I mesi
passano mentre quasi nessun governo mette tra le sue priorità assolute la lotta
al cambiamento climatico in corso, con eventi estremi (alluvioni e siccità anche in
luoghi che non le conoscevano, spostamenti e mutazioni delle stagioni ormai
evidenti anche per l’osservatore più scettico) che appaiono ormai moltiplicarsi
e soprattutto raggiungere picchi di intensità mai conosciuti negli ultimi
secoli. L’attività dell’Onu (Ipcc, Cop 21 a Parigi, e apertura a New York delle
firme definitive da parte di tutti i 195 paesi del pianeta) sembra aver perso
ogni capacità di attrarre l’attenzione dei mezzi di comunicazione di massa su
un complesso di problemi che diventano rapidamente sempre più minacciosi per la
vita di uomini e donne sul pianeta (leggi anche l’appello di Alex
Zanotelli A quando
l’Onda verde?). E intanto danni ambientali ed eventi climatici
si susseguono; proviamo a percepire i tempi e la portata di questa rete
sempre più fitta che strangola giorno per giorno l’equilibrio della Terra.
Arsenico e
super filtri. Nel
villaggio Gairaula Shiv, distretto indiano di Bjinor, abitano 7.000 persone: in
cinque anni ne sono morte di tumore 22. A Shadipur, 2.500 abitanti, le vittime
sono state 15 in quattro anni. Quasi altre 100 ne sono state contate in 10
piccoli centri fra il Gange e gli affluenti della regione. Per tutti la causa
della malattia è accertata: arsenico. È certo che la sostanza sta
facendo ammalare 65 milioni di persone in Asia, in particolare in Bangladesh,
in Nepal e in India, in quest’ultimo paese le persone esposte alla minaccia
sono 5 milioni. Un rapporto è stato inviato al dipartimento di orticoltura
della cittadina di Bjinor, con l’indicazione che le piante a foglia non devono
essere coltivate perché assorbono il veleno. (SETTE, 12 febbraio 2016, pag.52)
I trasporti
marittimi di merci con le navi portacontainer sono al minimo storico. “Nel 2015 nel porto di Amburgo”,
scrive la Suddeutsche Zeitung, “ è approdato il 10% dei container in meno
rispetto all’anno precedente”. Il minor traffico ha fatto crollare i prezzi,
mettendo in crisi gli armatori, che ora minacciano di licenziare il personale e
di cancellare diverse tratte. Il leader mondiale Maersk, ad esempio, ha
annunciato il licenziamento di 4000 persone entro la fine del 2016.”E’ peggio
del 2008”, ha commentato l’amministratore delegato Nils Andersen. La
crisi del trasporto marittimo, è dimostrata dall’andamento del Baltic Dry
Index, un indice che misura il prezzo medio dei trasporti di merce via
container: oggi l’indice è tornato ai minimi storici registrati dopo la crisi
del 2008”. E dal momento che è considerato anche un indicatore dell’andamento
dell’economia globale, non è un buon segnale per il futuro”.
(Internazionale n. 1141, 19 febbraio 2016, pag,101)
Il 15
febbraio il paese è diventato il primo al mondo a ratificare l’accordo di
Parigi contro il cambiamento climatico. (Internazionale n.1141, 19
febbraio 2016, pag. 34)
Il 16
febbraio la TV di Stato ha annunciato che diecimila persone saranno costrette a
lasciare le loro case nella provincia del Guizhou, nel sud-ovest del paese, per fare
posto al più grande radiotelescopio del mondo, che cercherà forme di vita
extraterrestre. (Internazionale n. 1141, 19 febbraio 2016, pag. 34)
Infrastrutture
obsolete. Negli
Stati Uniti, l’11 febbraio, i dirigenti dell’azienda Southern California Gas
hanno annunciato che è stata fermata la fuga di gas scoperta a fine ottobre a
Porter Ranch, un sobborgo di Los Angeles, in California. L’emergenza era
cominciata quando molti abitanti si erano rivolti alle autorità sostenendo di
avere dolori alla testa e nausee. In quattro mesi la fuga di gas,
dovuta al fatto che alcune condutture e valvole di sicurezza non erano a norma,
ha causato la fuoriuscita di 96.000 tonnellate di metano, la stessa quantità
emessa da 500mila automobili in un anno, e ha costretto undicimila persone a
lasciare le loro case. A gennaio, il governatore della California aveva
dichiarato lo stato di emergenza nell’area colpita. “Il disastro di Porter
Ranch , come quello dell’acqua contaminata di Flint, in Michigan, è la
conseguenza del fatto che le infrastrutture in tutto il paese sono obsolete, ”scrive
“ Secondo un rapporto del dipartimento per la sicurezza, ci vorrebbero1600
miliardi di dollari per modernizzare ponti, strade, porti, sistemi idrici e
altre infrastrutture per l’estrazione di gas e petrolio.” Secondo il San
Francisco Chronicle, in tutta la rete di gasdotti californiani ci sono
perdite che rilasciano continuamente gas metano nell’aria, e le emissioni
totali durante l’anno sono anche superiori a quelle di Porter Ranch.
