Il lavoro nel XXI secolo
L’attuale mondo del lavoro nelle società capitalistiche occidentali presenta
una serie di tendenze allarmanti (Honnet 2020):
- l’erosione della sicurezza garantita dal
contratto di lavoro [deregulation];
- l’aumento dei processi di digitalizzazione
[sostituzione del lavoro umano con l’automazione e ora con l’AI o
meglio «invisibilizzazione» del lavoro umano (Casilli
2020)];
- la riduzione del potere d’acquisto del reddito da
lavoro che spesso non riesce a garantire un’esistenza dignitosa del
lavoratore [lavoro povero].
Accanto a queste tendenze, e
probabilmente come loro conseguenza, si manifesta anche e sempre
più l’esclusione dei lavoratori dai processi decisionali relativi al
proprio lavoro con la conseguenza di un aumento non solo dell’insoddisfazione e
della disistima, ma anche del disinteresse più generale verso i processi
politici che si svolgono all’interno della società. Come da tempo evidenziato,
«meno potere si ha sul luogo di lavoro, meno impegnative risultano le
attività che definiscono un’occupazione e più debole è la fiducia nel proprio
potere politico» (Pateman 1970).
Anche nella Scuola assistiamo da alcuni decenni al realizzarsi di queste
tendenze, a partire dalla cosiddetta “privatizzazione” del rapporto di lavoro
[d.lgs. n. 29/1993], che ha introdotto anche nella Pubblica Amministrazione i
princìpi base della cultura imprenditoriale: “efficacia, efficienza e
economicità” e che nella Scuola si è concretizzata con l’Autonomia scolastica [d.P.R.
n. 275/1999] di Luigi Berlinguer e l’introduzione in chiave aziendalistica
della dirigenza scolastica e delle RSU nelle singole Istituzioni scolastiche.
Un progetto – poi proseguito senza soluzioni di continuità da Moratti [2003],
Gelmini [2008 – 2010] e Giannini [“Buona Scuola”, l. n. 107/2015] – che
però si è in parte arenato per l’impossibilità di disarticolare del tutto
l’impianto collegiale e democratico della Scuola, per la mancanza di risorse e
per le lotte e la resistenza di docenti, ATA e studenti in difesa della Scuola
pubblica.
Ma la spinta verso il modello imprenditoriale è ripresa con forza in questi
ultimi anni con l’uso politico dell’emergenza Covid, e l’uso “corruttivo” delle
ingenti risorse del PNRR, che hanno introdotto “tutor” e
“orientatori”, “mentori”, “docenti temporaneamente e stabilmente incentivati”
insieme allo sproloquiare sulla retorica del “merito”, della ”rivoluzione
digitale” e delle varie “transizioni”.
PNRR, digitalizzazione e Artificial
Intelligence
Come è noto, l’Italia sta ricevendo per il periodo 2021-2026 dal Recovery
and resilience facility-RFF 191,5mld di euro, di questi solo 68,9 sono
“sovvenzioni” mentre ben 122,6 sono “prestiti” da restituire «a tasso
agevolato» [sic!], magari tagliando nel prossimo futuro servizi e
pensioni.
Nel settore dell’Istruzione e della Ricerca, alla Missione4. del PNRR,
un Piano che «comprende un ambizioso progetto di riforme», sono
destinati 30,88mld, grazie ai quali anche nella Scuola e nell’Università sta
riuscendo ad affermarsi quel tecno-ottimismo secondo il quale – salvificamente
– «La rivoluzione digitale rappresenta un’enorme occasione per aumentare la
produttività, l’innovazione e l’occupazione, garantire un accesso più ampio
all’istruzione e alla cultura e colmare i divari territoriali» (Draghi
2021).
La Missione4, con le sue Riforme e Investimenti prevede:
- un traballante sistema di
orientamento [dd.mm. n. 328/2022, n. 63/2023, n. 19/2024 e n.
231/2024; d.l. “Milleproroghe” 2025] basato su tutor, mentor e orientatori;
- l’istituzione di un’inutile Scuola di
Alta Formazione, affidata a INValSI e INDIRE,
che sta decidendo sulla formazione obbligatoria di dirigenti scolastici,
docenti e personale tecnico-amministrativo [leggi n. 79 e n. 142/2022,
CCNL 2024; d.m. n. 113/2024], per «accelerare la trasformazione
digitale dell’organizzazione scolastica e dei processi di apprendimento e
insegnamento, in coerenza con il quadro di riferimento europeo delle
competenze digitali DigComp 2.2 (per studenti) e DigCompEdu (per docenti)»,
su cui costruire nuove gerarchie;
- lo sperpero di ingentissime risorse per
mirabolanti scuole innovative, nuove aule didattiche e laboratori previsti
dal Piano Scuola 4.0 [d.m. n. 161/2022].
