“#oradellatte è una campagna ingannevole”. Tuona così la
LAV contro la campagna lanciata il 26 maggio dal Ministero delle Politiche
Agricole Alimentari e Forestali (Mipaaf) per promuovere il consumo di latte
fresco, per la produzione della filiera e la riduzione degli sprechi. La
campagna La campagna rientra nella strategia che il Mipaaf ha messo a punto per
il sostegno del settore caseario italiano anche in collaborazione con
organizzazioni agricole, cooperative, industria e grande distribuzione
organizzata. Fanno e faranno parte della campagna spot e locandine
con testimonial Carlo Cracco, Cristina Parodi, Demetrio Albertini e
Giorgio Calabrese, nonché un sito apposito con informazioni e quiz. Di seguito
le parole del ministro, Maurizio Martina: “Scegliere la qualità del latte
fresco per i consumatori di ogni età vuol dire saper riconoscere e
apprezzare tutto ciò che c’è dietro: l’impegno di chi lavora nella filiera, ma
anche le sue proprietà nutritive. Per questo abbiamo voluto fortemente una
campagna istituzionale per rilanciare i consumi di questo prodotto che fa parte
della nostra tradizione alimentare. I consumatori potranno così aiutare sempre
di più gli allevatori italiani ad uscire da una crisi strutturale, che vede
tante aziende in sofferenza. Bere latte fresco, oggi, assume un significato
ancora più importante”. Il piano del Ministero prevede 120 milioni di euro di
investimenti: 32 milioni per l’aumento della compensazione Iva al 10% per
il latte venduto alla stalla, altri 25 per il sostegno diretto agli allevatori,
10 per l’acquisto di latte crudo da trasformare in Uht (Ultra High Temperature,
per conservarsi cioè più a lungo) e da destinare agli indigenti. La contromossa
della LAV Il presidente LAV Gianluca Felicetti chiede senza mezze misure
l’intervento dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, poiché
sulle pagine del sito il latte viene definito un alimento “fondamentale in
tutte le fasi della vita degli individui” e “indispensabile per il nostro
organismo nella fase dello sviluppo e nell’età adulta”. “Il termine
indispensabile è stato già censurato come ingannevole negli anni scorsi
dall’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria su nostra istanza contro Mellin e
Consorzi di produttori di carni che intendevano accreditare il messaggio che è
impossibile vivere senza alimentarsi con proteine animali, e questo è
contraddetto dalla vita di milioni di vegani e di intolleranti al lattosio in
tutto il mondo e in tutte le epoche. Siamo l’unica specie di mammiferi che
prende il latte alle altre specie animali, sottraendolo ai loro piccoli fatti
nascere a forza. Siamo scandalizzati che il Ministero delle Politiche Agricole
bruci ben 120 milioni di euro di aiuti per un sistema zootecnico dopato dai
contributi pubblici, incapace di reggersi solo sulle proprie gambe. E’ incredibile
infine che ai numerosi tipi di latte vegetale sia applicata addirittura l’IVA
al 22% come bene di lusso, contro quella al 4% del latte di origine animale:
una discriminazione nei confronti degli agricoltori e una vessazione per una
sempre più consistente parte dei consumatori”. Felicetti cita numeri
inconfutabili: il 90% dei cittadini asiatici negli Stati Uniti, il 70% di
quelli di origine africana e dei nativi americani e il 50% degli ispanici sono
intolleranti al lattosio. Come può quindi essere definito fondamentale un
alimento che larghe fette della popolazione mondiale non consumano? Il latte di
origine animale è una delle tante fonti possibili di calcio, non l’unica né la
più eticamente corretta: esistono eccellenti fonti vegetali.
lunedì 27 giugno 2016
sabato 25 giugno 2016
Buenos Aires chiude lo zoo: “Situazione degradante” - Laura Di Cintio
Dopo ben 140 anni di attività, lo zoo di Buenos Aires sta per
chiudere i battenti. Ad annunciarlo è stato il sindaco della città argentina,
Horacio Rodríguez Larreta, lo scorso giovedì durante una cerimonia ufficiale:
“Questa situazione di cattività è degradante per gli animali, non è il modo per
prendersi cura di loro”. La struttura, che dal 1888 è proprietà della città e
ospita più di 2500 esemplari di animali esotici allevati in cattività, è
situata nel famoso quartiere Palermo e si sviluppa su oltre 18 ettari di
terreno. Questi, entro la fine dell’anno, saranno adibiti alla realizzazione di
un moderno bioparco dove gli animali non vivranno più in gabbie o recinti, ma
piuttosto in grandi spazi aperti molto simili al loro habitat naturale,
recintati con barriere fisiche spesso nemmeno percepibili dagli animali e dal
pubblico. Il nuovo bioparco sarà “un luogo dove i bambini potranno imparare a
prendersi cura di e a relazionarsi con le diverse specie animali – ha
detto il sindaco – alle quali dobbiamo dare il massimo valore possibile. E il
modo in cui vivono qui non è certamente il modo per farlo”.
Lo zoo ha rappresentato finora una delle principali
attrazioni di Buenos Aires, ma è stato anche oggetto di numerose critiche negli
ultimi anni, dovute soprattutto alla condizione in cui erano detenuti alcuni
orsi polari: l’ultimo di loro, Winner, è morto tre anni e mezzo fa a causa delle
temperature troppo elevate che era stato costretto a sopportare a
lungo. “La cosa più importante è rompere con lo schema della prigionia e
dell’esibizione” ha dichiarato alla stampa Gerardo Biglia, attivista di lunga
data per la chiusura del giardino zoologico di questa città. Molti degli
animali ad oggi rinchiusi nello zoo saranno liberati nella Reserva Ecològica,
una vasta riserva ecologica nel cuore di Buenos Aires che ha la funzione di
preservare la biodiversità del luogo. Tra questi ci sarà anche Sandra, uno dei
due oranghi protagonisti della sentenza habeas corpus di un paio di anni fa,
con la quale la Corte dei Giudici di Buenos Aires li ha ufficialmente
dichiarati “persone non umane”, aventi il diritto all’integrità fisica della
libertà.
qui una pagina sullo zoo di Buenos Aires
Cani sintetici per chi studia veterinaria - Yuri Benaglio
Un cane sintetico per salvare le vite dei veri cani: è l’idea
di SynDaver Labs, un laboratorio della Florida specializzato nel sintetico, che
potrebbe a breve avere concreta applicazione in tutto il mondo. La notizia
è stata riportata da Popular Science, la rivista di scienza e tecnologia
più diffusa al mondo (c’è anche l’edizione italiana). Ecco cosa si legge
sul sito ufficiale del laboratorio: “Il SynDaver Cane Sintetico non è solo un
cane senza pelle: è un meccanismo perfetto, dettagliato e realistico, per
interventi chirurgici che servirà agli studenti di veterinaria”. Ancora oggi,
infatti, molti studenti di veterinaria devono dissezionare cani vivi durante il
percorso di studi: quello sintetico progettato, rigorosamente munito di
ossa, muscoli e di ogni parte canina, nonché capace di respirare e sanguinare,
mira quindi al superamento di questa pratica. A questo scopo, SynDaver ha
lanciato anche una campagna su IndieGoGo per raccogliere 24 milioni di
dollari in due mesi: con i soldi guadagnati, l’azienda si impegna a
donare 20 SynDaver Cani Sintetici ad ogni università veterinaria del mondo.
Al momento hanno raccolto però solo 12mila dollari.
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venerdì 24 giugno 2016
giovedì 23 giugno 2016
La Germania compra Monsanto, e vende il TTIP all’Europa - Peter Koenig
Sarà una
coincidenza che Berlino approva, ed addirittura raccomanda, la scalata “ostile”
di Monsanto da parte del gigante agroalimentare e farmaceutico tedesco, Bayer?
O è un altro accomodamento strategico occulto tra Washington ed il suo
vassallo in capo dell'Europa, Berlino, per far inghiottire alla
popolazione europea il nefasto e distruttivo per l'Europa TTIP (Transatlantic
Trade and Investment Partnership — Partenariato Transatlantico per il
Commercio e gli Investimenti)?
Benché i media corporativi occidentali, corrotti e guidati dagli
Anglo-Sionisti, stiano facendo di tutto per tenere la gente il più all'oscuro
possibile, la verità sta lentamente trapelando. Più del 90% dei Tedeschi si
oppone al Glyfosato, il diserbante killer della Monsanto (marchio
Roundup) — che è stato recentemente dichiarato cancerogeno,
dall'Organizzazione Mondiale della Sanità — (OMS), dopo svariate analisi e
contro analisi,. Ed una larga maggioranza dei Tedeschi si oppone anche alla
presenza degli OGM (Organismi Geneticamente Modificati) nei cibi.
