . Ci sono appartamenti, garage, locali. A Brescello vive da sempre con la sua famiglia Francesco Grande Aracri , fratello del boss Nicolino. E ai beni della famiglia Grande Aracri aveva tentato un assalto nel 2003 l’allora procuratore capo di Reggio, Italo Materia. Ma il tribunale rigettò la richiesta di sequestro e confisca avanzata dalla procura reggiana. I numeri cambiano con il passare del tempo. In Sardegna l'81 per cento dei beni ha un uso sociale, a Olbia le case sono state donate per gli alluvionati . Anche in provincia di Pavia, per 27 beni, ora c'è una destinazione sociale…

martedì 22 marzo 2016

dal frigo alla spazzatura

La pattumiera è la nostra cattiva coscienza e una possibilità di riscatto. Racconta di noi, popolo di spreconi che compra troppo, consuma male e non sa riutilizzare il cibo cucinato. In quel bidone in cui ogni famiglia brucia 348 euro all'anno, gettando anche un chilo di pane o verdure a settimana, è nascosto un tesoro che vale 13 miliardi di euro. Cui ne vanno aggiunti altri cinque: è il valore degli alimenti persi lungo la filiera, nel viaggio dai campi alla nostra tavola.
Diciotto miliardi di euro: tanto valgono i 15 milioni di tonnellate di cibo perduto ogni anno. E sotto accusa sono soprattutto i privati cittadini: il 43% del cibo viene buttato via nelle nostre cucine. Secondo un'indagine del Politecnico di Milano, in Italia lo spreco di alimenti avviene infatti per il 21% nella ristorazione; seguono la distribuzione commerciale (15%), l'agricoltura (8%), la trasformazione (2%).

Quasi la metà dunque si "perde" e va a male nelle nostre case. E i distratti sono soprattutto i giovani, dicono i dati di Waste Watcher, l'osservatorio sugli sprechi dell'università di Bologna che da 15 anni monitora il problema tra iniziative e progetti che hanno portato anche alla legge per facilitare le donazioni di aziende e industrie, appena approvata alla Camera…


Sprechi alimentari, storie dall'Italia che salva gli avanzi
Torino - La app del Politecnico che segnala gli sconti sul fresco invenduto
È un'app nata contro lo spreco alimentare, ma anche per consentire a chi ha meno mezzi di fare la spesa a prezzi accettabili: "Last Minute Sotto Casa", nata all'interno dell'incubatore del Politecnico di Torino, permette ai negozianti, tramite un "food alert" lanciato a tutti gli iscritti all'app, di mettere in vendita il cibo fresco invenduto a prezzi scontati. "Lmsc social market" si è già aggiudicato un premio: i 100mila euro del premio Edison Pulse per i progetti più innovativi e sostenibili.
(Arturo Buzzolan)
 
Genova - Piatti caldi a costo zero grazie alle rimanenze delle cucine Ansaldo
Pasti per i poveri a costo zero: è l'esperimento della onlus SoleLuna nella piccola stazione di Cornigliano. Il risultato? 60 cene a settimana interamente "riciclate", con le rimanenze della grande distribuzione e il cibo avanzato della mensa aziendale Ansaldo. Il progetto si chiama "Smart Food", e l'associazione propone di estenderlo altrove: "Su 20mila pasti all'anno per i bisognosi - spiega la presidente Paola Dameri - nel nostro bilancio i generi alimentari incidono solo per l'1%".
(Erica Manna)
 
Milano - La scuola offre ai bimbi frutta e merendine abbandonate sui vassoi
In città si "salva la merenda". Con una campagna nelle mense di 65 scuole elementari e 750 classi, che permette ai bambini di portare a casa i prodotti rimasti sui vassoi. È così che, in un mese, vengono "salvati" 10mila panini, 9mila frutti e mille dessert e che, da maggio 2014, sono stati distribuiti oltre 20mila sacchetti. Ma la Food policy del Comune prevede altri progetti antispreco: dai "microdistretti del recupero" alla raccolta del cibo invenduto nei mercati.
(Alessia Gallione)

