C’era una volta in America. Da Meana a New York l’avventurosa vita di John Masala - Maurizio Pretta
Una storia inedita e sconosciuta, quella di Giovanni
Vacca Masala. Una storia di libertà, avventura e sogni infranti, che dal
piccolo centro di Meana Sardo lo ha portato fino a New York e poi tra le fila
del Battaglione Lincoln, brigata internazionale e interrazziale impegnata
contro i falangio-fascisti durante la guerra civile spagnola. Oggi Giovanni,
“John”, riposa in un cimitero a Cambridge.
Giovanni Vacca nasce
a Meana Sardo, Barbagia di Belvì, nel 1906. Primogenito di una
numerosa famiglia di imprenditori, che grazie all’assiduo lavoro e alla
scaltrezza del capofamiglia si è guadagnata una notevole posizione sociale, ha
la possibilità di essere avviato agli studi che terminano a Genova nella
sessione estiva del 1923, quando consegue la licenza di Capitano di Lungo corso presso il Regio
istituto nautico. Sono gli anni dell’avanzata del Fascismo e le leggi del
1925/26 stanno traghettando il paese verso la dittatura. Giovanni, spirito
inquieto, avventuroso, ribelle e sognatore ma tutt’altro che privo di senso
pratico e ambizione, sente che per quelli come lui non c’è più posto e con
regolare passaporto nel 1927 emigra raggiungendo prima la Francia e poi a bordo
di un mercantile partito da Le Havre gli Stati Uniti d’America, dove sbarcherà
a New York in seguito a un tumultuoso viaggio al quale sopravvivrà per
miracolo.
All’arrivo nella Grande Mela, dove può contare
sull’aiuto di alcuni compaesani e altri emigrati di Atzara e Ovodda, Giovanni
trova la comunità italo-americana turbata dall’esecuzione di Sacco e Vanzetti e impregnata di una
pesante aria da guerra civile fra i fascisti e la variegata galassia di
oppositori, dove spicca la compagine libertaria che orbita attorno al giornale L’Adunata dei Refrattari diretta da Costantino Zonchello di Borore e dove scrive
anche un certo Michele Schirru da Padria. La New York di fine anni venti è una città
cosmopolita, inquieta e corrotta, slanciata in un perpetuo moto che corre verso
il cielo a suon di grattaceli, immortalata magistralmente dagli scatti di
Benerice Abbot. Una città che tuttavia assiste al tramonto dei ruggenti anni
dell’età del jazz di fitzgeraldiana memoria
con una società diventata “troppo moralista per tollerare le debolezze umane”,
ma rimasta abbastanza libera da mal sopportare le ferree regole del proibizionismo,
che con il Volstead Act ha imposto a tutti gli americani di diventare di colpo
astemi e sta spianando la strada al sindacato del crimine di Lucky Luciano e Al
Capone. Ma soprattutto New York è la città che col crollo di Wall Street del 1929
darà il via alla Grande Depressione, una crisi economica e sociale
senza precedenti, che sarà causa di una gigantesca disoccupazione dove le
conseguenti manifestazioni sindacali e gli scioperi saranno repressi con
brutale violenza dalla polizia.
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