(Internazionale n.1141, 19 febbraio 2016, pag.31)
Secondo uno
studio pubblicato su Antarctic Science, circa 150mila pinguini di
Adelia sono morti dal 2010 nella regione di Capo Denison, in Antartide, a causa
dell’arrivo di un iceberg enorme che ha fatto da tappo, costringendo
gli uccelli a un percorso molto più lungo per procurarsi il cibo. La
popolazione dei pinguini sarebbe scesa a circa diecimila unità. (Internazionale
n. 1141, 19 febbraio 2016, pag. 98)
Quattro
miliardi di persone al mondo fanno i conti con la scarsità d’acqua per almeno
un mese all’anno. Finora si
stimava che fossero tra gli 1,7 e i 3,1 miliardi. Secondo Science Advances, soprattutto
in India e in Cina, ma anche negli Stati Uniti, in Bangladesh, Pakistan,
Nigeria e Messico una parte della popolazione soffre per la mancanza
di acqua per vari mesi all’anno. In totale nel mondo mezzo miliardo di persone
ha sempre problemi di approvvigionamento idrico. (Internazionale n. 1141, 19
febbraio 2016, pag. 98)
Quasi un
milione di bambini in Africa soffre di malnutrizione grave. Tra le cause, due anni di anomalie
climatiche, peggiorate da un forte El Nino. Secondo l’Unicef, servono aiuti in
Etiopia, Somalia, Angola, Malawi, Lesotho, Swaziland e Zimbabwe.
(Internazionale n.1141, 19 febbraio 2016, pag. 98)
Siccità. La siccità che ha colpito la Colombia ha
portato il livello delle acque del fiume Magdalena dai 2,5 metri abituali ad
appena 60 centimetri. La popolazione dei pesci è calata del 90%. Internazionale
n. 1141, 19 febbraio 2016, pag. 98, con foto)
Vita da
galline. Le
uova deposte da galline allevate a terra non sono più un prodotto di nicchia
per consumatori sensibili e facoltosi, scrive Mother Jones. Ormai sono un
prodotto di largo consumo, usato anche dai fast food. Negli Stati Uniti si sta
gradualmente passando dall’allevamento in gabbia a quello a terra. Tuttavia
questi stabilimenti non somigliano affatto a piccole fattorie bucoliche. Gli
allevamenti non biologici non prevedono spazi esterni. Si tratta di grandi
capannoni chiusi, con migliaia di volatili. Le galline possono muoversi e avere
comportamenti naturali, come appollaiarsi o razzolare. Ma la mortalità è quasi
il doppio di quella rilevata nel sistema a gabbie, soprattutto a causa
dell’aggressività e del cannibalismo. “Il cannibalismo è un comportamento
appreso , un sintomo dell’allevamento industriale. “spiega la rivista. Per
questo molti allevatori continuano a tagliare il becco agli uccelli. Altri
problemi degli allevamenti al chiuso sono l’accumulo di ammoniaca dovuto allo
sterco non rimosso, la polvere sollevata dallo sbattere delle ali, la diffusione
delle malattie. In realtà, conclude Mother Jones, chi vuole comprare uova
sostenibili e rispettose del benessere degli animali non dovrebbe
limitarsi all’etichetta “allevate a terra”. In genere le diciture
“mangime vegetale”, naturale”, “fresche di fattoria” sono solo messaggi
pubblicitari. E’ meglio scegliere le uova “biologiche”, da allevamento
all’aperto estensivo o da galline allevate al pascolo, se si può sostenerne il
costo. (Internazionale n.1141, 19 febbraio 1141, pag. 98?
