sabato 8 giugno 2013

finalmente ci capiremo

Che gli animali abbiano molti modi di comunicare tra loro è risaputo. Lo fanno con gli atteggiamenti, con l'olfatto, con il suono, con segnali acustici oppure visivi. Sia che vivano da soli, sia in gruppi organizzati, si scambiano informazioni, necessarie per la loro stessa sopravvivenza, che vanno dalla difesa del territorio a quella dai predatori, dalla ricerca di un compagno per la riproduzione all'allevamento dei piccoli. L'uomo ha studiato il linguaggio animale, chi ha un cane o un gatto prova a "parlare" con loro, qualche studioso ci riesce. E c'è anche chi costruisce speciali apparecchi per comunicare con gli animali domestici.
Uno di questi è Con Slobodchikoff, professore emerito di scienze biologiche alla Northern Arizona University, che per trent'anni ha dedicato la sua vita al linguaggio animale tanto da fondare (nel 1993) la "Animal Communications", una società  -  di cui è presidente e amministratore delegato  -  che si occupa solo di questo. Specializzato nello studio di cani e gatti (ha insegnato all'università corsi di "dog training") negli ultimi tempi ha focalizzato i suoi studi su un animale in particolare: il "prairie dog", che a dispetto del nome non è un cane delle praterie ma un roditore (una specie di marmotta) molto diffuso tra Stati Uniti, Canada e Messico.
"Tra loro usano il più sofisticato linguaggio animale mai codificato", ha raccontato il professor Slobodchikoff al magazine
 
The Atlantic, "hanno fonemi simili alle parole, li combinano tra loro, usano quello che potremmo definire un chiacchiericcio sociale". Grazie a tutto ciò i cani della prateria riescono a distinguere i diversi predatori che arrivano nelle vicinanze delle loro tane (coyote, cani o anche esseri umani) e sembrano aver sviluppato degli "allarmi" con cui riescono a definire non solo la specie del predatore, ma anche la grandezza e il colore. Che Slobodchikoff ha dimostrato (c'è anche un video) grazie alla tecnologia moderna e all'uso di elaborate analisi statistiche…

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