D’altronde gli imprenditori del B7 “raccomandano”
ai politici del G7 di «riformare i sistemi scolastici»,
ovviamente in partnership pubblico/privato, e prevedere «programmi
specifici per gli insegnanti, volti a colmare il divario esistente
nell’insegnamento e a dotarli delle competenze e delle conoscenze necessarie
per guidare gli studenti attraverso le molteplici transizioni»,
nonché «Migliorare l’istruzione nel campo dell’IA» (Confindustria
2024).
La digitalizzazione [rectius
«computerizzazione»] 1
Fin dalla metà del secolo scorso non sfuggiva ai più attenti osservatori
(Bright 1958, Braverman 1974) che ai livelli più elevati di produzione
automatizzata, tutti gli indici di qualificazione del lavoro, dalla conoscenza
e dall’esperienza alle funzioni decisionali, presentassero una caduta verticale
[la cosiddetta «gobba della qualificazione necessaria»]. E
soprattutto che la perdita del controllo sulle macchine non fosse «una
rovinosa inevitabilità», ma dipendesse dalla specifica forma di
organizzazione del lavoro capitalista che esclude i lavoratori dalla proprietà
dei mezzi di produzione [oggi ad esempio incarnato nel software proprietario e
nello strapotere di GAFAM & soci], dalla dislocazione della manodopera
rispetto alla macchina [Casilli 2020; Crawford 2021; Cabitza 2021] e da un’«evoluzione
sociale» conforme a questa organizzazione, «nella quale la
conoscenza della macchina diventa un tratto specialistico e separato, mentre
nella massa dei lavoratori fioriscono solo l’ignoranza, l’incompetenza e quindi
la propensione alla dipendenza servile dalla macchina»[nel nostro caso le
cosiddette “competenze digitali” del DigCompEdu e del DigComp2.2].
Così, mentre i cantori della “rivoluzione digitale” favoleggiano della
scomparsa dei mestieri più faticosi e dello spostamento di masse di lavoratori
verso occupazioni più qualificate, quello che ci troviamo sotto gli occhi è
invece tutt’altro (Friedman 1946; Casilli 2020):
- la frammentazione, parcellizzazione e
semplificazione della prestazione lavorativa, spossessando i lavoratori –
formalmente però sempre più qualificati – di parte delle loro attività,
per affidarle all’imperscrutabile funzionalità della macchina, da cui
deriva una debole identità lavorativa, una sempre più scarsa solidarietà e
– soprattutto – retribuzioni più basse;
- la riduzione dei tempi necessari a realizzare i
compiti affidati, che è un altro modo per diminuirne i costi;
- la flessibilizzazione e estensione del tempo di
lavoro al di fuori dei limiti stabiliti dai contratti, in modo da
aumentare il tempo di lavoro a parità di retribuzione.
Per altro verso, e più in generale, se
deleghiamo i compiti ripetitivi, gravosi, rischiosi o semplicemente impegnativi
alle macchine ciò non accade sempre per svolgerli in modo più efficiente ed
efficace, ma «per il maggior agio delle persone interessate (e
sottolineo: non necessariamente beneficio, ma agio)».
Una “spinta gentile”, un risparmio di fatica e di tempo che, nel caso
dell’insegnamento, possiamo riscontrare ad esempio nei test [auto-corretti]
proposti da Google Classroom e simili. Ma così facendo «Il lavoro di
insegnamento, apprendimento e ricerca si curva impercettibilmente ma
significativamente verso traiettorie mai decise in maniera consapevole» (Fant,
Milani 2024).
Automazione e Artificial Intelligence
Naturalmente dobbiamo tenere presente che l’AI però è una automazione
particolare fondata su modelli probabilistici, che “scelgono” statisticamente
relativamente a classificazioni e valutazioni limitate con l’ambizione di «pianificare,
e perfino stimare, predire e prevedere». Per il suo uso in ambito
scolastico, come già accade nella sperimentazione del MIM come Tutor virtuale o
come si appresta a fare INValSI per la correzione delle risposte
“aperte” dei suoi quiz, si dovrebbe quindi fare molta attenzione sulle
conseguenze di «attività che sono, a loro volta, parti integranti di
processi volti a raggiungere obiettivi complessi in contesti reali,
caratterizzati da un alto contenuto di conoscenza, autonomia, giudizio e
incertezza», come il futuro di studenti e studentesse cristallizzato nel
loro e-portfolio.
Questo mentre 55 scuole della regione Friuli Venezia Giulia hanno già lavorato
nell’a.s. 2023/2024 alla stesura di Linee guida sull’utilizzo dell’IA
in ambito scolastico, con lo scopo – tra l’altro – di «Migliorare
l’efficacia dell’insegnamento: l’IAg può essere utilizzata per sviluppare
strumenti didattici avanzati, come tutor virtuali o sistemi di valutazione
automatica» (Rete di Scuole FVG 2024), sulla scorta di quanto già
prodotto dall’UNESCO (UNESCO 2021, 2023, 2024) sotto la vigile
sorveglianza della nostra ex ministra Stefania Giannini, già nota per la
renziana “Buona Scuola”.