Pane nero? No, grazie. Ma i cibi
al carbone vegetale fanno bene? Se sì, perché sono stati denunciati i
panettieri pugliesi? (Claudia M., Cuneo). Tutta questa passione per il dark
food ha fatto proliferare una gran quantità di alimenti neri, – brioches,
focacce, pane – sollevando un caso. Dodici panettieri di Altamura sono stati
denunciati dalla Forestale. La legislazione nazionale e quella europea vietano
l’utilizzo di colorante nella produzione di pane, ma se ne prevede l’impiego
nel “prodotto della panetteria fine”. Se si panifica con E 153, il prodotto
finale non può essere definito pane, altrimenti si viola la legge. Il carbone
vegetale è indicato per chi soffre di disturbi intestinali, favorisce
l’assorbimento di gas potenzialmente nocivi ed è quindi indicato in casi di aerofagia,
cattiva digestione, , ma anche come profilassi prima di alcuni esami. In
assenza di questa sintomatologia, è inutile, e, come sempre, l’eccesso è
dannoso. Proprio l’effetto assorbente del carbone potrebbe addirittura
interferire con l’efficacia di alcuni farmaci, come la pillola
anticoncezionale. (Io Donna, 20 febbraio 2016, pag.149).
La Foresta
del grande orso. Canada.
È adesso protetta grazie ad un accordo tra associazioni
ambientaliste e industrie del legname. L’intesa proibisce il disboscamento
nell’85% del territorio (32.000 chilometri quadrati) e lo regola nel restante
15%. Eviterà così l’immissione in atmosfera di 640mila tonnellate di Co2
all’anno e proteggerà grizzly, lupi, salmoni, rane, orso kermode. (Io Donna, 20
febbraio 2016, pag. 148, con foto).
L’olio di
palma. Non è
nocivo se non se ne abusa. Nell’olio di palma non c’è un ingrediente specifico
tossico che non si trovi in altri elementi simili, ma la concentrazione di
grassi saturi fa si che vada usato con cautela per ridurre il rischio di
patologie cardiovascolari. Questo il parere dell’Istituto Superiore di Sanità,
pubblicato ieri. (Corriere della Sera, 26 febbraio 2016).
Plastica nel
Mars. Il
produttore statunitense di cioccolata Mars ha ritirato dal mercato la barretta
Mars e altri prodotti, dopo che in Germania ha trovato un pezzo di
plastica in uno snack. Inizialmente, spiega la BBC, il provvedimento riguardava
la Germania, ma poi si è esteso al Regno Unito, alla Francia, al Belgio,
all’Italia e alla Spagna. Secondo Roel Govers, portavoce della Mars nei Paesi
bassi, potrebbero essere convolti 55 paesi. I prodotti ritirati hanno data di
scadenza compresa tra il 19 giugno2016 e l’8 gennaio 2017. (Internazionale n.
1142, 26 febbraio 2016, pag. 108).
Fiumi di
petrolio. Almeno
tremila barili di greggio sono finiti nei fiumi Chiriaco e Maranon, nel Perù
nordoccidentale, a causa delle perdite in un oleodotto della compagnia
statale Petro Perù. La comunità indigena Achuar è stata la più
danneggiata. Il 17 febbraio il governo peruviano ha dichiarato una
emergenza sanitaria di novanta giorni perché l’acqua era seriamente
contaminata. “Le conseguenze ambientali di questo incidente”, scrive El
Comercio in un editoriale, ”sono terribili e l’unica responsabile è
l’azienda Petro Perù. Ancora più grave è il silenzio complice della maggior
parte dei politici peruviani”. Da giorni, scrive il quotidiano, le comunità
locali possono mangiare solo banane e yucca. (Internazionale n.1142, 12
febbraio 2016, pag. 29, con cartina geografica.
Funghi
pericolosi. I bambini
in Africa e in alcuni paesi asiatici mangiano alimenti
contaminati da due microtossine epidemiche: l’aflatossina e la fumonisina. Un
rapporto dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), avverte
che queste tossine, già note come sostanze cancerogene, sembrano rallentare il
normale sviluppo dei bambini. Sono prodotte da due tipi di funghi, diffusi
nelle coltivazioni di mais, arachidi e manioca. Gli Stati Uniti spendono tra i
500 milioni e gli 1,5 miliari di dollari ogni anno per ridurre il rischio di contaminazione
dei raccolti destinati al consumo umano. Costi insostenibili per i paesi più
poveri. (Internazionale n.1142, 26 febbraio 2016, pag.103)
Usando dati
satellitari, l’èquipe di Alistar Seddon, dell’Università di Bergen in Norvegia,
ha disegnato una mappa della sensibilità degli ecosistemi alla
variabilità climatica. Tra le zone più a rischio, in rosso, emergono la tundra
artica, parte delle foreste boreali, le regioni alpine, la foresta pluviale
tropicale, le steppe dell’Asia centrale, le praterie americane, la caatinga
(foresta semiarida del Sudamerica), e le regioni orientali dell’Australia. Le
praterie sono sensibili soprattutto alla disponibilità di acqua, le regioni
alpine alla temperatura, e la tundra artica alla temperatura e alla copertura
nuvolosa. (Internazionale n. 1142, 26 febbraio 2016, pag.104, con mappa).
