Oltre 150.000 tonnellate di rifiuti sono ammassate nel
bel mezzo della città di Gaza. Questo è uno degli obiettivi del Genocidio di
Israele: trasformare Gaza, una città un tempo orgogliosa, in una città che
annega nei suoi stessi rifiuti.
Come responsabile
della gestione della salute e dell’ambiente presso il comune di Gaza, sono
responsabile del trattamento e dello smaltimento di tutti i tipi di rifiuti,
compresi quelli domestici, medici, industriali, agricoli e marini. Con una
popolazione che supera le 800.000 persone, la nostra città genera oltre 700
tonnellate di rifiuti al giorno. Prima che il Genocidio israeliano iniziasse il
7 ottobre, quasi un anno fa, gestire questo volume di rifiuti in una città
sotto assedio era già una sfida. L’Occupazione Israeliana ci ha
sistematicamente impedito di importare o costruire le attrezzature necessarie
per svolgere il nostro lavoro, compresi camion della spazzatura o impianti di
trattamento dei rifiuti, per quasi due decenni. Dopo l’inizio del Genocidio,
l’Occupazione Israeliana ha lanciato una guerra contro tutti i nostri impianti
igienico-sanitari e sistemi di gestione dei rifiuti, con l’obiettivo di creare
una crisi ambientale e sanitaria a Gaza.
Nel corso degli anni,
ho vissuto diversi attacchi israeliani a Gaza, nel 2008, 2012, 2014 e 2021.
Ogni volta, ci siamo adattati e abbiamo continuato a fornire i nostri servizi
essenziali. Ma questa guerra è diversa da qualsiasi cosa abbiamo mai visto. Non
è solo un altro assalto, ma un Genocidio che mira a togliere alla nostra città
la capacità di funzionare. Ogni giorno sembra un’ardua corsa contro il tempo
per mantenere i servizi essenziali per una città che viene sistematicamente
cancellata.
L’Occupazione ha preso
di mira le nostre squadre nella Gaza orientale, dove si trova la nostra
discarica, rendendo impossibile trasportare i rifiuti lì e costringendoci ad
accatastarli nel mezzo della città, creando condizioni pericolose per i
residenti di Gaza.
Fin dall’inizio della
guerra, mi sono preoccupato costantemente per la sicurezza della mia famiglia.
Quando l’esercito israeliano ha ordinato le evacuazioni, ho portato la mia
famiglia a Khan Younis nel Sud come ordinato. L’immagine della supplica in
lacrime di mia madre di restare con loro quando ho deciso di tornare a Nord mi
perseguiterà per sempre. Eppure, mi sono sentito obbligato a tornare a Gaza per
continuare il mio lavoro per coloro che erano ancora lì.
Mentre tornavo
indietro da solo, ho superato un veicolo colpito da un attacco aereo. Ho visto
corpi sparsi sulla strada e macerie ovunque. Ho proseguito nonostante la mia
paura.
Al mio ritorno a Gaza,
ero solo. Abbiamo lottato per salvare ciò che rimaneva del sistema di gestione
dei rifiuti e per mantenere operativi i servizi di base per coloro che erano
rimasti. In mezzo a queste condizioni terribili, ho perso più di 8 chili in un
mese. Mia madre quasi non mi ha riconosciuto quando abbiamo parlato insieme in
una videochiamata.
Gestione dei rifiuti
solidi durante un Genocidio
Prima del Genocidio,
il blocco ci aveva già impedito di importare attrezzature adeguate come
compattatori o inceneritori. Il nostro intero sistema era già fragile a causa
dell’assedio durato 17 anni.
La gestione dei
rifiuti dovrebbe avvenire in tre fasi: raccolta, trasporto e smaltimento. Il
blocco ci ha costretti a ricorrere a soluzioni improvvisate, come l’utilizzo di
300 carri trainati da animali, che per anni hanno mantenuto la città
funzionante fino all’inizio del Genocidio.
Il primo giorno del
Genocidio, le forze israeliane hanno preso di mira i nostri lavoratori nella
discarica, ferendone molti e distruggendo attrezzature per un valore di 1,5
milioni di dollari (1.343.100 euro). Non avevamo altra scelta che scaricare i
rifiuti nel centro della città in luoghi improvvisati come il mercato di
Yarmouk e gli spazi aperti del mercato di al-Feras. Queste aree, un tempo
vissute, sono ora invase da spazzatura in decomposizione, che rappresenta un
grave rischio per la salute dei pochi residenti rimasti.
Gestire oltre 500
lavoratori è diventato quasi impossibile. Metà della mia squadra vive nel Nord
di Gaza, dove ha continuato a usare i carri nei primi giorni della guerra. Con
l’intensificarsi dei combattimenti, anche questo metodo non era più sicuro. La
parte settentrionale di Gaza ha subito pesanti bombardamenti e molti lavoratori
sono stati sfollati, riparandosi nei rifugi delle scuole.
I loro carri erano
parcheggiati nei cortili vicini, ma sono stati distrutti dagli attacchi aerei.
Molti lavoratori hanno perso i loro mezzi di sostentamento e di sopravvivenza.
In un attacco, abbiamo perso oltre 40 dipendenti che si erano rifugiati nel
nostro garage principale. Otto missili hanno distrutto oltre 120 veicoli
utilizzati per la raccolta dei rifiuti, la gestione delle acque reflue e la
distribuzione dell’acqua. Metà della mia squadra è rimasta ferita, alcuni non
potranno mai più tornare al lavoro.
Una città che affoga
nei suoi stessi rifiuti
Con oltre 150.000
tonnellate di rifiuti che si accumulano nella città di Gaza, le conseguenze
ambientali e sanitarie sono disastrose. Con l’avvicinarsi dell’inverno, questi
cumuli di rifiuti ostruiranno i sistemi di drenaggio, causando potenziali
inondazioni in una città già devastata. Molti residenti sfollati che vivono in
rifugi di fortuna dovranno affrontare l’ulteriore orrore delle inondazioni.
L’aria è densa del tanfo di spazzatura bruciata mentre i residenti disperati
cercano di gestire i rifiuti dandogli fuoco. I fumi tossici stanno peggiorando
la situazione, causando un aumento delle malattie respiratorie. Il Ministero
della Sanità di Gaza ha segnalato oltre 250.000 casi di malattie della pelle
dovute all’esposizione ai rifiuti. Con rifiuti medici e pericolosi che si
accumulano insieme ai rifiuti domestici, siamo sull’orlo di una catastrofica
crisi sanitaria.
Il nostro sistema di
gestione dei rifiuti, un tempo fragile ma funzionale, è ora in rovina. Oltre
150.000 tonnellate di rifiuti stanno avvelenando la città e la stagione delle
piogge non farà che aggravare la situazione. Abbiamo urgente bisogno di
assistenza. Le infrastrutture di Gaza stanno crollando e la sua gente è
sopraffatta dal peso del Genocidio. Non possiamo sopportare ancora a lungo. Il
mondo deve agire prima che Gaza diventi inabitabile e che la sua gente non
abbia altro che i ricordi di una città un tempo orgogliosa, ora sepolta sotto i
suoi stessi rifiuti.
Ahmed Abu Abdu è un
esperto in gestione di rifiuti solidi e questioni ambientali che attualmente
affronta le complessità delle crisi umanitarie e l’impatto del cambiamento
climatico. Con oltre un decennio di esperienza e un passato nella gestione dei
rifiuti pericolosi in Giappone, si dedica ad affrontare le sfide multiformi che
le comunità in zone di conflitto come Gaza devono affrontare.
Traduzione di
Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org
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