Attraverso il TTIP, negoziato in gran segreto, le multinazionali come
la Monsanto vorrebbero avere la meglio sull'opinione pubblica. Le leggi
delle multinazionali, che vorrebbero portarsi dietro il loro sistema di
giustizia privata, prevarrebbero sui tribunali nazionali degli stati
"sovrani" membri dell'Europa Unita. Di fatto, qualunque pubblica
protesta di piazza potrebbe essere repressa con la violenza da parte della
polizia e delle forze militari — in piena legalità, perché il TTIP approvato
e firmato, diventerebbe la legge del paese, fino al punto di essere imposto con
la legge marziale, se necessario, contro il volere del popolo.
Questa, ed altre ragioni dittatoriali, sempre sotto la
bandiera della protezione della gente dal terrorismo, sono il motivo
per cui il Presidente Francese Hollande cerca insistentemente di far passare
nel Parlamento Francese una Legge Marziale permanente — o,
in termini più rassicuranti, uno Stato di Emergenza. Per adesso è stato
capace di estenderlo fino a Luglio, fino a dopo il Campionato Europeo di
Calcio — UEFA EURO 2016 — che è previsto per Giugno-Luglio
in Francia.
Dopo
l'abbattimento di un altro paio di aeroplani, o qualche finta strage istigata
dai soliti noti — CIA, Mossad, Polizia Segreta Francese interna ed esterna
(DGSI e DGSE), ed altri — Hollande ed altri leader Europei (sic —
perché quelli non sono leader ma corrotti fantocci di Washington senza spina
dorsale) faranno scivolare, come il burro, leggi del tipo "Stato di
Emergenza" nei loro rispettivi parlamenti. E ciò che è peggio è che sarà
la gente, spinta dalla paura, a chiedere leggi come quella.
Sì, il Fattore Paura è ancora la misura dominante
per manipolare l'opinione ed il comportamento della gente. Questa è
stata per migliaia di anni l'arma preferita da parte dei dittatori per dominare
le masse. Anche Hitler e Stalin si sono vantati di come hanno usato la paura
per far camminare la gente, dritti dritti verso la Seconda Guerra Mondiale e
verso la sconfitta da parte dell'Unione Sovietica. Se alcuni pensano che i dittatori
di oggi, Obama, Cameron, Merkel e compagnia siano diversi, sono degli
ignoranti.
La menzognera propaganda di oggi è solo molto più sofisticata di allora, ed
usa tecniche di comunicazione molto più avanzate. Questi metodi di inganno sono
infatti insegnati nelle principali Università della Ivy League [sono 8
Università: Brown, Columbia, Cornell, Dartmouth, Harvard, Princeton,
Pennsylvania, Yale, NdT] degli Stati Uniti del Caos e dell'Assassinio. E nel
caso che non dovesse funzionare l'eutanasia della propaganda per mezzo della
stampa prostituita, c'è sempre il killer a scelta: bombe, carri armati e droni,
e la clava di ultima istanza, la NATO.
Ma torniamo all'unione Bayer-Monsanto. La Tedesca Bayer che
compra la Monsanto per 62 miliardi di dollari sarebbe non solo la più grande
scalata agro farmaceutica nella storia, ma potrebbe essere la più lucrosa e
contemporaneamente la più distruttiva per il genere umano. Ora l'OMS,
l'organismo internazionale per la salute, conservatore e sempre politicamente
"corretto" se ne è uscito a dire che il Glyfosato causa il cancro — che è una cosa che la
maggior parte di noi sapeva, e che era stata dichiarata da molti studi
precedenti sviluppati da stimati istituti di ricerca in Francia, Germania,
ed anche negli Stati Uniti.
Noi sappiamo anche che gli Organismi Geneticamente Modificati (OGM) hanno
sulla salute effetti nefasti a lungo termine, compreso il cancro.
Ed allora è
sorprendente che un'ampia maggioranza degli Europei non voglia che il Glyfosato
e gli OGM siano consentiti in Europa? Se il TTIP venisse firmato e
ratificato dagli asserviti governi europei neoliberali,questi veleni per l'uomo
diventerebbero legali, non importa quello che ne pensa la gente. C'è un sacco
di soldi in ballo, non miliardi, ma trilioni. E così il prezzo da pagare perché
la Bayer compri la Monsanto — ovviamente in base ad un accordo tra
Washington e Berlino — 62 miliardi di dollari — non sono noccioline.
Per difendere la sua posizione la Germania può giusto applicare l'usuale
spauracchio delle perdite di posti di lavoro se questo accordo dovesse essere
bloccato. Le perdite di posti di lavoro, siano vere o false, funzionano sempre
ed in ogni paese indottrinato con il pensiero neoliberale. Parlando di
perdite di posti di lavoro, dov'era la Merkel quando il suo Padrone di
Washington ordinò a lei ed al resto dell'Europa di imporre sanzioni alla
Russia, che si stima che costino alla sola industria tedesca 300 — 400.000
posti di lavoro?
In effetti la Russia può diventare il solo paese in prossimità
dell'Europa che sia libero dagli OGM e dai veleni Monsanto / Bayer. Il
presidente Putin ha detto recentemente che dopo le sanzioni europee
l'agricoltura russa ha rapidamente ritrovato lo slancio per superare
l'auto-sufficienza, al punto che la Russia potrebbe fornire all'Europa cibi
biologici, per quelli che vogliono evitare gli OGM. Questa è una prospettiva
incoraggiante, una prospettiva che dovrebbe chiarire ad ogni governo europeo
sovrano e progressista che il futuro sta nella partnership con la Russia, con
l'Est, e non più con l'Occidente disonesto e in decomposizione.
Il Glyfosato e gli OGM sono elementi chiave del rifiuto del TTIP. Se
la Germania compra la Monsanto ed i suoi molti brevetti pericolosi per il
genere umano, il governo tedesco dovrà logicamente difendere e promuovere i
prodotti della sua impresa; per esempio la Germania può diventare un
fiancheggiatore del TTIP. La Germania… il governo, non il popolo. Questo sembra
essere il fatale accordo Washington — Berlino, in merito al sostegno
a Bayer per acquistare Monsanto. Chi può sapere quali tipi di incentivo sono
stati promessi a Bayer. Possiamo solo immaginarlo.
Non ci sono
ragioni economiche o finanziarie perché Bayer debba prendere
in considerazione l'acquisto della Monsanto. Secondo il Journal ASEED
Europe (Action for Solidarity Environment Equality and Diversity —
Azione per la Solidarietà, l'Ambiente, l'Uguaglianza, e la Diversità) del 21
ottobre 2013 "Bayer è [già] uno dei principali produttori di pesticidi e
di sementi. Un'indagine in corso presso l'Ufficio Brevetti Europeo mostra
che in termini di numero di brevetti di OGM, Bayer attualmente è al primo
posto: Mais, frumento, riso, orzo, soia, cotone, barbabietole da zucchero,
colza, patate, tabacco, pomodori, uva, — la lista delle coltivazioni
transgeniche di cui Bayer Agricola possiede i brevetti è ben lunga".
L'azienda ha anche preso brevetti su alberi geneticamente modificati, per
esempio pioppi, pini ed eucalipti.Questo è il risultato di una ricerca svolta
da"Coalizione contro i Rischi da Bayer" e "Nessun Brevetto sui
Semi!" presso l'Ufficio Brevetti europeo di Monaco in Germania. A
questo scopo la ricerca ha preso in esame tutte le domande di brevetto
presentate da Bayer negli ultimi 20 anni. Secondo questa investigazione la
società possiede 206 dei 2.000 brevetti totali rilasciati in Europa per
queste piante transgeniche. Questo pone la Bayer al primo posto — prima
anche di Pioneer (179), BASF (144), Syngenta (135) e Monsanto (119).
Le persone sono irrilevanti rispetto ai profitti. Il suo profitto al
di sopra delle persone — il motto costante del pensiero neoliberista e
dell'economia neoliberale. Se la Germania sceglie il TTIP, il resto
dell'Europa la seguirà. Così passa la tesi. Così vuole l'impero del male.
Questo può essere il piano per forzare l'Europa ad accettare il TTIP. E se non
funziona, restano sempre i complotti, e gli attacchi terroristici che
giustificano l'intervento della NATO e delle polizie locali — il giro di
vite totale, quando la gente ha paura non le resta nessuna energia per
combattere contro l'oppressivo accordo sul commercio; vuole solo sentirsi al
sicuro dall'onnipresente terrorismo dei jihadisti, inventato dall'Occidente, e
prospettato dall'Occidente.
Di una cosa
possiamo essere certi, Washington non si lascerà sfuggire gli accordi TTIP e
TPP (Partnership Trans Pacifica). Questi fanno parte del Programma per
l'egemonia mondiale, così come lo sono i "cambi di regime" nelle
nazioni con governi indesiderati, con leader che tendono a sinistra che si
aggrappano alla sovranità dei loro paesi, come Siria, Venezuela, Brasile, Iran,
Bolivia, Ecuador — e non dimentichiamoci gli unici che sono rimasti a dare
speranza all'umanità, Cina e Russia. Questo è — Noi, Il Popolo —
l'unico potere che può fermare la mostruosa piovra aziendale, guidata dalle
truffaldine e totalizzanti armi finanziarie e monetarie di Washington.
