Fino a 64 anni di età la condizione di vita in solitudine,
volontaria o meno che sia, coinvolge già oggi 4,9 milioni di individui, il
60,5% dei quali uomini. “Nei prossimi 10 anni, evidenzia l’ISTAT, questo
segmento della popolazione è destinato a rimanere piuttosto stabile (4,8
milioni nel 2033). Nel decennio successivo, invece, in linea con il declino
complessivo che caratterizzerà la popolazione in età adulta, anche le persone
sole entro i 64 anni di età si avvieranno a subire una flessione che li porterà
a 4,5 milioni entro il 2043.”
Qui il Report
dell’ISTAT: https://www.ripartelitalia.it/wp-content/uploads/2024/07/Previsioni-popolazione-e-famiglie_Base-1_2023.pdf .
Un paese che si rimpicciolisce anche a causa della partenza
di tanti italiani: al 31 dicembre 2022 i cittadini italiani abitualmente
dimoranti all’estero sono 5 milioni e 940mila. Circa 3 milioni e 246mila
risiedono in Europa e 2 milioni e 384mila in America. Solo il 31,6% degli
italiani residenti all’estero è nato in Italia (1 milione e 900mila), ma in
Europa questa quota è pari al 41,8% mentre in America centro-meridionale è di
gran lunga inferiore al 10%. Nel 2022 a Londra risiedono quasi 375mila connazionali.
Al secondo posto Buenos Aires, con poco più di 322mila italiani e al terzo San
Paolo con oltre 239mila italiani. Nel 2022 i nati degli italiani residenti
all’estero sono 25mila (tasso complessivo pari a 4,3 nati per 1.000 residenti).
I decessi, invece, ammontano a poco più di 8mila (1,4 per 1.000 italiani
residenti all’estero). Nel corso del 2022 sono 100mila gli espatri e 75mila i
rimpatri dei connazionali dall’estero, con un saldo migratorio pari a +25mila
per la popolazione italiana all’estero. Ammontano a oltre 85mila le
acquisizioni di cittadinanza italiana all’estero, nell’America
centro-meridionale soprattutto per effetto dei riconoscimenti iure
sanguinis .
Qui il Report
dell’ISTAT: https://www.istat.it/wp-content/uploads/2024/07/Italiani-residenti-allestero.pdf .
Dovrebbe iniziare a destare qualche preoccupazione questa
fuga degli italiani dall’Italia, soprattutto se a voler girare i tacchi per
andar via sono i più giovani, anche stranieri. Il 34% dei giovanissimi immagina
infatti un futuro all’estero. Giovanissimi che rappresentano un capitale umano
tendenzialmente in calo, quindi ancora più prezioso per il futuro del paese. Da
questo punto di vista il loro trattenimento in Italia richiede l’offerta di
adeguate opportunità di vita. Molti ragazzi che oggi vivono in Italia, vedono
il proprio futuro all’estero. Oltre il 34% dei ragazzi tra gli 11 e i 19 anni
da grande vorrebbe vivere in un altro Paese. La percentuale è ancora più alta
per gli stranieri (38,4%). Da sottolineare che l’8% circa dei ragazzi stranieri
da grande desidera vivere nel paese di origine (suo o dei genitori), mentre
oltre il 30% si vede in un paese diverso dall’Italia e da quello di origine.
Anche la quota di indecisi è leggermente più elevata per gli stranieri (23,7%)
che per gli italiani (20,7%). La maggiore propensione alla mobilità dei ragazzi
non italiani si spiega con il minore radicamento familiare e sociale in Italia;
inoltre, chi ha vissuto una prima esperienza migratoria è più incline a
intraprenderne altre. Come per altre intenzioni, è possibile evidenziare
importanti differenze di genere. Tra le ragazze, sia italiane sia straniere, la
quota di coloro che vogliono vivere all’estero da grandi è più elevata di
quella riscontrata per i loro coetanei maschi: rispettivamente il 37,9% per le
italiane (contro il 30,7% dei maschi) e il 42,7% per le straniere (contro il
34,6% dei ragazzi). La collettività che più di tutte vuole vivere in Italia è
quella marocchina con una percentuale (45,1%) simile a quella degli italiani
(45,6%) e al contempo superiore a quella del totale degli stranieri (37,9%).
Pur nel quadro di un’ampia fetta di indecisi (47,5% a fronte di una media del
23,7%), i ragazzi cinesi mettono in evidenza una quota più contenuta di persone
che da grandi desidera vivere in Italia (29%) e nel contempo un maggiore
orientamento al voler vivere da grandi nel Paese di origine dei genitori
(11,8%). Tra chi ha paura del futuro, la quota di chi vuole restare in Italia è
più bassa rispetto al valore rilevato tra chi sente il fascino del futuro:
39,9% rispetto a 47,0%. Istat che ci dice che I ragazzi nel
2023 sognano ancora l’America: il 32% di coloro che da grandi si vedono
all’estero vorrebbe vivere negli Stati Uniti, seguiti, ma a lunga distanza,
dalla Spagna (12,4%) e dalla Gran Bretagna (11,5%): https://www.istat.it/wp-content/uploads/2024/05/Bambini-e-ragazzi-2023.pdf .
Già il Governatore della Banca d’Italia Fabio
Panetta aveva posto l’accento sulla fuga dei giovani dal nostro paese,
evidenziando come dal 2008 al 2022 circa 525 mila giovani italiani avessero
lasciato l’Italia e solo un terzo di essi sia tornato in Italia. Un esodo,
aveva sottolineato Panetta, che “indebolisce la dotazione
di capitale umano del nostro paese. ” Ma cosa spinge tanti
giovani ad abbandonare l’Italia?
Nel rapporto sulla condizione giovanile in Italia “Giovani
2024: Bilancio di una Generazione” del Consiglio Nazionale dei
Giovani e dell’Agenzia Italiana per la Gioventù redatto
con il supporto di EURES ( https://www.pressenza.com/it/2024/04/giovani-2024-il-bilancio-di-una-generazione/ )
si legge che: “la cosiddetta “fuga dei cervelli”, ovvero la scelta di molti
giovani qualificati di lasciare l’Italia, non è dovuta alla ricerca di maggiori
benefici personali e professionali (4,6%), quanto piuttosto alla scarsa
attrattività e alla mancanza di prospettive in Italia (35,5%), alla scarsa
attenzione delle istituzioni italiane al futuro dei giovani (34,3%), e alla
scarsa valorizzazione di questi da parte delle imprese italiane (25,6%). Sono
principalmente i giovani del Nord (37,4%) e del Centro (39,2%) a spiegare la
“fuga di cervelli” come conseguenza della scarsa attrattività e della mancanza
di prospettive dell’Italia, mentre i giovani del Sud enfatizzano maggiormente
il riferimento alla scarsa attenzione delle Istituzioni (38,2%). Si segnala
infine come il campione femminile attribuisca la responsabilità del fenomeno
alla scarsa valorizzazione dei giovani da parte delle imprese italiane (27,6%)
in misura maggiore dei coetanei maschi (23,1%) che, invece, leggono
maggiormente la “fuga dei cervelli” come ricerca di valorizzazione delle
competenze di un giovane (7,1% contro il 2,4% tra le ragazze).”
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