La quantità di cibo che si butta via è tutto sommato contenuta, ma si può ridurre
ulteriormente. Sono queste in estrema sintesi le
conclusioni di uno studio francese sugli sprechi da parte dei
supermercati, realizzato dal Centro di ricerca e informazione delle
organizzazioni dei consumatori del Belgio (Crioc). Si tratta di un’analisi
qualitativa più che quantitativa, basata su una serie di interviste realizzate
con i rappresentanti di 7 catene di supermercati situati nella regione di
Bruxelles. Obiettivo: capire come si regola la grande distribuzione con i prodotti
alimentari che, per varie ragioni (dalla prossimità alla data di scadenza a
qualche difetto di confezionamento), non possono più esposti sugli scaffali.
Dalle risposte emerge una grande variabilità sul livello di sprechi delle catene: se alcuni
affermano di non perdere praticamente nulla, per altri c’è ancora margine di
miglioramento. Certo non è un dato quantitativo ma si tratta di un’indicazione
generale, che sembra tuttavia in accordo con lo Studio preparatorio europeo 2010 sullo spreco alimentare, secondo cui i
supermercati sarebbero responsabili soltanto del 5% di tutte le perdite. Del
resto è logico che sia così. Per i supermercati gli sprechi sono costi e c’è
tutto l’interesse a contenerli. Il primo passo è fare in modo che le derrate
disponibili siano commisurate alla domanda dei clienti. Per ottenere questo
risultato, la grande distribuzione si affida a sistemi logistici in grado di
fare previsioni accurate sulle vendite e di gestire al meglio gli stock del
magazzino. Non sempre queste procedure funzionano in modo ottimale, non
riuscendo a valutare la riduzione dei clienti presenti a causa di condizioni
climatiche particolari. Insomma, basta poco perché un punto vendita si ritrovi
con un eccesso di prodotti freschi (pane, latte o altro) invenduti. I risultati
dell’indagine pongono l’accento anche sull’abitudine molto diffusa di proporre
ai clienti una discreta varietà di pane fresco alla sera che però rischia di
restare invenduto…
continua
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