Secondo il piano di Washington tutti questi paesi non allineati devono
cadere — "cambi di regime" — con ogni mezzo. Lo stesso
piano è pervicacemente preparato per gli spregevoli accordi sul commercio, TTIP
e TPP, per imporli forzatamente ai popoli dei partner Europei ed Asiatici. I 40
paesi membri di queste partnership, Stati Uniti compresi, rappresentano il 40%
circa del PIL mondiale misurato a parità di potere d'acquisto (ppp = purchasing
power parity). Comunque gli scambi commerciali previsti dai trattati Europeo ed
Asiatico, sarebbero tutti a vantaggio della potenza egemone, e ridurrebbero
in schiavitù i partner. L'eredità di Obama può dipendere da questi
accordi.
Europei ed Asiatici, per favore, non dimenticatevi quello che è successo
al Messico con l'accordo NAFTA, seguito poi dal CAFTA (Central American
Free Tarde Agreement — Accordo Centro Americano sul Libero
Commercio — Guatemala, El Salvador, Honduras, Costa Rica, Nicaragua, e
Repubblica Dominicana) — un completo disastro economico per gli
agricoltori ed i contadini di queste nazioni latino-americane. Per decine di
migliaia di loro NAFTA e CAFTA sono stati e sono delle condanne definitive alla
povertà.
Benché il
popolo abbia poco o niente da dire nella decisione a favore o contro il TTIP, è
incoraggiante sapere quello che racconta The Guardian: "A dispetto della
concertata spinta dell'Amministrazione Obama per concludere sia il TTIP, sia il
suo omologo asiatico, TPP (Trans Pacific Partnership- Partenariato Trans
Pacifico), prima delle elezioni presidenziali di novembre, il sostegno per
questi accordi commerciali è crollato in America; un recente sondaggio ha
mostrato che solo il 18% della gente approva il TTIP, in confronto con il
53% del 2014.
Il Congresso degli Stati Uniti presterà orecchio all'opinione del popolo
quando voterà a favore o contro il TPP ed eventualmente il TTIP? Il
rivestimento d'argento di questa nube scura che sovrasta l'Europa è che le
persone si stanno svegliando negli Stati Uniti. Un quadro analogo può
presentarsi per le spinte della Germania a favore della scalata ostile di Bayer
verso la Monsanto — l'azienda avvelenatrice del cibo. Noi, Il Popolo,
dobbiamo svegliarci e capire che, se non agiamo — ed agiamo
in fretta — possiamo perdere il tremendo potere che abbiamo nei
confronti di una piccola elite.
Con uno sforzo ed una volontà coordinati, noi possiamo distruggere il
mostro.
Articolo di Peter Koenig per Global Research, pubblicato il 25 Maggio 2016
Traduzione in Italiano a cura di Luciano Ragazzi per SakerItalia.it
Articolo di Peter Koenig per Global Research, pubblicato il 25 Maggio 2016
Traduzione in Italiano a cura di Luciano Ragazzi per SakerItalia.it
mercoledì 22 giugno 2016
Monsanto, il seme del diavolo - Esther Vivas
“Il seme del diavolo”. È così che il presentatore di un popolare
canale statunitense HBO, Bill Maher, in uno dei suoi programmi e in riferimento
al dibattito sugli Organismi Geneticamente Modificati, ha battezzato la
multinazionale Monsanto. Perché? Si tratta di un’affermazione esagerata? Cosa
nasconde questa grande industria di semi? La scorsa domenica, per l’appunto, è
stata la giornata mondiale di lotta contro la Monsanto. Migliaia di persone in
tutto il pianeta hanno manifestato contro le politiche della compagnia.
La Monsanto è una
delle maggiori imprese al mondo e la numero uno nelle sementi transgeniche. Nel
mondo, il 90% delle coltivazioni modificate geneticamente possiedono loro
tracce biotecnologiche. Un potere totale e assoluto. La
Monsanto è leader nella commercializzazione di sementi e controlla il 26% del
mercato. Segue la DuPont Pioneer, con il 18%, e Syngenta, con il 9%. Solamente
queste tre imprese controllano più della metà del mercato, con il 53% dei semi
che sono comprati e venduti su scala mondiale. Le dieci maggiori controllano il
75% del mercato, secondo i dato del Gruppo ETC. Ciò che gli conferisce un
potere enorme al momento di imporre ciò che si coltiva e, di conseguenza, ciò
che si mangia. Una concentrazione impresariale che è aumentata negli ultimi
anni e che erode la sovranità alimentare.
I profitti di queste imprese non conoscono limiti e il loro obiettivo è
quello di mettere fine alle sementi locali e antiche, che ancora oggi hanno un
peso significativo, soprattutto nelle comunità rurali dei paesi del Sud.
Alcune sementi native rappresentano una minaccia per quelle ibride e
transgeniche delle multinazionali, che privatizzano la vita e impediscono alla
classe contadina di ottenere le proprie sementi, convertendoli in “schiavi”
delle compagnie private, senza contare il loro negativo impatto ambientale, con
la contaminazione di altre piantagioni, e sulla salute delle persone.
La Monsanto non ha
risparmiato risorse per porre fine alle sementi contadine: azioni legali contro
gli agricoltori che tentano di conservarle, monopolio dei brevetti, sviluppo di
tecnologie di sterilizzazione genetica dei semi, ecc. Si tratta di controllare l’essenza
degli alimenti e, così, aumentare la propria quota di mercato.
L’introduzione nei
paesi del Sud, soprattutto in quelle comunità contadine ancora capaci di
contare sulle proprie semenze, è una priorità per queste compagnie. In tal
modo, le multinazionali dei semi hanno intensificato l’acquisto e le alleanze
con imprese del settore, principalmente in Africa e India. Hanno puntato su
coltivazioni destinate ai mercati del Sud Globale e hanno promosso politiche
per disincentivare le riserve di sementi. La Monsanto, come riconosciuto dalla
sua principale rivale DuPont Pioneer, è l’“unica guardia” del mercato dei semi,
controllando, per esempio, il 98% della commercializzazione della soia
transgenica tollerante erbicidi e del 79% del mais, come dispone la relazione “Chi controlla i fattori di
produzione agricoli?”. Questo gli garantisce abbastanza potere nella
determinazione del prezzo dei semi, indipendentemente dai suoi concorrenti.
Semi e pesticidi
Tuttavia, siccome la Monsanto non è in grado di controllare in modo
sufficiente le sementi, per chiudere il circolo, cerca anche di dominare ciò
che si applica nelle sue coltivazioni: i pesticidi. La
Monsanto è la quinta impresa agrochimica al mondo e controlla il 7% del mercato
degli insetticidi, erbicidi, fungicidi, ecc., dietro altre imprese, a loro
volta, leader nel mercato dei semi, come la Syngenta, che domina il 23% del
business degli agrofarmaci, Bayer il 17%, BASF il12% e Dow Agrosciences quasi il
10%. Quindi, cinque imprese controllano il 69% dei pesticidi chimici sintetici
che sono utilizzati nelle piantagioni su scala mondiale. Gli stessi che vendono
ai contadini le sementi ibride e transgeniche, forniscono anche i pesticidi da
utilizzare. Un affare a tutto tondo.
L’impatto ambientale
e sulla salute delle persone è drammatico. Nonostante le
imprese sottolineino il carattere “amichevole” di questi prodotti nei confronti
della natura, la realtà è esattamente il contrario. Al momento attuale, dopo
anni di forniture di erbicidi della Monsanto, Roundup Ready, a base di
glifosato, che già nel 1976 è stato l’erbicida più venduto al mondo, secondo i
dati della stessa compagnia, e che viene applicato alle sementi della Monsanto
geneticamente modificate per tollerare tale erbicida, è noto che mentre questo
prodotto mette fine alle erbe infestanti, molte altre hanno sviluppato resistenze.
Secondo i dati del Gruppo ETC, si stima che solamente negli Stati Uniti sono
già sorti all’incirca 130 tipi di erbacce resistenti ad erbicidi, in 4,45
milioni di ettari di piantagioni. Questo ha portato ad un aumento dell’uso di
erbicidi, con applicazioni più frequenti e dosi più elevate per combatterle,
con la conseguente contaminazione dell’ambiente circostante.
Le denunce di contadini e comunità colpite dall’uso sistematico di
pesticidi chimici sintetici è costante. In Francia, inoltre, il Parkinson viene
considerato un’infermità del lavoro agricolo, causato dall’uso di agrofarmaci, dopo che, nel 2012, il contadino Paul
François ha vinto la battaglia giudiziale contro la Monsanto, nel Tribunale di
Lione, ed è riuscito a dimostrare che il suo erbicida Lasso era responsabile di
averlo intossicato e reso invalido. Una sentenza storica che ha permesso un
avanzo nella giurisprudenza.