Caffè in
capsule. Amburgo scoraggia
il caffè in capsule. La città di Amburgo ha proibito l’uso di caffè in capsule
negli edifici pubblici. Il divieto fa parte di un pacchetto di misure, adottato
a gennaio, per ridurre i rifiuti. Nelle capsule infatti ci sono tre grammi di
imballaggio ogni sei di caffè. In Germania un caffè su otto è fatto con una
capsula. Queste monoporzioni sono uno spreco di risorse, scrive la BBC,
producono rifiuti e possono causare inquinamento da alluminio. Le capsule
contengono spesso sia plastica sia alluminio, un insieme che le rende difficili
da riciclare. E i residui di caffè peggiorano la situazione. A livello europeo,
le capsule rappresentano circa un terzo del mercato del caffè, per un valore di
18 miliardi di euro, e le vendite sono in aumento. Si prevede che nel 2020 il
consumo di caffè in capsule possa superare quello delle bustine di tè. Queste
cifre potrebbero essere anche più alte se si migliorasse la compatibilità tra
le diverse marche. Intanto, alcune aziende che si sono poste il problema della
sostenibilità ambientale, come la Caffè Vergnano o la Honest Coffee Company,
hanno creato capsule biodegradabili. Nespresso, invece, ha un servizio di raccolta
delle capsule usate, che vengono riciclate per produrre altri materiali.
Tuttavia, secondo Piotr Barczak, dell’Ufficio Europeo dell’Ambiente, il
problema è mal posto: piuttosto che preoccuparsi di come riciclare, sarebbe
meglio produrre meno rifiuti in partenza. Riciclare dovrebbe essere l’ultima
risorsa, non la prima. (Internazionale n. 1142, 26 febbraio 2016, pag. 104)
Il veleno
che mangiamo. Avrei
qualche osservazione da fare sul bellissimo articolo che riguarda il glifosate
(così si chiama il principio attivo dell’erbicida). Il glifosate entra nei cibi
soprattutto nei paesi in cui si possono trattare direttamente le derrate
alimentari, quindi nelle colture geneticamente modificate (ogm) per resistere
all’erbicida. In particolare le colture Roundap Ready (Rr). In
Europa non si possono coltivare ogm, in Italia non si può fare neanche la
sperimentazione sul campo. Ma l’80% della soia che si consuma in Europa è
d’importazione ed è ogm Rr, è trattata con glifosate e costa più della soia
nazionale. Cosa si otterrebbe con la limitazione o il divieto di utilizzo in
Europa del glifosate? Da un punto di vista alimentare nulla, mangeremo quello
di importazione. Non sarebbe più logico (se veramente fa male) chiedere la
limitazione o il blocco delle derrate alimentari d’importazione contenenti
glifosate? Ci sta a cuore la salute delle persone e degli animali o vogliamo
solo boicottare un erbicida? (Enrico Bortolin). (Internazionale n. 1142, 26
febbraio 2016, pag.14).
Contro la
Shell. Per la
seconda volta in cinque anni, il colosso petrolifero Shell è stato denunciato a
Londra per aver causato fuoriuscite di greggio nel delta del Niger. Il primo
marzo due comunità nigeriane hanno chiesto all’azienda un risarcimento e la
bonifica dei terreni, spiega Africa News. La Technology and construction court
ha deciso che si può procedere con una causa contro la filiale nigeriana della
Shell. (Internazionale n. 1143, 4 marzo 2016, pag.23)
Il futuro
dell’automobile. Nel
2022 le auto elettriche saranno meno costose di quelle con motore tradizionale.
