Ostacolare ogni tipo di cooperazione internazionale in nome di una logica di scontro tra blocchi, tipica di una mentalità da Guerra Fredda: è questa, in sostanza, la sintesi dell’ultima mossa effettuata degli Stati Uniti. Una mossa che coincide con un chiaro tentativo di escludere la Cina da un dossier di rilevanza globale, come quello relativo ai cavi sottomarini. Nello specifico, a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, gli Usa hanno redatto un documento, il New York Joint Statement, che intendono firmare con i loro alleati europei.
L’obiettivo di questa proposta? Ufficialmente, “promuovere componenti e servizi
via cavo affidabili e fidati” e “incoraggiare i fornitori di servizi di rete
via cavo sottomarini e i fornitori di operazioni e manutenzione ad avere
proprietà, partnership e strutture di governance aziendale trasparenti”.
In sostanza, invece, gli Stati Uniti mirano chiaramente a ben altro: ad
escludere le aziende cinesi dalla catena globale di fornitura dei suddetti
cavi. Gli stessi, per intenderci, che formano una ragnatela che si diffonde
nelle profondità degli oceani, che alimentano il traffico Internet
internazionale e che, soprattutto, rappresentano la base delle infrastrutture
digitali dalle quali dipende lo sviluppo economico dei Paesi. I cavi
sottomarini, insomma, sono una sorta di spina dorsale di Internet; veicolano
dati nell’intero globo, si collegano alle reti che alimentano le torri
cellulari e le connessioni Wi-Fi e, aspetto da non sottovalutare, collegano tra
loro più nazioni in nome di collaborazioni transfrontaliere. Ebbene, gli Stati
Uniti intendono compromettere tutto questo. O, meglio ancora, hanno intenzione
di creare un sistema ad uso e consumo di una sola parte del mondo - l’Occidente
e i suoi partner – per danneggiare la Cina. Washington è insomma disposta a
compromettere l’equilibrio sui cavi sottomarini, che ha fin qui consentito alle
nazioni di crescere e cooperare, grazie ad un uso sempre più efficiente della
rete, pur di contenere, in maniera sconsiderata, lo sviluppo della
RPC.
C’è un dato che aiuta a capire quanto ipocrita sia il documento
statunitense. Circa il 99% dei dati internazionali passa infatti attraverso la
Cina, che non è mai stata coinvolta né ha mai sabotato alcuna rete
internazionale di cavi sottomarini. Lo stesso non può essere detto per gli Usa,
che già nel 1898 inviavano i loro marinai a tagliare gli allora cavi
telegrafici sottomarini tra Spagna, Filippine e Cuba. E tutto per assicurarsi
la vittoria nella guerra combattuta in quel periodo contro la potenza spagnola.
Per la cronaca, 51 delle 112 medaglie d’onore assegnate dal Congresso Usa nel
corso della guerra ispano-americana sono andate a chi aveva tagliato i cavi. In
tempi più recenti, invece, Washington ha affinato l’arte di rubare i dati da
queste infrastrutture strategiche. I sottomarini a propulsione nucleare classe
Seawolf, per esempio - progettati nel 1983 e impiegati per la prima volta nel
1997 – sono in grado di intercettare i preziosi dati transitati nei cavi. Non
solo: un altro sottomarino, l'USS Jimmy Carter, può fluttuare sopra questi
stessi cavi in fibra ottica e tagliarli fisicamente, intercettando i vasti
flussi di dati.
Arriviamo quindi al presente. Oggi gli Stati Uniti vogliono impedire alle
imprese cinesi, con un’azione egemonica, di avere un ruolo chiave nella
fornitura dei cavi sottomarini per la tutela di una fantomatica sicurezza
nazionale. Nel far questo, tra l’altro, gli Usa intendono privare altri Paesi
del diritto di sviluppare la loro industria dei cavi sottomarini e di scegliere
autonomamente i propri fornitori. Da un lato abbiamo quindi un attore, quello
cinese, che agisce con responsabilità e a tutela della comunità umana;
dall’altro ne troviamo invece un altro, quello statunitense, che continua ad
applicare la logica della guerra tra blocchi in ogni ambito. La scusa della
"sicurezza nazionale" è ormai diventato un virus che troppo spesso
tiene sotto scacco le relazioni internazionali, mettendo a repentaglio le
regole globali, con conseguenti ripercussioni sull'economia mondiale. A rimetterci,
se la strategia degli Stati Uniti dovesse concretizzarsi, saranno i Paesi più
deboli, che la Cina, invece, intende proteggere, garantendo loro – così come al
resto del pianeta – la possibilità di svilupparsi e crescere all’interno di una
cooperazione win-win.
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