Il
caso delle Madri di Ituzaingó, uno dei quartieri nelle
vicinanze della città argentina di Cordoba, circondata da campi di soia, in
lotta contro le fumigazioni, ne rappresenta un altro esempio. Dopo dieci anni
dalla denuncia e dopo aver osservato come il numero di malati di cancro e
bambini con malformazioni nel quartiere non si fermava, ma al contrario,
aumentava – su cinque mila abitanti, duecento avevano un cancro -, sono
riusciti a dimostrare il legame tra queste infermità e gli agrochimici
utilizzati nelle piantagioni di soia nei suoi dintorni (endosulfano della
DuPont e glifosato del Roundup Ready della Monsanto). La giustizia ha proibito,
grazie alle mobilizzazioni, la fumigazione con agrofarmaci vicino alle aree
urbane. Questi sono solo due dei molti casi che è possibile riscontrare in
tutto il pianeta.
I paesi del Sud, adesso, sono il nuovo obiettivo delle imprese
agrochimiche. Mentre le vendite globali di pesticidi
hanno registrato una riduzione negli anni 2009 e 2010, il loro uso nei paesi
periferici è aumentato. In Bangladesh, per esempio, l’uso di pesticidi è
cresciuto del 328% negli anni 2000, con il consecutivo impatto sulla salute dei
contadini. Tra il 2004 e il 2009, l’Africa e il Medio Oriente hanno registrato
il maggior consumo di pesticidi. In America Centrale e del Sud si attende un
aumento del consumo nei prossimi anni. In Cina, la produzione di agrochimici ha
raggiunto, nel 2009, due milioni di tonnellate, più del doppio rispetto al
2005, secondo quanto riportato dal rapporto “Chi controlla l’economia verde?”.
Gli affari come al solito.
Una storia di terrore
Però, da dove nasce
questa impresa? La Monsanto venne fondata nel 1901 dal chimico John Francis
Queeny, proveniente dall’industria farmaceutica. La sua storia è la storia
della saccarina e dell’aspartame, del PCB, dell’agente arancio, dei
transgenici. Tutti prodotti, nel corso degli anni, da questa impresa. Una
storia di terrore.
La Monsanto si
costituì come impresa chimica e, alle sue origini, il suo prodotto di punta era
la saccarina, che distribuiva all’industria alimentare, soprattutto, alla
Coca-Cola, di cui è stata una dei principali fornitori. Con il tempo, ampliò
gli affari alla chimica industriale, diventando, negli anni Venti, uno dei
maggiori fabbricanti di acido solfurico. Nel 1935, assorbì l’impresa che
commercializzava policlorobifenili (PCB), utilizzato nei trasformatori
dell’industria elettrica. Negli anni Quaranta, la Monsanto focalizzò la sua
produzione nelle plastiche e nelle fibre sintetiche e, nel 1944, cominciò a
produrre chimici agricoli come il pesticida DDT.
Negli anni Sessanta,
insieme ad altre imprese del settore, come la Dow Chemical, venne contrattata
dal governo degli Stati Uniti per produrre l’erbicida agente arancio,
utilizzato nella guerra del Vietnam. In quel periodo, si unì, inoltre,
all’impresa Searla, che aveva scoperto il dolcificante non calorico,
l’aspartame. La Monsanto è stata anche produttrice dell’ormone sintetico
somatotropina responsabile della crescita bovina. Negli anni Ottanta e Novanta,
la Monsanto puntò sull’industria agrochimica e transgenica, fino a diventare
l’indiscusso numero uno dei semi geneticamente modificati.
Attualmente, molti
dei prodotti prodotti made by Monsanto sono stati proibiti, come il PCB, l’agente arancio o il
DDT, accusati di provocare danni alla salute umana e all’ambiente. L’agente
arancio, nella guerra delVietnam, è stato responsabile della morte e mutilazione
di decine di migliaia di persone, così come della nascita di bambini con
malformazioni. La somatotropina bovina, inoltre, è vietata in paesi come
Canada, Europa, Giappone, Australia e Nuova Zelanda, nonostante venga permessa
negli Stati Uniti. Lo stesso avviene con le coltivazioni transgeniche,
onnipresenti nell’America del Nord ma proibite nella maggior parte dei paesi
europei, escluso, ad esempio, lo Stato spagnolo.
La Monsanto si muove come un pesce nell’acqua nello scenario del potere.
Questo risulta chiaro secondo Wikileaks, dopo aver filtrato oltre 900 messaggi
che mostravano come l’amministrazione degli Stati Uniti ha speso enormi risorse
pubbliche per promuovere la Monsanto e i transgenici in moltissimi paesi, per
mezzo delle sue ambasciate, del Dipartimento dell’Agricoltura e della sua
agenzia di sviluppo USAID. La strategia consisteva in conferenze “tecniche”,
giornalisti disinformati, funzionari e formatori di opinione, così come
pressioni bilaterali per adottare legislazioni favorevoli e aprire il mercato a
imprese del settore, ecc. In Europa, su questo argomento, il governo spagnolo è
il principale alleato degli Stati Uniti.
Combattere
Di fronte a tutte queste assurdità, sono molti quelli che non rimangono
in silenzio e affrontano la questione. Migliaia sono le resistenze contro la
Monsanto in tutto il mondo. Il 25 maggio è stata
dichiarata giornata mondiale contro questa compagnia e centinaia di
manifestazioni e azioni di protesta sono state realizzate in tutto il mondo.
Nel 2013, venne realizzata la prima convocazione, migliaia di persone sono
scese in piazza nelle varie città di 52 differenti paesi, dall’Ungheria al
Cile, passando per l’Olanda, per la Spagna, Belgio, Francia, Africa del Sud,
Stati Uniti, tra gli altri, per mostrare il profondo rifiuto delle politiche
della multinazionale. La scorsa domenica, giorno 25, la seconda convocazione,
meno affollata, ha registrato azioni in 49 paesi.
’America Latina è, in
questo momento, uno dei principali fronti di lotta contro la compagnia.
In Cile, la mobilizzazione ha ottenuto, nel marzo del 2014, la cancellazione
della conosciuta Legge Monsanto, che pretendeva di facilitare la
privatizzazione delle sementi locali per lasciarle nelle mani dell’industria.
Un’altra grande vittoria è stata ottenuta in Colombia, l’anno scorso, quando la
massiccia paralizzazione agraria, nell’agosto del 2013, è riuscita a ottenere
la sospensione della Risoluzione 970, che obbligava i contadini ad usare
esclusivamente sementi private, comprate da imprese di agribusiness, e impediva
che venissero conservate le proprie semenze[anche se la questione è molto più
complessa]. In Argentina, i movimenti sociali stanno lottando contro un’altra
Legge Monsanto, che il paese pretende approvare subordinando la politica
nazionale in relazione alle sementi alle esigenze delle imprese transnazionali.
Più di 100mila argentini hanno già firmato contro questa legge, nell’ambito
della campagna “No alla privatizzazione delle sementi”.
In Europa, la Monsanto vuole aprofittare adesso dello spazio che si
aprirà con le negoziazioni del Trattato di Libero Commercio tra Unione Europea
e Stati Uniti (TTIP), per fare pressioni in funzione dei
suoi interessi privati e poter legiferare al di sopra della volontà dei paesi
membri, la maggior parte dei quali è contraria all’industria transgenica.
Speriamo che le resistenze in Europa contro il TTIP non tardino ad arrivare.
La Monsanto è il seme del diavolo, senza ombra di dubbi.
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martedì 21 giugno 2016
venerdì 17 giugno 2016
l'OMS assolve il caffè
Le bevande molto calde, a prescindere dalla loro natura, sono
una "probabile" causa di cancro. A diffondere la notizia è stata
l'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) che ha contemporaneamente escluso
il caffè e il mate in sè, a meno che non siano bevuti bollenti, dalle possibili
cause di tumori. Il verdetto è contenuto nel parere stilato da 20 esperti di
tutto il mondo per l'Agenzia per la ricerca sul cancro (Iarc) dell'Oms. "I
risultati fanno pensare che il consumo di bevande molto calde sia una probabile
causa di cancro all'esofago e che sia la temperatura a essere in causa,
piuttosto che la bevanda stessa" ha dichiarato Christopher Wild, direttore
del Centro internazionale sulla ricerca sul cancro (Circ/Iarc).
Evitare bibite a 65°C
Evitare bibite a 65°C
"Sarebbe meglio quindi evitare bevande a temperature
molto alte perché è probabile che possano provocare il tumore
dell'esofago", ha dichiarato ancora Wild. Con la definizione 'bibite molto
calde' gli studiosi si riferiscono a quelle che vengono consumate a 65°C.
"Caffè e thé si bevono a temperature molto più basse nel Nord d'America e
in Europa", ha detto Dana Loomis, epidemiologo del CIRC.