Lo sostiene uno studio realizzato dagli esperti di Bloomberg New Energy
Finance. Come spiega il Daily Telegraph, “il calo del prezzo delle batterie
sarà decisivo”. Un altro fattore importante sarà il rialzo del prezzo del
petrolio, che nel 2040 dovrebbe costare almeno 70 dollari al barile. In quello
stesso anno, inoltre, saranno vendute nel mondo 41 milioni di auto elettriche,
cioè quasi novanta volte la quota registrata nel 2015. (Internazionale n. 1143,
4 marzo 2016, pag. 101).
Nel tentativo
di ridurre la sovrapproduzione dei suoi impianti industriali la Cina licenzierà
1,8 milioni di persone nei settori del carbone e dell’acciaio.
Lo ha confermato il ministro delle risorse umane Yin Wei-min, che allo stesso
tempo ha annunciato lo stanziamento di 14 miliardi di euro per ricollocare i
lavoratori disoccupati. (Internazionale n.1143, 4 marzo 2016, pag. 101).
Siccità. Quest’anno la siccità e la
salinizzazione nel delta del Mekong, inVietnam, hanno raggiunto livelli
record. Il livello delle acque non era così basso da novanta anni.
(Internazionale n. 1143, 4 marzo 2016, pag.98)
Un doppio
sistema di vigilanza e allerta del World Resources Institute permetterà di
rilevare quasi in tempo reale le attività di deforestazione illegali,
ed eventualmente di intervenire con rapidità. Il sistema si basa sulle foto
satellitari di Landsat scattate a otto giorni di distanza l’una dall’altra, con
una risoluzione spaziale di circa trenta metri. Un software confronta le
immagini elaborate a ogni passaggio del satellite evidenziando con dei pixel
rossi le aree dove mancano all’appello degli alberi. Ogni anomalia viene
segnalata alle autorità via email dal sito Global Forest Watch. (Internazionale
n. 1143, 4 marzo 2016, pag. 98)
Le città si
stanno adattando ai cambiamenti climatici in modo diverso. Uno
studio su Londra, Parigi, New York, Città del Messico, San Paolo, Pechino,
Mumbai, Jakarta, Lagos e Addis Abeba rivela che la capitale francese è quella
che spende di più pro capite (397,4 sterline, pari a 513,4 euro) per mitigare
le conseguenze dei cambiamenti climatici, mentre Addis Abeba ha la spesa più
bassa. I dati suggeriscono che gli attuali investimenti non sono destinati a
proteggere le popolazioni più vulnerabili, scrive Nature Climate Change.
(Internazionale n. 1143, 4 marzo 2016, pag.98, con tabella).
Pulizia in
monodosi. In
capsule, bustine o pastiglie, i detersivi monodose per lavatrice sono comodi e
sempre più diffusi. Ma le membrane ultrasottili dei detersivi liquidi sono
sicure per l’ambiente? Queste membrane sono fatte di una pellicola composta di
un polimero sintetico, l’alcol polivinilico, che si dissolve in acqua e con
l’aiuto dei microrganismi si degrada in anidride carbonica e acqua. Non è
considerato tossico, scrive Grist, tanto che la Fda, l’ente statunitense
che regolamenta alimenti e farmaci, lo considera un materiale adatto per
l’involucro delle pillole da ingerire. “Un’azienda ha sviluppato anche una
pellicola di alcol polivinilico commestibile per confezionare gli alimenti”,
continua il giornale. Tutt’altra storia è il contenuto delle confezioni
monodose. Negli Stati Uniti centinaia di bambini, attratti da queste confezioni
piccole e colorate, sono finiti al pronto soccorso dopo averle ingerite. Il
detersivo è infatti un concentrato di sostanze potenzialmente tossiche.
Anche diluite, non fanno bene ne alle persone ne agli organismi acquatici. Le
confezioni monodose hanno però alcuni vantaggi, primo fra tutti è che i
detersivi sono molto concentrati. Alcuni contengono appena il 10% di acqua, una
caratteristica che rende il trasporto più efficiente. Inoltre, poiché hanno già
il loro involucro, questi prodotti potrebbero essere venduti senza ulteriore
packaging. L’ideale, in realtà, sarebbe produrre da sé il proprio detersivo,
conclude Grist. (Internazionale n.1143, 4 marzo 2016, pag.98).