Le conseguenze della digitalizzazione
nel lavoro di docenti e ATA
Oltre le problematicità legate all’uso che i proprietari dei sistemi
informatici stanno facendo dei “dati” che sottraggono a docenti, studenti/esse
e famiglie nelle nostre scuole (Pievatolo 2025), sono già evidenti altre
conseguenze che la digitalizzazione ha già prodotto nel lavoro di docenti e
ATA. Mentre tra gli esperti di istruzione e tecnologia sull’uso dell’AI nelle
scuole sembrano insinuarsi dubbi significativi tra gli entusiasmi iniziali
(Monis-Weston 2024). In sintesi, e seguendo cronologicamente la loro
introduzione:
- Rilevazione automatica delle presenze: obblighi
ed esclusioni
- Registro elettronico: non obbligatorietà,
problematicità come “atto pubblico” e sulla privacy, sfilacciamento del
rapporto scuola-famiglia, irrigidimento aritmetico delle valutazioni,
intrusioni commerciali
- Personale AA e l’intrusione lavorativa dell’INPS
con l’app “Nuova Passweb”
- INValSI. Standardizzazione e digitale: prove,
correzioni, valutazioni, “fragilità”
- Google Classroom et similia: struttura prove,
valutazione quantitativa, correzioni
- Comunicazioni tramite canali social:
tracciabilità e non obbligatorietà
- Contrattazione nazionale e d’istituto:
“disconnessione” e tecnostress (Brod 1984)
- Selezione e carriera del personale: competenze
“digitali” e gerarchie
- Linee guida sull’utilizzo dell’IA in ambito
scolastico: soluzione tecno-ottimista
Che fare? Come resistere e quali tutele
Come ci ricorda Daniela Tafani, a questa deriva è possibile resistere: «Serve,
per ciò, quella sottovalutata virtù che Weizenbaum chiamava il “coraggio
civile”: “È una credenza diffusa, ma tristemente erronea, quella per cui il
coraggio civile trova modo di esercitarsi soltanto nel contesto di avvenimenti
che scuotono il mondo. Al contrario, il suo esercizio più arduo ha spesso luogo
in quei piccoli contesti in cui la sfida è quella di superare i timori indotti
da futili preoccupazioni di carriera, delle nostre relazioni con coloro che
sembrano aver potere su di noi, o di qualsiasi cosa che possa turbare la
tranquillità della nostra esistenza quotidiana».
TUTELE COLLETTIVE: competenze organi collegiali, ruolo RSU e RLS
TUTELE INDIVIDUALI: uso della rimostranza scritta e dell’opzione di gruppo
minoritario
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1. «digitalizzazione» come rivoluzione mediatica: abbiamo
solo un problema di alfabetizzazione; «computerizzazione» come
cambiamento infrastrutturale: abbiamo un problema politico (Pievatolo 2025)
Bibliografia
AgID, Linee Guida per l’adozione dell’Intelligenza Artificiale nella
Pubblica Amministrazione – 2025
Braverman Harry, Lavoro e capitale monopolistico. La degradazione del
lavoro nel XX secolo – 1974
Bright James R., Automation and Management – 1958
Brod Craig, Technostress. The Human Cost of the Computer Revolution –
1984
Cabitza Federico, Deus in Machina? L’uso umano delle nuove macchine,
tra dipendenza e responsabilità – 2021
Casilli Antonio A., Schiavi del clic. Perché lavoriamo tutti per il
nuovo capitalismo? – 2020
Confindustria, Leading the transitions together. Final Communiqué –
2024
Coriat Benjamin, La fabbrica e il cronometro – 1979
Crawford Kate, Né intelligente né artificiale – 2021
Curcio Renato, Il capitalismo cibernetico – 2022
Draghi Mario, premessa al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza –
2021
Draghi Mario, rapporto Il futuro della competitività europea –
settembre 2024
Fant Davide, Milani Carlo, Pedagogia hacker – 2024
Friedman Georges, Les problèmes humains du machinisme industriel –
1946
Honnet Axel, Democrazia e divisione sociale del lavoro – 2020
Monis-Weston David, Will AI have a big impact on teaching, education
and schools? – 2024
Pateman Carol, Partecipation and Democratic Theory – 1970
Pievatolo Maria Chiara, Di dati e despoti. La scuola al tempo della
transizione tecnofeudale – 2025
Rete di Scuole FVG, Costruire il futuro. Linee guida sull’utilizzo
dell’IA in ambito scolastico – 2024
Sennett Richard, L’uomo flessibile – 1999
Tafani Daniela, Omini di burro. Scuole e università al Paese dei
Balocchi dell’IA generativa – 2024
UNESCO, AI and education. Guidance for policy-makers – 2021
UNESCO, Guidance for generative AI in education and research –
2023
UNESCO, AI competency framework for teachers – 2024
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Questo testo è stato inizialmente
redatto per il Convegno su La Scuola nella transizione digitale svoltosi
a Palermo il 18 novembre 2024 per poi essere
successivamente presentato, con modifiche e aggiornamenti ai Convegni di Terni
4.2.2025, Roma 25.2.2025, Ancona 17.3.2025 e il prossimo 31 marzo a Torino.
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