Bologna - Così un ipermercato sfama 900 persone regalando gli scarti
Ogni anno, l'ipermercato Conad di via Larga recupera quasi 70mila chili di cibo per un valore di oltre 260mila euro, con cui aiuta oltre 900 persone attraverso nove onlus sparse tra città e provincia. Ogni mattina, un addetto seleziona i prodotti non più vendibili perché rotti, in scadenza o parzialmente rovinati, e i volontari delle onlus passano a ritirarli. Si tratta per 2/3 di cibo "fresco" (ortofrutta, carni e latticini), il più gradito perché ha un maggior valore nutrizionale.
(Valerio Varesi)
 
Firenze - Una piattaforma online con idee e progetti per il riuso alimentare
Il sito si chiama info.senza-spreco.it e lo ha inventato una società fiorentina che si occupa di diffondere buone pratiche contro lo spreco alimentare. "Senza spreco" collabora con la fondazione "Il cuore si scioglie" di Unicoop (che invia ogni sera confezioni "ammaccate" di cibo alla Caritas) e raccoglie online esperienze e suggerimenti per i commercianti che hanno cibo da offrire, ma anche per i semplici cittadini che volessero fare donazioni.
(Simona Poli)
 
Roma - "Il pane a chi serve" l'iniziativa delle Acli mette in rete i fornai
Recuperare il pane invenduto a Roma, 20 tonnellate al giorno, fino a un anno e mezzo fa era solo un'idea. Poi le Acli capitoline hanno fatto il salto, riuscendo a creare una rete che in 12 mesi è riuscita a far crescere del 190% le donazioni dei fornai. Così il progetto "Il pane a chi serve" è riuscito a bloccare quel flusso che finiva nei rifiuti recuperando, in un anno, ben 40mila chili tra filoni e panini, che hanno accompagnato 380mila pasti donati dalle associazioni ai più poveri.
(Anna Rita Cillis)
 
Napoli - Il pasticciere che dona rustici e sfogliatelle ai clochard della città
Sfogliatelle per i clochard. È l'iniziativa di Antonio Ferrieri, patron del laboratorio artigianale "Cuori di Sfogliatella" di corso Novara, a due passi dalla stazione.Ogni sera, Ferrieri regala l'invenduto ai bisognosi: circa mille pezzi al mese di rosticceria e 1.200 di pasticceria. Il lunedì e giovedì, dona all'associazione "Angeli della strada" i dolci secchi imbustati."Una volta, a tavola - spiega - si diceva ai bambini: mangia tutto, c'è chi muore di fame. Noi abbiamo conservato intatti quei valori".
(Antonio Di Costanzo)

Bari - La catena di generosità che alimenta ogni sera la mensa alla stazione
Dai 22 colli di lasagne in scadenza donati dalla catena di supermercati Megamark ai cinque quintali di frutta e verdura invenduta al mercato di via Napoli, fino al cibo avanzato nei grandi alberghi della città. Ma anche il pane, le focacce e i dolcetti di Eataly e dei panifici del centro, per non parlare del cibo cucinato dalle famiglie baresi. Così l'associazione "Incontra" distribuisce ogni sera 100-150 pasti caldi davanti alla stazione, senza raccolte fondi né finanziamenti pubblici.
(Antonello Cassano)
 
Palermo - La staffetta quotidiana che aiuta a mangiare chi ha un reddito basso
Una staffetta quotidiana per portare l'invenduto di bar e ristoranti a chi non arriva a fine del mese. È "Addio spreco", il progetto palermitano che ogni giorno assicura il cibo a oltre 50 famiglie."L'idea - dice Nino Rocca, fra i promotori - è quella di creare un circolo virtuoso". Chi vuole beneficiare del servizio deve presentare l'Isee. Ogni giorno,
i volontari di "Addio spreco" fanno il giro di bar e ristoranti e poi, in base a una tabella di marcia ben precisa, distribuiscono casa per casa quello che hanno raccolto.
(Claudia Brunetto)


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