La ricerca 'assolve' dunque il caffè, che nel lontano 1991 era stato inserito in un elenco di sostanze che potevano essere cancerogene (classificato come 2 b) in riferimento ai tumore della vescica. Il nuovo report, ora, porta il caffè nella categoria 3 dove non ci sono evidenze di rischio…
La ricerca 'assolve' dunque il caffè, che nel lontano 1991 era stato inserito in un elenco di sostanze che potevano essere cancerogene (classificato come 2 b) in riferimento ai tumore della vescica. Il nuovo report, ora, porta il caffè nella categoria 3 dove non ci sono evidenze di rischio…
giovedì 16 giugno 2016
Niger Delta Avengers contro Agip - Maria Rita D’Orsogna
Watch out something big is about to happen
and it will shock the whole world”
Niger Delta Avengers
Si chiamano Niger Delta Avengers e sono un gruppo di disperati e di esaltati ribelli che hanno
iniziato a fare esplodere oleodotti e condutture in Nigeria. I loro obiettivi
sono l’Agip e la Shell. Per ora hanno fatto saltare le condutture di Nembe e di
Bonny della Shell e di Brass dell’Agip nello stato del Bayelsa il giorno 28
maggio 2016. Hanno detto che
continueranno con i loro atti di vandalismo finché le loro
richieste non saranno soddisfatte. Nei loro comunicati su twitter dicono che
hanno già fatto saltare altri oleodotti nel paese, di proprietà della Nigerian National Petroleum Corporation e
che ora è il turno di Shell e di Agip.
La Chevron è stata già attaccata la scorsa settimana. Anzi, attacchi
più o meno imponenti sull’infrastruttura petrolifera della Nigeria da parte di
questi Avengers e da altri gruppi sconosciuti vanno avanti da settimane.
E quali sarebbero queste richieste? Cosa
vogliono? Dicono che sono stanchi di contratti fra le loro terre e i petrolieri
in cui si decide su oleodotti e su estrazioni senza l’input delle persone, e
con pochi ritorni per i residenti. Dicono che vogliono essere loro artefici del loro
destino e avere il controllo sulle risorse del paese. Hanno
soldati, e sono arrabbiati anche contro il loro stesso governo che
continua ad avvantaggiare i petrolieri e non la gente.
Per esempio, il giorno 11 maggio 2016 i sussidi sulla benzina sono
stati eliminati, a causa del declino degli introiti e del crollo dei prezzi del
petrolio, facendo raddoppiare i prezzi alla pompa e infuriando i residenti che
hanno chiamato questo aumento “inumano”.
I Niger Delta Avengers dicono che tutte le ditte straniere devono
lasciare il sud della Nigeria, dove si produce la maggior parte del petrolio
del paese, entro il 31 maggio 2016.
A
causa di questi ripetuti attacchi la produzione di petrolio della Nigeria è
calata da 2.2 milioni di barili al giorno a 1.4 milioni di barili, e alcune ditte straniere hanno già aumentato
sicurezza e spostato personale non indispensabile.
La cosa sorprendente però è che nonostante la violenza e la paura, anche i leader di alcune comunità locali, spesso
attivisti non violenti, appoggiano i Niger Delta Avengers perché sono d’accordo
con loro che c’è bisogno di una maggiore e più equa ridistribuzione della
ricchezza da petrolio, e che le trivelle hanno distrutto il loro habitat e le
vite di migliaia di pescatori e contadini.
Non si sa chi finanzi questi Avenegers. Si sa solo che a causa
loro la Nigeria è ora il secondo produttore di petrolio in Africa, e che adesso
il principale trivellatore e’ l’Angola.
Ovviamente
la violenza è sempre da condannare, ma è questo il risultato di cinquant’anni
di sfruttamento irresponsabile da parte di Chevron, Agip e Shell in Nigeria. A un certo punto scoppia.
Si
raccoglie sempre quello che si semina.
mercoledì 15 giugno 2016
Una società radicata nella terra - Alberto Castagnola
Oltre duecento donne e solo una quindicina di uomini tra i partecipanti, stessa
proporzione tra i relatori e i responsabili dei gruppi di lavoro a tema: il
convegno sulle “Culture Indigene di Pace”, ormai alla sua terza
edizione (Torino, 18-20 marzo 2016), è una delle espressioni più significative
di un movimento delle donne sempre più presente in molti paesi del Nord e del
Sud del mondo. I lavori si sono svolti nei grandi capannoni centrali e nelle
diverse sale del complesso, facenti parte un tempo di una industria metalmeccanica
e trasformata in sede di organizzazioni alternative come il Gruppo Abele e
Libera, sbocco intelligente di una politica comunale che doveva affrontare la
progressiva deindustrializzazione della città.
L’Associazione Laima,
promotrice dell’iniziativa, dovrà ora elaborare i ricchi materiali, sia
cartacei che visuali e musicali; Comune,
media partner del convegno, ne darà notizia. Vogliamo però richiamare le
modalità di svolgimento dei lavori, che ci hanno particolarmente colpiti:
all’inizio e durante animazioni che suscitavano interessi ed emozioni profondi;
due terzi del tempo occupati da gruppi di lavoro quasi tutti con metodologie
attive di svolgimento e partecipazione; danze e canti collettivi; una
partecipazione fisica sollecitata per ridurre le distanze interpersonali; delle
proposte di impegno nella Natura e nella società adatte a persone complete e
centrate e non solo a parole.
Quanto segue
è stata l’ultima relazione, dedicata alla fase di transizione che stiamo
vivendo e alla necessità di affrontare una trasformazione planetaria.
Alcune premesse
Si può ipotizzare che siamo nella fase iniziale di un punto di svolta, ancora non percepito o comunque
rifiutato nei comportamenti, perché la situazione del pianeta Terra è
sempre più grave: crisi climatica in particolare e ambientale in genere;
crisi occupazionale ormai strutturale; crisi finanziaria, in atto e potenziale.
Sono necessari e urgenti cambiamenti radicali nelle politiche economiche che,
se non realizzati nei tempi e nelle dimensioni dovute, saranno imposte dai
peggioramenti planetari – dei quali flussi migratori e guerre non tradizionali
sono solo dei primi segnali – mentre guerre diffuse di dimensioni
apparentemente modeste e movimenti migratori forse irrefrenabili stanno cambiando
il quadro già complesso delle relazioni internazionali. In una prospettiva di
mutamento, donne e uomini profondamente e radicalmente motivati dovrebbero cominciare
a vivere esperienze collettive diverse da quelle finora spesso
attraversate. In questa prospettiva, occorre delineare e approfondire linee di
impegno e di lavoro collettivo che possano spingere i processi generali e
formino le persone più sensibili ad un impegno molto qualificato.
Possiamo
tuttavia accennare ad alcune ipotesi di cambiamento, le cui premesse
son già in atto, anche se non sono sufficienti a delineare dei processi di
transizione verso finalità prevedibili. In primo luogo, la sottolineatura della
gravità dei meccanismi di modifica del clima planetario
attualmente in corso; le misure da adottare con urgenza e in misura concentrata
nell’immediato futuro da parte di tutti i governi appaiono in ritardo e poco
adeguate, mentre sono ancora numerose le decisioni economiche che vanno in
senso opposto a quello ormai necessario (continua l’estrazione illimitata di
petrolio e gas, non si interrompe la chimizzazione dell’agricoltura, i trattati
internazionali in discussione possono solo peggiorare la situazione, e così
via).
In secondo
luogo, i flussi migratori per motivi economici, bellici e di
persecuzioni e ormai anche per eccessiva durezza delle condizioni ambientali,
sembra inarrestabili e in corso di aumento accelerato, mentre le politiche
adottate finora appaiono come influenzate da una visione molto vecchia dei
fenomeni internazionali. Ancora, gli eventi militari e terroristici si
stanno moltiplicando in molti territori, alimentati da conflitti religiosi,
etnici e di politiche statuali che sembrano risalire a tempi che
consideravamo ormai lontani e che sono invece assolutamente virulenti,
mentre molti Stati non riescono a far evolvere le loro relazioni con le
popolazioni rispettive e quelle a loro vicine. Infine, le numerosissime realtà
sociali di base, che in moltissimi paesi proliferano senza sosta ormai da
molti anni, appaiono prefigurare dei sistemi sociali e di relazioni
molto significativi, ai quali però non viene quasi sempre attribuita una
qualche importanza dalle istituzioni nazionali, e quindi non riescono ad
esprimere al massimo le loro potenzialità, e si sta quindi ritardando
l’emergere di alternative e modelli capaci di affrontare le incognite del
futuro.
Non sono
ancora in circolazione previsioni o modelli di società alternative, ma possono
essere avanzate alcune ipotesi di orientamenti che emergeranno, ad esempio contrazione
della mobilità, ristrutturazione dei consumi, riduzione orari di lavoro,
accoglienza di profughi economici e ambientali, che dovranno essere vissuti
come forme di transizione forse negate o non completamente percepite. Perfino
il pensiero della decrescita, radicale nella condanna del sistema
economico tutto orientato alla crescita illimitata e al profitto a qualunque
costo, lascia solo intuire alcune delle caratteristiche principali che
potrebbero informare le società del futuro e cerca essenzialmente di stimolare
la formazione di un nuovo immaginario, lasciato alla creatività di ogni
cultura.
