È la prima volta che accade. Il ministro «per gli affari tribali» del governo dell'Unione indiana ha revocato sette concessioni minerarie invocando i suoi poteri costituzionali per la difesa degli interessi delle popolazioni native, o adivasi («tribali» nel linguaggio comune in India).
Il gesto del ministro Kishore Chandra Deo è riferito con un certo scalpore dalla stampa indiana, e si capisce: l'India ha grandi giacimenti e l'industria mineraria è in piena espansione, muovendo interessi economici enormi - ma creando anche grandi conflitti sociali. E l'intervento di un ministro in nome degli interessi della popolazione nativa ha messo in allarme le lobby industriali.
La scorsa settimana dunque il ministro «per gli affari tribali» ha revocato sette concessioni per l'estrazione di bauxite (materia prima dell'alluminio) nello stato di Andhra Pradesh, nell'India centrale, che il governo di quello stato aveva dato sei anni fa all'industria statale, la AP Mineral Development Corporation. Le miniere sarebbero state aperte in due zone del Ghat orientali, la dorsale montagnosa che traversa l'India peninsulare; per lavorare il minerale due imprese private sono già state autorizzate ad aprire due raffinerie.
Quei progetti minerari però avevano suscitato polemiche e proteste. Diverse organizzazioni sociali e ambientaliste dicono che miniere e raffinerie avrebbero reato danni irreparabili all'ecologia della regione, privando la popolazione rurale delle sue fonti di sussistenza. Anche perché estrarre bauxite significa rimuovere il terreno dalla sommità delle colline - è lì che il minerale si trova - togliendone la copertura verde e stravolgendone l'equilibrio, prosciugando le fonti d'acqua, fino a rendere impossibile coltivare e vivere su quelle terre...
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