mercoledì 3 luglio 2024

Partire dal cibo - Marinella Marescotti

 

Per rompere il muro dell’indifferenza e dell’ineluttabilità è stato organizzato un contro-vertice, per dare segnali alternativi, per dire che un altro mondo è assolutamente necessario. Lo abbiamo chiamato la controcena dei poveri e si è svolto oggi a Brindisi in occasione del G7.

PARTIRE DAL CIBO

Il cibo è essenziale per la vita, unisce tutti.

Il cibo può ammalare il nostro corpo o può mantenerlo sano.

Il cibo può  ammalare il nostro pianeta o può mantenerlo sano.

Il cibo può essere un sano nutrimento o un alimento carente di nutrimento, pieno di zuccheri raffinati e grassi dannosi.

Il cibo è lo specchio delle contraddizioni del momento che viviamo, in cui la fame nel mondo ricomincia ad essere in crescita dal 2015.

I DATI sulla fame

 

Secondo i dati Fao (Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura dell’ONU) del 2023, gli affamati sono 828 milioni di persone, oltre  il 10% della popolazione mondiale, più di 3 miliardi di persone (oltre un terzo della popolazione complessiva soffrono qualche forma di insicurezza alimentare!

L'OMS stima 11 milioni di morti per fame all'anno, uno ogni 3 secondi.

Nel settembre 2000 tutti i 193 stati membri dell’Onu hanno firmato la dichiarazione che fissava gli obiettivi di sviluppo del millennio (MDGs), da raggiungere entro il 2015. Al primo posto  "sradicare la povertà estrema e la fame nel mondo". All’inizio si sono registrati segnali di miglioramento ma dal 2015 il numero delle persone affamate sono aumentate, anche a causa dei cambiamenti climatici e delle guerre, non ultima quella in Ucraina che ha portato a gravi conseguenze sull’esportazione del grano nei paesi africani.

Le contraddizioni 

La malnutrizione ha due aspetti speculari, entrambi dannosi: 

·         la carenza di cibo e la conseguente denutrizione, con ritardi nello sviluppo e gravi problemi di salute

·         L’eccesso di cibo iper-trasformato, carente di sostanze nutrienti per il corpo, pieno di calorie, zuccheri raffinati e grassi dannosi

Si comincia ad assistere da diversi anni a nuove  forme di malnutrizione con l’avvento di fast food e alimenti iper-industrializzati: la combinazione di sovrappeso e ritardo di crescita. 

Questi due problemi stanno causando danni sia per gli individui sia per la salute pubblica sia per il pianeta.

I cibi iper-trasformati sono frutto di sistemi alimentari che producono sfruttando le risorse del pianeta in modo inaccettabile e che distribuiscono gli alimenti in modo insostenibile.

La FAO  stima che quasi il 30% delle emissioni di gas serra sia a carico del settore agro alimentare, per la produzione e la distribuzione di cibo.

A questo si aggiunge il consumo di suolo, il consumo di acqua, l’utilizzo di pesticidi e veleni per le coltivazioni, la riduzione di biodiversità.

Un ulteriore dato inaccettabile è quello dello spreco alimentare che ogni anno oltrepassa il miliardo di tonnellate di cibo. Circa un terzo delle produzioni (frutta, verdura, pesce, cereali, prodotti caseari e carne) viene persa, mentre potrebbe sfamare abbondantemente la parte di popolazione del pianeta affamata.

Dobbiamo quindi ripensare l'intero funzionamento dei nostri sistemi alimentari. La sfida non è solo sradicare la fame dal mondo, ma sradicare la malnutrizione in tutte le sue forme e invertire la rotta della produzione e distribuzione del cibo per frenare i cambiamenti climatici e i danni  al pianeta

LE SOLUZIONI

Con i dati appena visti, 800 milioni circa di affamati e migranti climatici, che senso può avere una soluzione di respingimento?

Le soluzioni devono essere strategiche e devono rivedere radicalmente il concetto di ‘sviluppo’, in modo che tenga conto della limitatezza delle risorse del pianeta e della necessità di preservarlo per le future generazioni. 

Le soluzioni devono essere sistemiche per la complessità dei problemi in gioco  e per l’interdipendenza che contraddistingue la nostra società.

Le risorse ci sono, dirottandole dalle spese militari a obiettivi di salvaguardia della vita.

In questi giorni si riunisce il G7 in Puglia: basterebbe tagliare l'1% (uno percento, avete letto bene) del  bilancio militare dei grandi sette della Terra per sradicare la fame nel mondo. I paesi del G7  manterrebbero comunque una schiacciante superiorità militare sulla Russia.  

Inoltre con una riduzione complessiva del 5,7% delle spese militari dei paesi del solo G7 si potrebbero eliminare dal mondo:

- la morte per fame, riducendo dello 0,94%; 

- la morte per malaria  riducendo dello 1,06%

- la mortalità infantile in eccesso, riducendo dello 0,94%. 

Tutto ciò sempre senza perdere la superiorità rispetto alla Russia che spende 109 miliardi di dollari all'anno rispetto ai 1.166 miliardi di dollari dei paesi del G7.

I dati sono stati preventivamente assunti ed elaborati dall’associazione Peacelink e successivamente sottoposti alla verifica di un avanzato sofware di Intelligenza Artificiale, in grado di analizzare gli immensi archivi delle statistiche mondiali. In tal modo si è ottenuta conferma  dell’accuratezza dei risultati calcolati.

Invece a che cosa assistiamo? 

Ad un aumento generalizzato delle spese militari: nei paesi del G7 nel 2017 ammontavano a circa 855 miliardi di dollari, oggi sono arrivate a 1166 miliardi.

Basterebbero le considerazioni appena fatte per convincere tutti, in primo luogo i grandi della Terra, a prendere decisioni per cambiare rotta drasticamente, per il bene degli individui, delle comunità e del pianeta.

Per rompere il muro dell’indifferenza e dell’ineluttabilità è stato organizzato questo contro-vertice, per dare segnali alternativi, per dire che un altro mondo è assolutamente necessario.

Un riferimento alla controcena dei poveri… un cibo popolare, la frisella e il couscous, che fa bene alla propria salute e a quella del pianeta, che unisce  le persone in una relazione conviviale. Nella dieta mediterranea, patrimonio immateriale dell’umanità  dell’Unesco, oltre alla qualità e quantità degli alimenti è riconosciuto il valore della condivisione conviviale.

Ripartiamo dal cibo semplice, nutriente,  di origine vegetale, che segue la stagionalità e le peculiarità dei territori in cui è coltivato, quindi cibo a km zero e tipico di una comunità, cibo popolare.

Le frise sono l’espressione del pane da conservare, di cui non andasse persa neanche una briciola….anche le briciole di frise, i cosiddetti ‘frizzuli di friselle’ si consumavano con pomodori o con zuppe di  legumi e verdure. Grani duri antichi, coltivati da piccoli produttori locali che hanno preferito la restanza all’emigrazione per contrastare l’abbandono delle campagne e dei piccoli centri.

L’alternativa alle politiche che affamano, ammalano, avvelenano, distruggono… può iniziare da frise e couscous,  dal complesso di valori e buone pratiche che c’è dietro.

Saggezze alimentari di tutti i POPOLI, unitevi!

da qui

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