Tutto è cominciato con l'idea di riportare in vita le scarpe Mecap, vero e proprio mito di chi è cresciuto negli anni '80 con quelle "simil Adidas" a buon prezzo ai piedi. Le vie del riscatto e della rinascita sono davvero infinite. Soprattutto quando uno ha qualche idea chiara in testa. E' il caso di Fabio Manfredi e Massimo Pellegrinotti. Il primo è un impiegato che ha già assaporato i dolori della cassa integrazione diverse volte. Il secondo è un giovane grafico. Il lavoro c'è, ma la crisi morde.
Così i due decidono di impegnarsi in qualcosa di totalmente nuovo. Quella "madeleine" chiamata Macap li trascina in un proustiano viaggio alla ricerca del tempo peduto, nei suggestivi paesaggi marchigiani. In una terra famosa in tutto il mondo per essere uno dei distretti dell'eccellenza italiana. Qui si producono scarpe per tutti i più grandi marchi del calzaturiero. Il modello è quello del contoterzismo, ovvero quella struttura di piccole e piccolissime imprese - spesso cooperative - specializzate nella produzione di assemblati e del "ciascuna per sé". Legate a doppio filo alle grandi industrie che ci mettono il marchio. Un modello iperflessibile che caratterizza molta dell'economia italiana, e all'ombra della quale da sempre prolificano veri e proprio "attentati" ai diritti dei lavoratori, laddove - in anticipo di almeno due decenni sui tempi - il confine tra piccolo imprenditore e dipendente è sempre stato molto precario...