domenica 18 febbraio 2018

Siamo tutti stranieri residenti - Lorenzo Guadagnucci


La cosiddetta emergenza migratoria sta facendo colare a picco le democrazie europee, che stanno rinnegando i propri valori fondamentali, ossia la dottrina dei diritti umani e il principio di uguaglianza, per l’obiettivo dichiarato di proteggere i propri cittadini, tutto sommato benestanti, da una presunta minaccia – fisica, economica, di valori – in arrivo dall’esterno.
Il potenziale immigrato è il nuovo barbaro e viene sistematicamente destituito della propria dignità di persona. Si agita lo spauracchio della sicurezza esasperando diffidenze istintive e poco ragionate col progetto di istituire il “governo della paura”:  è questo il nuovo carburante dell’azione politica, miserabile sostituto delle correnti culturali e ideologiche di un tempo. È un progetto rovinoso e contraddittorio, se pensiamo che un’Europa senza gli immigrati presenti e futuri andrebbe incontro a un inesorabile tracollo demografico e quindi economico, oltre che culturale.
È un ragionamento, quello appena esposto, escluso dal ragionamento politico corrente: viene di solito bollato come ideologico, oppure buonista, o magari ingenuo; la tesi corrente è che siamo di fronte a un’invasione epocale, che occorre “governare” i flussi e che l’obiettivo dev’essere la limitazione degli ingressi e il rafforzamento delle frontiere, costi quel che costi (c’è anche ci si produce in acrobatici cortocircuiti sostenendo che proprio il blocco delle migrazioni salvaguarda le democrazie, che altrimenti finirebbero sgretolate dal rancore sociale e dall’odio razziale…).
Donatella Di Cesare, in un bellissimo intervento su Radio 3, ha sviluppato su questo tema una visione filosofico-politica molto originale, nella quale mette a fuoco le origini dell’attuale guerra che lo stato nazionale sta conducendo contro i migranti, in nome di un’idea di cittadinanza che postula un sorta di diritto di proprietà sul territorio spettante ai nativi. Per difendere questa equivoca idea di cittadinanza lo stato è disposto a sacrificare i diritti umani, abiurando così i propri valori fondamentali.
Eppure le migrazioni non sono certo una novità nella storia dell’umanità e della stessa società occidentale: il punto è allora tutto politico. Donatella Di Cesare afferma che la globalizzazione ha portato in primo piano il cuore di un diverso concetto di cittadinanza, nel quale non esiste una relazione di proprietà fra nativi e territorio: siamo invece tutti “stranieri residenti”, a vario titolo ospiti del luogo nel quale si vive e si opera, senza alcun diritto proprietario. Questa visione è oggi negata da chi ha interesse a mantenere lo status quo, costi quel che costi, anche una guerra ai migranti e ai diritti umani, una guerra che sta mettendo a repentaglio la stessa possibilità di una convivenza democratica su basi di uguaglianza.
Perciò Di Cesare conclude sostenendo che il diritto di migrare è la prospettiva dei nostri tempi e del nostro futuro, in una battaglia culturale e politica simile– dice – a quella combattuta contro la schiavitù.

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