Quando si nuota, trovare uno shopper o un altro oggetto di plastica galleggiante dà fastidio. Ma quando la plastica non si vede può essere anche peggio. Lo prova una ricerca, condotta dall'università di Siena, appena pubblicata dal Marine Pollution Bulletin: l'invasione di frammenti di plastica nel Santuario dei cetacei - l'area protetta situata tra la Corsica, la Costa Azzurra e la Toscana - mette in pericolo la sopravvivenza delle balene.
Nelle microparticelle di plastica sono infatti presenti - spiega Maria Cristina Fossi, la biologa che ha coordinato lo studio finanziato dal ministero dell'Ambiente - gli ftalati e altri distruttori endocrini. Sono le sostanze che alterano gli ormoni sessuali, creando una tendenza all'ermafroditismo che può mettere in pericolo la sopravvivenza dei grandi gruppi di cetacei.
Questa minaccia chimica è consistente perché le micro plastiche inferiori a 5 millimetri, prodotte dalla degradazione di sacchetti e di altri oggetti e da attività industriali, nel Mediterraneo hanno una concentrazione simile a quella delle aree del Pacifico in cui, a causa di un particolare gioco di correnti, si formano le grandi isole di plastica galleggianti.
La ricerca mostra per la prima volta il rapporto tra questo inquinamento diffuso e gli effetti sui grandi mammiferi del mare dimostrando che i distruttori endocrini sono assunti in dosi rilevanti: ai test sulle balene spiaggiate si sono aggiunti quelli condotti sui cetacei in libertà (con un dardo modificato è possibile catturare un piccolo frammento di pelle, sufficiente per le analisi)...
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