lunedì 13 aprile 2020

Coronavirus, riscoprire il cibo del territorio e l’autoproduzione - Murat Cinar

(se dopo la pandemia da coronavirus avremo imparato a nutrirci cercando e conoscendo chi produce il cibo, vicino a casa nostra, diremo grazie al virus)


Il periodo straordinario che stiamo attraversando ridisegna le nostre relazioni umane ma non solo. Secondo la società di consulenza strategica Kearney, in questo momento, sta crescendo con un tasso senza precedenti una supply chain più resiliente, più locale di prima. L’azienda statunitense prevede una notevole crescita anche sull’attenzione dei cittadini in merito all’healthy food e Km. 
In Italia i produttori locali non solo garantiscono la continuità di produzione e fornitura ma aumentano anche le vendite. Una filiera veramente corta, con tutti i prodotti non sembra che sia un’utopia.
In quest’ottica ho deciso di raccontare due storie interessanti. La prima è quella di un sistema professionale che unisce i produttori locali con gli acquirenti.
Ivana Sanfilippo, una delle due responsabili dell’Alveare a Torino, sezione Barriera di Milano, racconta così la sua esperienza: “Siamo nate 3 anni fa. In questo momento storico le nostre vendite sono cresciute più del doppio. Ovviamente questo aumento ha un effetto positivo anche per i nostri fornitori che sono sempre in crescita“. Ivana specifica che questo periodo storico, oltre dare un valore ai produttori locali, ricorda anche alle persone che è importante imparare a mangiare bene. “L’Alveare Che Dice di Sì” è un sistema di acquisto collettivo che fa da ponte tra una serie di produttori regionali (piccoli o grandi) e gli acquirenti, con dei presidi locali di distribuzione. L’acquisto si fa online, comodamente da casa consultando la lista dei prodotti in vendita settimanalmente.
Dall’altra parte, oltre ai sistemi alternativi di vendita e acquisto, in questo periodo forse è importante concentrarsi anche su un aspetto che potrebbe ridimensionare le nostre abitudini di produzione, ossia quello dell’autoproduzione. Per approfondire questo tema ho deciso di sentire Alessandro e Barbara della “Permaculture Training“. La loro è un’esperienza di vita molto interessante e giovane che si riassume con questo slogan: “Progettare Ambienti Umani Sostenibili“.
Nel mio caso tutto ebbe inizio circa 20 anni fa con un piccolo gioco. Ho voluto fare a casa, da solo, una serie di cose che compravo fuori. Man mano ho iniziato a produrre un sacco di cose essenziali da solo e sono diventato un formatore in questo campo. Quindi la mia curiosità iniziale è diventata la mia vita e la mia professione“. Ho conosciuto Alessandro forse circa 15 anni fa, quando era all’inizio della sua nuova vita. Per un lungo periodo mi ha fornito i detersivi, le creme ma anche i biscotti che produceva proprio lui. Inoltre, Alessandro, ha gestito diversi orti urbani e ha fornito consulenza per varie persone che erano all’inizio di queste esperienze. Il percorso di Barbara invece è più fresco, è una storia di trasloco da un appartamento in città in una cascina, un anno fa.
Entrambe vivono nel centro storico di Rivalta di Torino, in una vecchia cascina del 700 con un grande terreno. In poco tempo hanno creato due orti ed una serra riscaldata con i pannelli solari prodotti da loro. Nel loro lavoro agricolo rispettano i principi della permacultura e continuano a realizzare una serie di prodotti alimentari a casa. Raccontano la loro vita quotidiana utilizzando gli account Instagram e Facebook..

Penso che questa pandemia abbia scatenato una serie di paure che abbiamo dentro di noi. E’ una cosa naturale ma è anche un’occasione per avviare un nuovo e diverso modello in cui si deve imparare ad allenarsi per crescere e così diventare più forti e consapevoli” descrive con queste parole Alessandro ciò che sta cercando di dirci questo virus.
Barbara attira l’attenzione su come dobbiamo iniziare a ridimensionare le nostre relazioni umane e quelle con ciò che mangiamo: “Bisognerebbe capire che è importante investire sulle relazioni che riguardano una nuova cultura di produzione. Dobbiamo metterci in contatto con la vita tramite anche un semplice vaso di basilico o pomodorino che abbiamo sul balcone“.
Un piccolo esempio, un concreto consiglio invece arriva da Alessandro: “In questi giorni abbiamo visto che parecchie persone hanno deciso di fare il pane a casa. E’ una cosa molto bella tuttavia abbiamo scoperto in pochi giorni che il lievito è diventato una cosa introvabile nei supermercati. In realtà si tratta di un prodotto molto facilmente producibile a casa con un po’ di farina, acqua e miele magari aggiungendo un po’ di birra e qualche fettina di mele si ottiene quel famoso “lievito madre“. La stessa cosa vale anche con il formaggio che è un prodotto facilmente realizzabile a casa“. In poche parole, secondo Alessandro e Barbara, questo è il momento ideale per riappropriarsi delle capacità di fare qualcosa che ci rende più forti di fronte ad una serie di episodi che aumenterebbero la nostra paura.
Quelle lunghe code davanti ai supermercati formate pochi minuti dopo la comunicazione delle misure straordinarie non si cancelleranno facilmente dalle nostre menti. Tuttavia queste scene ci fanno capire che la principale preoccupazione della massa è quella di poter restare priva dai prodotti di forte necessità, in cima della lista si trovano quelli alimentari. Oggi parliamo degli anticorpi che potremmo avere dentro di noi per proteggerci dal coronavirus ma forse è il momento di pensare anche a quegli anticorpi che possiamo sviluppare collettivamente contro la cultura agricola e alimentare non sostenibile che domina la nostra vita; dal monopolio sui semi al viaggio lungo e inquinante dei prodotti che provengono dall’altra parte del mondo. Facendo così possiamo valorizzare di più la nostra produzione locale per creare una cultura economica sostenibile e migliorare la nostra relazione con ciò che mangiamo.



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