domenica 27 maggio 2012

Rosa López Díaz racconta

A 5 anni preparavo tortillas per tutta la famiglia, andavo al mulino di Nixtamal dove si tritano i chicchi di mais, bollivo i fagioli, pulivo la casa, lavavo i vestiti. Ero la più grande e accudivo i miei fratellini perchè mia madre vendeva tortillas al mercato e mio padre coltivava il campo. A 14 anni ho cominciato a lavorare in una casa come serva dove facevo i lavori domestici per 100 pesos al mese (6 euro, ndr) e in questo periodo conobbi Rafael che sposai dopo pochi mesi con il consenso dei miei genitori. Un matrimonio infelice, perché presto le botte e maltrattamenti diventarono all’ordine del giorno. Rimasta incinta a 17 anni, partorii 5 figli, uno dietro l’altro, sempre sotto la minaccia delle botte, e sopportai i tradimenti di mio marito, solo perché i nostri costumi e le nostre tradizioni ci dicono di sopportare l'uomo e tutte le umiliazioni fino a che uno dei due muore. "Poi venne il giorno in cui lui se ne andò con un’altra donna, lasciandomi sola con 5 figli da crescere, e dentro di me ringraziai dio ma non dissi nulla. Durante la giornata facevo la domestica per 800 pesos al mese (50 euro, ndr), e di notte gli orli alle camicie per dar da mangiare ai figli. Poi arrivò Alfredo che vendeva vestiti al mercato. Ci siamo sposati dopo un po’ che ci frequentavamo ed ero davvero felice prima di cadere in questo incubo. Io e Alfredo nel 2007 siamo stati accusati di un sequestro che non abbiamo fatto e condannati per un reato che non abbiamo commesso. Il fatto è che il cugino di Alfredo, il giovane Juan Collazo Jimenez, e la figlia dello zio del mio ex marito, Claudia Estefani, si sono innamorati e sono scappati insieme senza il consenso dei genitori malgrado lei fosse minorenne, e per questa loro decisione io e mio marito siamo stati condannati a 27 anni e 6 mesi di carcere. Il padre della ragazza ci ha denunciati sapendo di mentire e alcune voci dicono che c’è stata anche una mazzetta di 40.000 pesos che è servita a farci arrestare senza troppe indagini, tant’è che per farci firmare una confessione in bianco ci hanno torturati. "Quando ci hanno presi io ero incinta di 4 mesi ed ero con mio marito nel centro della città di San Cristobal seduti sulle panchine della piazza. Mentre mangiavamo cocco all'improvviso qualcuno ci ha gridato di sdraiarci a terra ma noi non pensavamo che fosse diretto a noi. Così i poliziotti ci colpirono alle spalle, noi cademmo a terra e cominciarono a perquisirci come fossimo delinquenti. Mio marito chiese la ragione di quell’azione e se avessero un mandato per fare quello che facevano, e uno di loro gli puntò la pistola alla tempia per farlo stare zitto. Ci alzarono e ci coprirono la faccia portandoci via su una camionetta. All'arrivo fecero scendere prima mio marito e poi mi portarono in un altro posto. Qui cominciarono a domandarmi: Dove la tenete sequestrata? Io non sapevo di chi stessero parlando e continuavo a rispondere: chi? Chi cercate? Poi, a un certo punto, cominciarono a darmi cazzotti...
hcontinua qui

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