Centomila
tonnellate di metano. L’incidente
all’Aliso Canyon, in California, ha provocato una delle più grandi fughe di
metano nella storia degli Stati Uniti. La fuga di gas è cominciata
nell’ottobre del 2015 con l’esplosione di un pozzo collegato ad un deposito
sotterraneo di metano, ed è stata fermata nel febbraio 2016. Nell’arco di
questo periodo sono state rilasciate nell’atmosfera quasi centomila tonnellate
di metano, oltre a sostanze tossiche come il benzene e il toluene. L’incidente
è stato il peggiore negli Stati Uniti per rilascio di gas serra, scrive
Science. (Internazionale n.1143, 4 marzo 2016, Pag.97)
Le
conseguenze dello zika. Durante l’epidemia di zika del 2013-2014 nellaPolinesia francese,
c’è stato un aumento dei casi di sindrome di Guillain-Barrè, una malattia
immunitaria del sistema nervoso. Uno studio pubblicato su The Lancet suggerisce
che il virus zika possa aver provocato quell’aumento. Durante l’epidemia la
sindrome è stata diagnosticata a 42 persone. L’analisi mostra che tutti gli
individui avevano gli anticorpi contro il virus, segno che erano venuti in
contatto con esso. (Internazionale n. 1143, 4 marzo 2016, pag. 97).
Salviamo il
Cherokee. Inventato
un metodo per preservare l’idioma indiano, ma non tutti sono d’accordo. Non è
un problema nuovo: gli esperti calcolano che per effetto della
globalizzazione e della diffusione di lingue dominanti – inglese, spagnolo,
arabo, le due cinesi – entro la fine del secolo metà delle 6000 lingue del
mondo potrebbero scomparire. Abbiamo raccontato in passato storie come
quella della corsa conto il tempo dei linguisti dell’Alaska per registrare le
parole di un dialetto degli eschimesi che ormai solo una donna molto anziana
era ancora in grado di parlare. I Cherokee non sono a questo punto, ma la
comunità risente di una divisione storica che risale al 1830 quando il governo
americano spinse, con metodi brutali, le tribù orientali a spostarsi in
Oklahoma. Una migrazione forzata – il nome storico dell’evento, “The Trail of
Tears”, il sentiero delle lacrime, dice tutto – rifiutata dalle parti più
combattive di questo popolo. Rimasero sulle Smoky Mountains e, dopo molte
controversie, Washington accettò di riconoscere quella che oggi è denominata
“Eastern Band of the Cherokee Nation “. In Oklahoma, dove oggi vivono 325.000
Cherokee, a parlare la lingua sono rimasti in 3000. Ma ci sono scuole, corsi
gratuiti, lezioni “on line”, video su You Tube, apps per gli “smartphone”.
Insomma, le possibilità per un tentativo di recupero ci sono. La comunità
dell’Est è molto più piccola, (una “nazione” di 14.000 anime) e meno
attrezzata: a parlare la lingua sono rimasti solo in 200. (SETTE n.10, 11 marzo
2016, pag. 50)
Elefanti in
pericolo. La
nuova ferrovia del Kenya taglia in due il loro parco, il
crollo dei turisti ne mette a rischio la vita. Comunque la si metta, questa
ferrovia preoccupa. Del resto un “corridoio” lungo 472 chilometri da Mombasa a
Nairobi, – che taglia dritto in mezzo, per 133 chilometri, uno dei parchi
naturali più straordinari del pianeta – non potrebbe non farlo. Certo, proprio
in questi giorni, il managing director della Kenya Railways Corporation, Atanas
Maina, ha ribadito come l’expertise cinese che sta partecipando alla
costruzione della Standard Gauge Railway , è riuscito a risolvere i problemi
creando un “impatto durevole (sostenibile)” sulla società keniana e,
soprattutto, sull’ecosistema. In effetti, l’opera, che ha dato lavoro a 25.000
persone locali (accanto ai 2500 cinesi della China Road and Bridge
Corporation), sta portando denaro e trasformando l’economia keniana, già prima
dei grandi cambiamenti che dovrebbero arrivare al termine dei lavori, alla metà
del 2017, quando i commerci dell’intera regione gireranno intorno alla nuova
strada ferrata. Forse l’impatto non è altrettanto positivo per gli elefanti,
che rappresentano il primo patrimonio del Parco nazionale dello Tsavo, il più
grande del Kenya, delle dimensioni dell’Emilia-Romagna, diviso già ora in due
parti, – Tsavo East e Tsavo West – dalla strada che va da Nairobi a Mombasa.