Infine, non
è forse opportuno al momento tentare di descrivere nuovi ruoli, nuovi compiti,
nuove responsabilità, in particolare per quanto riguarda la posizione dei vari
sessi nelle società in divenire; siamo ancora troppo immersi nelle
contraddizioni e nelle conflittualità storiche e dei tempi presenti per
esprimere desideri e scelte in termini chiari e facilmente condivisibili. Il
peso del passato e delle strutture attuali distorce in profondità e blocca
rigidamente la manifestazione di emozioni e desideri, e limita in quantità e
qualità i contatti con l’esterno.
Cosa è più probabile che avvenga: la transizione nel breve periodo
Nell’immediato
futuro, le nostre società incontreranno molte difficoltà, per esempio ad avviare
processi di transizione che incidano realmente sui meccanismi di danno
ambientale, e intanto le variazioni climatiche muteranno in modo
sostanziale le condizioni di vita di gran parte delle società e delle culture.
Le guerre e i conflitti armati sono aumentati di numero negli ultimi anni e
soprattutto si presentano in forme nuove, per affrontare le quali gli strumenti
istituzionali e diplomatici esistenti si dimostrano sostanzialmente inutili.
Migrazioni:
ai profughi per terrorismi, guerre, fame, siccità si stanno aggiungendo coloro
che fuggono da luoghi diventati inospitali perché la natura si sta ribellando. Le
previsioni relative ai profughi ambientali oscillano tra i 200 e i 250 milioni
di persone.
Meno lavoro:
se si tralasciano le indicazioni mese per mese delle statistiche occupazionali
e si concentra invece l’attenzione sulle capacità strutturali del sistema
dominante nei paesi più avanzati, si percepiscono chiaramentecrescenti
difficoltà nella creazione di nuovi posti di lavoro. Tra le cause
sicuramente la rapida informatizzazione delle attività produttive e il
trasferimento di capitali nella sfera finanziaria, mentre le nuove
leve di potenziali lavoratori si gonfiano per i processi demografici in corso e
alle frontiere aumentano i flussi di chi è costretto ad abbandonare i paesi
colpiti da eventi bellici e climatici e cercherà una qualunque occupazione per
sopravvivere. Inoltre la crisi economica, di cui ancora non si intravede la
fine, continua a far uscire dalla struttura produttiva imprese di ogni
dimensione.
Se questa è
la prospettiva nella quale ci muoviamo, si può decidere di rimanere
passivi, rifiutandosi di percepire o individuare le direzioni e le potenzialità
più a noi favorevoli, – ma sopportando costi umani e sociali che
potremo solo vivere come imposizioni esterne non comprensibili nei contenuti e
nelle motivazioni – oppure cercare, pur con i nostri limiti, paure e tremori
davanti al futuro che ci viene incontro ogni giorno, di reagire, magari anche
cercando solo delle vie di fuga che ci appaiano relativamente meno
preoccupanti. Qui invece proponiamo una alternativa, sulla quale forse vale la
pena almeno di riflettere (evitando però accettazioni immotivate e altrettanto
passive come il nostro inserimento in un sistema dominante e pervasivo).
Cosa deve essere evidenziato e potenziato
·
Prendere le distanze dal lavoro all’interno del sistema dominante
La maggior parte di noi (compresi i disoccupati, i cassintegrati, i precari
e chi stenta a trovare il suo primo lavoro), entra o cerca di entrare
nell’economia dominante, e si trova collocato in luoghi fortemente strutturati,
dove dominano le logiche di uno sfruttamento più o meno velato, dove i poteri
sono organizzati in forma piramidale, dove la competitività e la sopraffazione
sono stimolate ad ogni livello, dove ogni miglioramento nella qualità del lavoro
sembra essere accompagnato da restrizioni dell’autonomia personale di ciascuno.
Comprendere in modo approfondito le logiche che sovrastano le libertà del
singolo, valutare attentamente i rapporti di potere, verticali ed orizzontali,
sperimentare continuamente i margini di manovra e gli spazi che si aprono,
avere sempre il controllo di ogni ribellismo e reazione non meditati
o inconsulti, e alimentare insieme il rifiuto sostanziale di ogni
sottomissione totale alla megamacchina sembrano costituire l’unica via
realistica di mantenimento di una libertà personale sottratta ad ogni
intromissione di capi e colleghi. Anche pensare di poter modificare
dall’interno il sistema dominante può nella maggior parte dei casi portare a
dei costi difficilmente sopportabili, mentre una visione articolata
e approfondita dall’esterno, dei limiti e delle falle nel funzionamento
del meccanismo può far maturare notevolmente le capacità e le autonomie
personali. Oggettivare e prendere delle distanze mentali dalle logiche
dominanti (anche nelle situazioni apparentemente più semplici e marginali) è
forse la strada maestra da perseguire. Anche le libere professioni, le
professionalità più elevate e indispensabili non si sottraggono certo alle
logiche di dominazione, anche se le lusinghe e le attrazioni possono apparire
più consistenti ed appaganti.
·
Conquistare tempo libero
Anche se in
molte situazioni il sistema sembra riuscire ad estrarre ogni capacità e ogni
forza fisica dagli individui sottoposti al suo dominio, si possono spesso conquistare
dei tempi liberi durante il lavoro e fuori dagli orari imposti. Non devono
però essere vissuti come delle fughe riuscite o delle furbe trovate, ma devono
essere riconosciuti come dei tempi utili e significativi che possono essere
diretti a soddisfare esigenze personali liberamente scelte. In sostanza, la
pratica impossibilità per gli individui di modificare l’organizzazione
dominante può risolversi in una crescente rassegnazione, che ottunde le
capacità di reazione anche in campi diversi da quello strettamente connesso al
lavoro.Invece l’uso di un tempo libero da vincoli e
condizionamenti anche psicologici è essenziale per stimolare e mantenere a
livelli alti le capacità creative personali e per ampliare
incessantemente la rete delle relazioni con gli altri contesti, ricreativi o
culturali.
Avviare dinamiche alternative
·
Coltivare passioni non superficiali
Una
maggioranza crescente di persone non è soddisfatta delle attività che si trova
a svolgere o comunque coltiva delle aspirazioni che difficilmente potranno
essere realizzate. Invece di rassegnarsi ad una mediocre collocazione
lavorativa, o a coltivare degli hobby scacciapensieri, sarebbe più opportuno arricchire
la propria esistenza scegliendo argomenti o situazioni che possono stimolare la
nostra intelligenza e suscitare delle emozioni profonde. Possiamo provare a
richiamare vecchie curiosità, oppure guardarsi intorno per individuare nuovi
campi di interesse. Non dobbiamo pensare che ogni sentiero scelto sia
definitivo o interamente assorbente, e quindi dobbiamo essere pronti ad
abbandonarlo se si rivela insoddisfacente o inconcludente, però rimanendo
disponibili a individuare un nuovo percorso che si profila promettente. Ciò
che importa è che non sia un passatempo superficiale o solo una occasione per
incontrare persone; deve invece alimentare altre curiosità e spingere
verso nuove esperienze, con sequenze non forzate e gradi di soddisfazione
crescenti.
·
Entrare in contatto con la natura
Abbiamo
tutti un forte bisogno di rientrare in contatto con la natura, per ristabilire
relazioni e riequilibrare i contatti. Oltre metà della popolazione
umana vive in centri urbani e questa percentuale tende ad aumentare in
tutti i paesi. Dobbiamo opporci o sottrarci a questa spinta, e non è facile a
causa di vincoli e condizionamenti. È necessario rivolgerci nuovamente
alla Natura nella quale siamo inseriti e percepire nuovamente l’attrazione dei
sistemi vitali che la compongono. Si tratta di interrompere, magari
all’inizio solo per brevi momenti, i ritmi frenetici che ci travolgono e
riscoprire i rumori, i suoni, i colori, le atmosfere di un bosco o di un corso
d’acqua, di una spiaggia o di una collina, di un parco urbano o di una strada
alberata. E cominciare a porci delle domande, molto elementari: cosa ci piace?
Abbiamo voglia di toccare o di immergere una mano? C’è qualcosa che sta per
fiorire? Cosa posso fare con le foglie cadute?
Se prendiamo l’abitudine
di passare del tempo nel verde o di fare una passeggiata in montagna, possiamo
cominciare a intravedere l’avvicendarsi delle stagioni e i mutamenti di colori
e profumi. In alcuni posti non lontani dai luoghi delle nostre attività, si
possono talvolta avvistare dei nidi o dei piccoli animali. Altre domande
possono venire in mente: so riconoscere il nome di un albero o di un fiore?
Qualche pianta è commestibile o ha effetti medicamentosi? Cosa si può portare a
casa e cosa si deve lasciare intatto al suo posto? Ho dello spazio per far
crescere una pianta in casa o sul posto di lavoro?
