Circa vent'anni fa il
sistema universitario francese si rivoluzionò con l'intento di ringiovanire la
classe docente che stava vistosamente invecchiando e questo poneva una serie di
questioni non solo occupazionali ma anche di visione della cultura e dell'insegnamento.
Iniziarono così a velocizzarsi e semplificarsi i passaggi da studente a
ricercatore, da ricercatore ad assistente, da assistente a docente e nel giro
di qualche anno il sistema si rinnovò con beneficio di tutti. La nostra
agricoltura è più o meno in quella situazione: pochi operatori, con un'elevata
età media, con culture legate ai decenni passati e poche prospettive di futuro,
quindi scarso carburante per il presente. A questo si aggiunge un dato che
sgomenta: la disoccupazione giovanile veleggia intorno al 37%, e quella
complessiva si attesta all'11% appesantendo destini ed esistenze individuali e
familiari, e sostanzialmente sprecando un tesoro di intelligenze e
potenzialità.
Sembrerebbe un classico 2+2: l'agricoltura ha bisogno di giovani, i giovani hanno bisogno di lavoro. Dovrebbe risultare logico e immediato che la prima preoccupazione della politica oggi dovrebbe essere quella di facilitare l'accesso dei giovani (ma anche dei quarantenni e cinquantenni che stagnano da anni in cassa integrazione o che si ritrovano senza un lavoro fino a poco tempo fa considerato "sicuro") in agricoltura…
Sembrerebbe un classico 2+2: l'agricoltura ha bisogno di giovani, i giovani hanno bisogno di lavoro. Dovrebbe risultare logico e immediato che la prima preoccupazione della politica oggi dovrebbe essere quella di facilitare l'accesso dei giovani (ma anche dei quarantenni e cinquantenni che stagnano da anni in cassa integrazione o che si ritrovano senza un lavoro fino a poco tempo fa considerato "sicuro") in agricoltura…
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