Accanto a zebre, gnu, gazzelle, e predatori vari, è proprio la presenza dei
pachidermi – tra le maggiori popolazioni rimaste – con 11.000 esemplari (erano
45.000 nel 1949 alla nascita del parco9 a rendere l’area unica. Per lor,
vedersi tagliato in due l’habitat da un treno efficiente e non più dalle
preistoriche locomotiv del Lunatic Express, non può essere il massimo.”Tsavo è
uno dei grandi ecosistemi”, conferma l’ambientalista Paula Kahumbo a Samantha
Spooner, del giornale sudafricano Mail&Guardian, “la nuova ferrovia ha
creato uno sbarramento ai movimenti degli animali da una parte all’altra. Un
vero problema perché l’ecologia dell’area si basa sulle migrazioni degli
elefanti”. “I contractor cinesi hanno creato sottopassaggi in modo da non
sconvolgere queste migrazioni”, si difende Maina. Si vedrà presto, considerato
che Save the Elephants metterà un collare satellitare a dieci esemplari
per monitorarne gli spostamenti. Ma la realtà è che Tsavo in questo momento si
sta giocando la sua stessa esistenza, anche economica: caos e rischio
terrorismo hanno fatto crollare i visitatori, nella parte East, dai 156.822 del
2011 ai 32.433 del 2015, e, nella zona West, da 64.116 a 12.118, dati
terrificanti, che la ferrovia può solo peggiorare. (SETTE n. 10, 11 marzo 2016,
pag. 53)
Emergenza
Etiopia, è tempo di Agire. Siccità e diritti umani umiliati: l’aiuto dal network sociale. Quando
l’Agenzia italiana per la risposta alle emergenze (Agire), scende in campo,
significa che, in qualche angolo del nostro pianeta, la situazione ha raggiunto
livelli di estrema criticità. Agire rappresenta infatti il coordinamento di
nove tra le più importanti organizzazioni non governative italiane (ActionAid,
Amref, Cesvi, Coopi, Gvc, Oxfam, Sos Villaggi dei bambini, Terres des Hommes e
Vis) che hanno scelto di unire le loro forze per intervenire in modo tempestivo
sulle grandi emergenze e sulla tutela dei diritti umani. L’ultimo campanello
d’allarme è suonato per la gravissima siccità che ha messo in ginocchio
l’intera Etiopia, uno tra i paesi più poveri al mondo: un vero e proprio
disastro dalle dimensioni apocalittiche che richiede più di 1,4 miliardi di
dollari in aiuti alimentari per 10 milioni di persone in stato di assoluta
indigenza. Secondo i dati del governo locale e dei partner umanitari
internazionali, la maggior parte della popolazione dipende dall’agricoltura, e
più di una persona su dieci non ha di che nutrirsi; le stime parlano di almeno
400 mila casi di grave malnutrizione tra i bambini sotto i cinque anni e di un
tasso di mortalità materna che è pari a circa 670 decessi ogni centomila
nascite. Sono proprio le donne, che risultano peraltro le protagoniste
principali dei processi di ricostruzione e di rinascita di intere comunità,
a dover oggi affrontare le più disparate forme di violenza, diretta o
indiretta, a partire soprattutto dal matrimonio precoce, pratica assai diffusa
in Etiopia, – dove il 41% delle ragazze si sposa prima del 18° compleanno – che
priva le giovani dell’accesso all’istruzione e aumenta i rischi di gravi
lesioni o di morte legati alla gravidanza e al parto. (SETTE n.10, 11
marzo2016, pag. 73).
Siccità. Il Medio Oriente è stato
colpito dalla peggiore siccità mai registrata. Gli anni tra il 1998 e il 2012
sono stati molto secchi nel Mediterraneo orientale per paesi come Cipro,
Israele, Giordania, Libano, Palestina, Siria e Turchia. Uno studio della
Nasa rivela che si tratta probabilmente del periodo più arido degli ultimi
novecento anni. Poiché l’evento va oltre la normale variabilità del clima,
potrebbe dipendere dal riscaldamento climatico, scrive il Journal of
Geophysical Research-Atmospheres. (Internazionale n. 1144, 11 marzo 2016, pag.
102).