·
Scegliere cibo sano
Negli anni
più recenti è emersa una maggiore attenzione verso una alimentazione più
corretta rispetto al nostro corpo; ovviamente il sistema economico si è
rapidamente impadronito di questa tendenza e ora viviamo circondati da grandi
chef e contadini supertecnologici. Ma la strada che dobbiamo
percorrere è ben diversa, poiché le mutazioni ambientali sempre più rapide ed
accentuate chiedono insistentemente di recuperare metodi di coltivazione non
dominati dalla chimica e di riscoprire antichi sapori, ristabilendo il
delicato equilibrio che deve esistere tra cibi biologici e una alimentazione
che rispetta i cicli naturali. Non si tratta di mettersi a dieta odi
ispirarsi a prescrizioni esotiche, ma di conoscere il valore nutritivo degli
alimenti e le esigenze effettive del nostro organismo. L’atteggiamento che
dobbiamo instaurare è quello della curiosità verso i cibi non trasformati
industrialmente o che non provengono da regioni lontane, recuperando i piaceri
e i sapori delle tradizioni culinarie locali ed evitando le conseguenze nefaste
della obesità e dell’appesantimento fisico.
·
Avere relazioni significative
I vincoli
imposti dal sistema economico dominante hanno inciso duramente sulle relazioni
interpersonali, sia familiari che amicali e culturali. In ogni contesto,
facendo un po’ di attenzione , ci si può accorgere che i rapporti si sono
allentati e rarefatti, i tempi tra un incontro e uno scambio si sono allungati,l’intensità
delle relazioni è molto diminuita; gran parte delle connessioni che ancora
abbiamo sono percepite come faticose e forzate, non per limiti delle persone ma
perché le convivenze, specie nei centri urbani di maggiori
dimensioni, hanno perso di spontaneità e di semplicità e diventano
ogni giorno più sottoposte a troppe condizioni. Forse in questa sfera dobbiamo
fare gli sforzi maggiori per ristabilire una maggiore fluidità di rapporti,
perché tempi e distanze sono percepite come forze impossibili da superare. Se
solo ci fermiamo un momento, tuttavia, dovrebbe essere possibile ristabilire
delle priorità alle quali non vogliamo rinunciare; semplificare le occasioni di
incontro; riscoprire modalità di relazione che s sottraggono ad ogni
condizionamento; ridare valore ai contatti diretti e alla fisicità delle
percezioni, rinunciando alla apparente semplicità e velocità dei mezzi
informatici, che dovremmo considerare utili solo in certi contesti, e non
nell’ambito delle relazioni interpersonali.
Su quali aspetti si potrebbe lavorare
Individuare vincoli
In ogni
situazione personale, anche apparentemente soddisfacente, è possibile
riflettere su quali logiche ci sono state di fatto imposte e quali sono state
il risultato di nostre scelte personali fatte in piena autonomia. Siamo nel
centro urbano o nel quartiere che ci piaceva di più o abbiamo solo fatto un
percorso di localizzazione scelto da altri? Abbiamo tante volte
rimandato qualunque spostamento, spaventati da un futuro troppo vago oppure
gustiamo una realtà sociale pienamente soddisfacente? In caso di forte
insoddisfazione, siamo in grado di indicare esattamente le cause o le persone
che le hanno determinate? Abbiamo una qualche aspirazione a sottrarci da queste
presenze che ci hanno tanto vincolato? E sappiamo che talvolta le loro
intenzioni erano buone nei nostri confronti?
·
Individuare condizionamenti
Gli ostacoli
possono essere molto oggettivi e diffusi, oppure sono diretti solo contro di
noi (anche se non ci rendiamo conto che moltissime altre persone sono immerse
in situazioni molto simili alla nostra). Ogni luogo di lavoro (non
solo quello subordinato) può presentare una elevata concentrazione di
condizionamenti della libertà e della autonomia personale. Ciò dipende
essenzialmente dalle strutture piramidali, con i poteri concentrati in pochi
punti, oppure dalle logiche istituzionali e burocratiche, che poco si
interessano alle componenti umane dei sottoposti. In più, le
donne soffrono per tutti i condizionamenti ispirati dal modello sociale di tipo
patriarcale(consolidatosi e introiettato da tempo), Ciò significa che i
maschi possono trarre qualche soddisfazione (forse di qualità non eccelsa) a
seconda dei livelli che riescono a conquistare, mentre le donne soffrono
contemporaneamente per i meccanismi patriarcali di dominio e per quelli di una
economia di sfruttamento di tipo capitalistico.
·
Sottrarsi
Con questa
parola si definisce un atteggiamento e un comportamento nei confronti del
sistema dominante, di tipo capitalistico, cioè scegliere di non
contrapporsi ai meccanismi che ci avvolgono e condizionano, ma cercare invece
di sottrarsi progressivamente ai condizionamenti e alle violenze e crearsi
degli spazi di vita e di attività che sfuggono ai controlli e alle
oppressioni e realizzare emozioni, sensazioni e azioni che sono libere rispetto
al sistema.
Questo
comportamento caratterizza molte persone che nella attuale fase –
caratterizzata da crisi prolungate e sovrapposte, con forte disoccupazione
destinata a continuare quasi immutata nei prossimi anni e comunque da notevoli
difficoltà del sistema globale di riavviare i processi di crescita – non accettano di rimanere inerti guardando avvicinarsi catastrofi
sempre più numerose e prevedibili, e cercano i modo per prendere
le distanze dal sistema economico nel quale sono immersi e di operare
invece secondo visioni, principi e logiche ben diverse da quelle dominanti in
quasi tutti i paesi del mondo.
È evidente
che una scelta di questa natura ha escluso preliminarmente altre possibilità:
1.
Operare per far
diffondere ed esplodere movimenti di tipo rivoluzionario anche violenti: le
analisi personali portano a guardare con interesse i movimenti di base che si
sono moltiplicati negli anni più recenti nel periodo successivo ai no global
(dopo il 2000) almeno in alcuni paesi. Gli attivisti sono convinti che
in molti paesi anche occidentali vi siano le condizioni oggettive per stimolare
reazioni antiistituzionali di massa ma che finora le diverse popolazioni non
hanno affatto reagito in modo diffuso e anzi si sono rifugiate nella
difesa dei pochi previlegi ancora a loro disposizione; sono altresì convinti
che finora il sistema dominante ha dimostrato di saper utilizzare gli strumenti
legali e illegali a sua disposizione per dividere, disperdere, illudere, recuperare
le sollevazioni in fase iniziale, impedendo ogni continuità nelle azioni appena
avviate. I pochi casi di paesi che hanno saputo sottrarsi a queste
logiche di dominio hanno dovuto sopportare dei costi umani che non hanno certo
potuto incoraggiare altri paesi (e Cuba è rimasta un esempio isolato).
Ovviamente i movimenti di base esistenti in alcuni paesi continuano a guardare
le rivolte o le manifestazioni di piazza in altri paesi, sostenendole
“politicamente” ma in genere senza collegamenti funzionali; poi di fatto li
dimenticano non appena sono stati sciolti o riassorbiti.
2.
Le analisi
condotte in modo più o meno approfondito sul rispettivo paese non individuano un numero sufficiente di persone che possano cominciare a
smantellare singoli meccanismi economici che compongono il complesso quadro del
sistema dominante. Non vi sono nuclei di persone con questi
orientamenti nella stragrande maggioranza dei partiti o dei sindacati o in
altre consistenti organizzazioni sociali (ad esempio il mondo delle cooperative
o le organizzazioni religiose collaterali), mentre alcune aree, come i centri
sociali o alcuni organismi del terzo settore sono troppo frammentati per
costituire la base di una alternativa che si contrapponga con decisione e
continuità alle logiche dominanti, dal pensiero liberista fino alle campagne
contro le iniziative internazionali per liberalizzare al massimo il commercio
internazionale.
Queste
analisi, valide ormai da alcuni anni e che al momento non si può nemmeno
ipotizzare possano dare risultati diversi nel giro di qualche anno, convincono
tutti coloro che invece guardano con angoscia crescente alle mutazioni del
clima e al moltiplicarsi dei meccanismi di danno ambientale, ad elaborare una
strategia spesso solo personale o di piccolo gruppo, che individui problemi o
danni di limitate dimensioni che possano essere affrontati anche su piccola
scala, ma che siano basati su analisi e visioni complessive
condotte lucidamente e aggiornate di continuo.
·
Compromessi? No, grazie; coerenza, idem
Moltissime
persone, inserite in una struttura operativa o istituzionale facente parte del
sistema dominante, sono convinte di poter godere di momenti di libertà mentale
o personale solo perché accettano un compromesso con le logiche alle quali sono
inevitabilmente sottoposte. Ritengono, poiché ricevono una
retribuzione o magari delle soddisfazioni sul lavoro o nella carriera, che
devono accettare tutte le contraddizioni del sistema e che ciò fa parte del
loro compromesso esistenziale, cioè che per sopravvivere con lo
stipendio devono di fatto sentirsi parte dell’organizzazione e devono accettare
le logiche del sistema. Questa impostazione comporta una sofferenza non leggera
e soprattutto prolungata nel tempo, e ottunde le spinte personali verso le
libertà e l’autonomizzazione. Io penso che il termine compromesso non
debba essere usato, poiché non si tratta di una libera scelta di integrazione
in cambio di denaro, e che quindi ogni aumento della retribuzione e
ogni scatto di carriera comportino unaumento del grado di compromissione personale.
