“Stiamo andando a incontrare la regina di Svezia!”. Il
signore dell’aeroporto guarda Rică come fosse l’incarnazione bruna dell’ultimo
modello di Boeing Dreamliner. Rică mostra un sorriso a trentadue denti. Anche
Pavel sorride. Entrambi hanno poco più di 14 anni ma me dimostrano 12. Sono
belli come il sole, ma è evidente che non sono proprio dei romeni etnicamente
puri.
L’uomo sembra preoccupato. Poi guarda me. Mi sorride. Mi
stringe la mano e si complimenta per quello che faccio. Mi dice che legge i
miei articoli. La cosa mi imbarazza. Passiamo rapidamente il controllo
passaporti. I bambini spalancano gli occhi increduli per la gente che
incontrano, per l’eleganza del posto. Poi se la svignano e si piazzano davanti
a una finestra a guardare gli aerei. Rimangono appiccicati al vetro per almeno
mezz’ora.
Il viaggio in aereo è un’avventura. Rică e Pavel sono
eccitati per quanto va veloce l’aereo ed entusiasti alla vista delle nuvole. A
un certo punto si addormentano. Li sveglio poco prima di atterrare a Stoccolma.
Sono impressionati e incuriositi da tutto e mi fanno decine di domande, alle
quali devo per forza rispondere.
Ad aspettarci c’è una decina di bambini biondi che
sventolano una bandiera della Romania e una della fondazione World’s children’s prize,
che ha organizzato il nostro viaggio. Vogliono farsi le foto insieme a noi.
Pavel scherza e mi dice che probabilmente mi hanno confuso con il cantante
Florin Salam.
Viaggiamo per una novantina di minuti sull’autostrada, a
bordo di un furgoncino Mercedes che ha il cambio automatico, come mi fa notare
Rică in continuazione. I bambini fanno a gara a indovinare i modelli e le
marche delle macchine che vedono per strada. Gli racconto della Volvo e
parliamo di automobili. Pavel si annoia e chiede della musica, ma rimane un po’
deluso quando scopre che qui che non hanno il manele.
Passiamo vicino a Stoccolma e il panorama li lascia a bocca
aperta.
Arriviamo a Mariefred. La cittadina sembra uscita da una
favola. È pieno di oche e di anatre e Rică, che ha vissuto gran parte della sua
vita nel parco di Vacareşti, alla periferia di Bucarest, rimane abbastanza
stupito del fatto che nessuno pensi a organizzare una grigliata. Sul lago, più
lontani, si vedono anche parecchi cigni, ma la cosa lo lascia indifferente. Le
anatre, invece, sono proprio sul sentiero dove camminiamo noi.
Anche il palazzo sembra ritagliato dai cartoni animati,
come osserva Pavel. Mi chiedono se nel canale che circonda il castello ci sono
gli squali e i coccodrilli. Perfino l’albergo dove alloggiamo sembra finto: è
una casetta di legno, con l’interno arredato come una vecchia casa svedese e
tutte le comodità del caso, il tutto concepito con grande raffinatezza.
Dopo aver mangiato quanto tre famiglie svedesi, i bambini
si addormentano profondamente. Ci svegliamo alle sei e mezza di mattina. Alla
colazione finiscono tutto il pane e rimangono colpiti da quanti tipi di
marmellate e succhi di frutta abbiamo a disposizione, anche se sono un po’
delusi perché sono tutte naturali.
Una scuola normale
Andiamo a visitare una scuola e lì ho uno shock assoluto. Circa centocinquanta bambini ci aspettano come fossimo la reincarnazione degli Abba. I piccoli hanno già parlato di noi in classe e sanno quello che facciamo. Ci fanno un sacco di domande, poi giochiamo a pallone, a basket, a ping pong e infine cantiamo. A dire il vero canta solo Pavel: quello che facciamo io e Rică non si può definire tale.
Andiamo a visitare una scuola e lì ho uno shock assoluto. Circa centocinquanta bambini ci aspettano come fossimo la reincarnazione degli Abba. I piccoli hanno già parlato di noi in classe e sanno quello che facciamo. Ci fanno un sacco di domande, poi giochiamo a pallone, a basket, a ping pong e infine cantiamo. A dire il vero canta solo Pavel: quello che facciamo io e Rică non si può definire tale.
I bambini svedesi parlano inglese in modo incredibile.
Chiedo se si tratta di una scuola privata o per ricconi. Mi rispondono che è
una scuola di quartiere, assolutamente normale.
I servizi e le strutture sono stupefacenti. Sala da musica,
atelier per la lavorazione del legno, studio d’arte, laboratorio di cucito.
Ogni ventisei bambini ci sono due insegnanti e due assistenti. Gli scolari
stanno in calzini, tutti seduti per terra. Lavorano su pc portatili,
utilizzando ogni sorta di gioco educativo. Hanno perfino un ambulatorio medico
che farebbe invidia alle migliori cliniche private di Bucarest.
Anche la mensa potrebbe passare per un ristorante di buon
livello da noi in Romania. Ci sono due tipi di bevande: acqua e latte. Il menù
include verdure, pesce, zuppe e un piatto cinese. Non hanno dolci, ma in
compenso c’è la frutta.
In serata torniamo a Mariefred. Veniamo fermati da decine
di bambini e adulti che vogliono congratularsi con noi. Le anatre non ci
chiedono niente, ma da come sono andate le cose finora non ci sorprenderemmo se
anche loro volessero scattarsi un selfie con noi. Le nostre avventure in Svezia
non finiscono qui, ve ne parlerò anche nel prossimo pezzo.
(Traduzione di Mihaela Topala)