L’etichetta
sbagliata. Nel
Regno Unito molti elettrodomestici venduti on line hanno etichette energetiche
sbagliate o incomplete, scrive il Guardian, e spesso ne sono del tutto
privi. E’ quanto emerge da una ricerca svolta da MarketWatch, un’iniziativa di
16 organizzazioni ambientaliste di diversi paesi nata per controllare che i
produttori rispettino la normativa europea sull’efficienza energetica. Avere
apparecchi più efficienti permette di consumare meno energia, risparmiare e
ridurre le emissioni di gas serra. Secondo la normativa, la maggior parte degli
apparecchi deve avere un’etichetta che indichi l’efficienza energetica. Ma se
l’etichetta è sbagliata, le persone non possono scegliere in modo consapevole.
Market Watch ha analizzato soprattutto gli elettrodomestici venduti su
internet, un canale sempre più importante. Secondo la ricerca, nel Regno Unito
solo un quarto delle etichette degli elettrodomestici venduti on line è
corretto. Moltissimi prodotti non hanno alcuna etichetta, l’1% ne ha una
sbagliata, mentre nel 35% dei casi l’informazione non è facilmente accessibile,
perché nascosta in un link o in una finestra pop up che bisogna aprire.
Considerando i dati dei negozi, sia fisici sia on line, emerge che solo il 18%
delle lavastoviglie, il 20% delle lavasciuga e il 32% dei televisori hanno
etichette corrette. Le cappe per la cucina tendono ad avere le informazioni
meno precise. La situazione non è molto diversa negli altri paesi europei.
(Internazionale n. 1144, 11 marzo 2016, pag.102).
Glifosato in
sospeso. L’Unione
europea ha preferito rimandare. Il comitato permanente su piante, animali, cibo
e mangimi (Paff) doveva decidere se prolungare di 15 anni l’autorizzazione a
usare il glifosato. Si tratta di un erbicida molto usato in agricoltura,
soprattutto nelle colture transgeniche, e sospettato dall’Organizzazione Mondiale
della Sanità di essere cancerogeno. Gli esperti dei paesi europei, riuniti il
7e 8 marzo a Bruxelles, non sono arrivati al voto, che è stato posticipato al
18 e 19 maggio. L’autorizzazione scade a giugno e senza il voto si avrebbe un
vuoto legislativo. (Internazionale n.1144, 11marzo 2016, pag. 101)
Ritorno a
Fukushima. Il 9
marzo, pochi giorni prima del quinto anniversario dello tsunami e del disastro
della centrale nucleare di Fukushima, un tribunale ha ordinato la chiusura di
due dei quattro reattori rimessi in funzione nel paese dopo l’incidente dell’11
marzo 2011. In seguito al disastro, tutti i 54 reattori del Giappone erano
stati spenti in attesa di essere sottoposti ai test di sicurezza secondo
standard più rigidi. Il paese ha fatto a meno del nucleare e ha prodotto
energia quasi unicamente da fonti fossili per circa due anni. Poi sono stati
riattivati due reattori nel sud del Giappone nell’agosto e nell’ottobre del
2015. Nel 2016, infine, è stata la volta dei reattori 3 e 4 dell’impianto di Takahama,
che ora il tribunale vuole chiudere. La Kansai Electric, che gestisce la
centrale, ha deciso di fare appello contro l’ordinanza. Una cattiva notizia per il
governo di Shinzo Abe, che preme per tornare in fretta all’energia
atomica nonostante gran parte dell’opinione pubblica sia contraria.
Cinque anni dopo lo tsunami, che causò 16.000 morti e 350.000 sfollati, circa
60.000 persone vivono ancora in alloggi provvisori. A Naraha, la prima delle
città evacuate per le radiazioni, solo pochi sono tornati. La decontaminazione
nelle zone colpite dalle radiazioni continua, ma non si è ancora trovata una
sistemazione per i 700 milioni di metri cubi di terra radioattiva, raccolti per
ora in sacchi neri che costellano il paesaggio intorno alla centrale Fukushima
Daichii. Dai reattori spenti continua ad uscire acqua contaminata, che la
Tepco, gestore della centrale, intende contenere congelando il terreno
circostante. Il piano è quasi pronto, ma l’autorità indipendente per il
nucleare l’ha bloccato per il rischio ancora alto di perdite. A preoccupare è
anche la situazione dentro i reattori, dove c’è del combustibile e dove nemmeno
i robot possono entrare. (Internazionale n. 1144, 11 marzo 2016, pag.33)
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Economista e obiettore di crescita, è animatore di
reti di economia solidale. Tra i suoi libri, «La fine del liberismo» (Carta) e
«Il mercato della salute. Diritto alla vita tra interessi, speculazioni,
piraterie» (scritto con Maurizio Rossi per Emi).