Dobbiamo
invece seguire un percorso logico diverso, che parte dal riconoscimento del
fatto che non siamo di fronte ad una scelta libera, ma al fatto che essendo i
sistema largamente dominante, tutti noi siamo obbligati ad inserirci se
vogliamo sopravvivere e che tutte le scelte iniziali fatte ( tipo di scuola,
tipo di corso di studi, categoria professionale, ecc.) sono solo in parte
libere, e che i relativi vincoli e condizionamenti influiscono sul nostro
inserimento “mondo del lavoro” del sistema. Quindi non
siamo in presenza di un “libero” compromesso con i nostri principi, ma ad una
situazione di fatto obbligata e con poche alternative, dalle quali ci si può
sottrarre solo mentalmente e politicamente, decidendo di avere una
“seconda vita” molto diversa o fortemente alternativa, pur continuando ad
andare ad un lavoro e a ricevere uno stipendio. Il senso del compromesso deve
quindi sparire, lasciando il posto a una dinamica mentale e ad un impiego delle
rispettive risorse di forte opposizione ad un sistema che non condividiamo.
Ovviamente non basta leggere un giornale di opposizione e andare ad una
manifestazione per viversi la propria alternativa, come pure è importante
ridimensionare i propri sforzi di fare carriera o evitare di fare le scarpe ad
un concorrente sul posto di lavoro. In sostanza si tratta di dare il
meno possibile al sistema dominante e di avere una vita apparentemente
“residua” molto ricca e vivace, magari fatta di poche ore ma piene di idee e
progetti di forte rilievo sociale nelle logiche che il sistema
dominante tenta di distruggere.
·
Analoghe considerazioni possono svolgersi sul concetto di “coerenza”,
tante volte inutilmente perseguita. All’interno del sistema, se non lo condividiamo, è
impossibile applicare i nostri principi secondo una purezza adamantina e una
morale incorruttibile, poiché le logiche del sistema tendono a scopi ben
diversi. Molto più significativo e soddisfacente è cercare di essere coerenti
fino in fondo nella “seconda vita”, che corrisponde esattamente ai nostri valori
e che possiamo cercare di sperimentare e realizzare in modo pieno e creativo.
Non dobbiamo peraltro credere che la coerenza personale possa essere raggiunta
subito completamente: sarà un processo, piuttosto graduale, con delle ricadute.
I tempi lunghi e le ricadute non ci devono bloccare o far desistere dalla
ricerca, anzi devono fortificare il nostro impegno, senza perdere tempo in
recriminazioni, autocritiche esagerate o, peggio, in sensi di colpa
inutili. Dobbiamo solo essere sicuri che la nostra spinta continuerà, senza
guardare troppo i livelli raggiunti e alimentando piuttosto la tensione verso
degli obiettivi realisticamente perseguibili. Essere coerenti non significa
essere perfetti, e adeguarsi ad un modello precostituito, ma sentirsi molto
coinvolti in un percorso di autonomizzazione sempre più soddisfacente.
·
Vivere proprie linee di interesse anche minimali
In qualunque
momento e a qualunque età dovremmo continuamente ricercare e perseguire i
contenuti e i valori che sentiamo nostri, liberamente scelti e maturati. Appena
interrompiamo questo sforzo, il sistema riprende il controllo e le nostre
dinamiche interne si affievoliscono e possono anche scomparire per lunghi
periodi di tempo, dando spesso luogo a forme di depressione incomprensibili e a
infelicità anche diffuse. Dobbiamo imparare a suscitare
continuamente degli interessi, scontando una prima fase di poca soddisfazione,
fino a che li riconosciamo come nostri, oppure li lasciamo cadere se altri
interessi più reali ci appaiono soddisfacenti. Non significa
svolazzare tra una molteplicità di fiori che ci stimolano solo in superfice, ma
imporsi una specie di disciplina personale che garantisca approfondimenti e
sperimentazioni reali, mentre ogni scelta alternativa deve sempre corrispondere
ad una analisi e a una maturazione personale non superficiale. La migliore
garanzia è data dalle relazioni che riusciamo ogni volta a stabilire con
l’esterno e nella vita collettiva: le nostre scelte sono più significative se
contribuiscono alle autonomie di altri o al miglioramento di situazioni
personali o di gruppo.
Quali esperienze non possono essere trascurate
·
Rapporti
affettivi dinamici e di maturazione reciproca
·
Responsabilizzazione
ed autonomizzazione dei figli e delle persone che dipendono da noi
·
Trasmissione
delle tradizioni, profondamente vissute e aderenti alle nuove esigenze
·
Coinvolgimento
di vicinanza, ascoltando in ogni momento e provando interessi non superficiali
verso chi ci circonda
·
Amicizie
profonde di scambio
·
Essere
disponibili, a tutti i livelli, senza esagerare ma sperimentando nuove modalità
di apertura
·
Perseguire
opportunità, senza sosta, senza stancarsi, con uno sguardo rivolto al futuro
vicino e lontano
·
Alimentare
la curiosità , in particolare verso la natura, le ricchezze culturali, le altre
etnie e culture
Come coltivare le potenzialità di ogni essere umano
·
Creatività
·
Immaginazione
·
Scambiare
energia collettiva
·
Contatto
diretto con i processi della Natura
·
Recuperare
capacità manuali
·
Sperimentare
continuamente nuove vie
·
Assumere
responsabilità, a vari livelli, ma senza trascurare alcuna occasione
·
Recuperare
dignità del lavoro come attività umana
·
Relazioni
più importanti della produzione
·
Elaborare
una economia del dono
·
Attribuire
elevata priorità alla solidarietà
·
Tutelare
patrimonio culturale, locale e nazionale
·
Rapporti
intensi con altre culture
Tutto questo
può essere avviato anche come lavoro di centratura personale, diampliamento
delle proprie visioni e prospettive, del senso di appartenenza a una umanità in
evoluzione e non sull’orlo della catastrofe planetaria. Tutto può
essere facilitato e accelerato se ci si sforza di guardarsi intorno e di far
propri i problemi collettivi e sociali, anche prima di impegnarsi nella loro
soluzione, che rappresenta indubbiamente un livello superiore, non obbligatorio
ma preferibile e molto attraente per chi scopre in se stesso un minimo di
sensibilità verso tutto ciò che ci circonda, la natura innanzi tutto.
Per le donne, inoltre, i processi qui delineati sommariamente costituiscono
anche la scoperta e la riconquista dei loro poteri (da non confondere con forme
di dominio sugli altri), significano svuotare e depotenziare le logiche
maschiliste e patriarcali, ma soprattutto rigenerare e godere delle proprie
capacità multiformi e creative, sia verso la natura che verso sistemi di
relazioni molto innovativi e appaganti.
Sono tutti processi da avviare, ma qualche considerazione conclusiva si può
tentare
Un primo
aspetto è essenziale (e soprattutto urgente). È ormai
difficilmente negabile che la lotta contro il cambiamento climatico rimodellerà
profondamento ( e in molte situazioni radicalmente) i nostri
modi di vivere e di entrare in relazione con gli altri e con degli ambienti
esterni esposti a mutazioni sostanziali e rapide. Saremo sollecitati,
uomini e donne a mettere in discussione le logiche sociali ed economiche
finora seguite (spesso passivamente) . I tempi ristretti esigeranno in
molti ambiti reazioni adeguate ma che potranno spesso essere improvvisate
o attuate senza avere modelli da imitare o ordini da eseguire; ciò
significa che l’inventiva e la capacità di improvvisare saranno doti preziose,
da coltivare e far conoscere.
Un secondo
aspetto deve essere sottolineato. È evidente che la gravità delle crisi che
stiamo sopportando richiedono una attiva partecipazione di tutti gli esseri
umani, ovunque vivano e indipendentemente dal genere. Le donne sembrano
essere particolarmente pronte e dotate, mentre in genere gli uomini troveranno
maggiori difficoltà ad abbandonare il mondo che si sono costruiti, quasi sempre
con la violenza, a loro immagine e somiglianza.Una impostazione gilanica
dei nuovi impegni che ci troviamo ad affrontare è senza dubbio la più efficace,
ma richiederà sforzi addizionali per essere conseguita, specie nei paesi dove
la dominanza maschile non è ancora stata messa in discussione.
Il terzo
aspetto che ci teniamo a sottolineare riguarda la capacità di rapporti collettivi
e di lavoro condiviso, che si presenterà con un massimo di difficoltà nella
attuale situazione di frammentarietà sociale e di malessere diffuso. La
consapevolezza della situazione che si è venuta a creare sotto la pressione di
un sistema economico dominante in fase di autocorruzione costituisce il momento
cruciale di ogni processo di assunzione di responsabilità sociale e ambientale
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