martedì 5 novembre 2024

Le entrate tributarie, il risparmio degli italiani e... BlackRock - Alessandro Volpi

Una considerazione che penso sia utile aver presente. Le entrate tributarie sono in Italia pari a circa 550 miliardi di euro l'anno che servono a finanziare la spesa corrente, a cominciare da quella del Welfare. Il risparmio che gli italiani affidano ai primi 10 gestori ogni anno supera i 2200 miliardi. Rispetto a questo dato è necessario porsi due domande.


La prima. Ma chi sono tali gestori? il primo è BlackRock con 473 miliardi, seguito da Vanguard, con 276. Nei primi dieci compaiono anche Jp Morgan con 236 miliardi, Union Investment con 207 e Fidelity con 204, tutti e tra partecipati da Black Rock e Vanguard. Il solo gruppo "italiano" è Intesa, in cui è presente BlackRock. Peraltro vale solo la pena ricordare che nel 2021 BlackRock gestiva poco più di 100 miliardi, oggi una massa oltre 4 volte più grande.


La seconda domanda riguarda dove vengono indirizzati i risparmi italiani da questi fondi: per oltre il 60% negli Stati Uniti e per meno del 20% in Italia. Alla luce di ciò emerge la considerazione a cui si accennava in apertura. Le sorti degli italiani e delle italiane dipendono sempre meno dalla spesa pubblica finanziata dalle entrate tributarie, che dovrebbe garantire i servizi universalistici, e sempre più dai risultati garantiti da fondi americani che acquistano titoli americani.

Siamo sempre meno cittadini italiani e sempre più soggetti finanziarizzati a stelle e strisce; naturalmente un simile meccanismo non può che alimentare le disuguaglianze tra chi può mettere nei fondi grandi cifre e chi è costretto, dalla ritirata del Welfare, a metterci ben poco.

da qui

lunedì 4 novembre 2024

Tira brutta aria ad Alessandria, non solo in atmosfera.

L’Arpa Piemonte ha reso pubblici i dati giugno-luglio (clicca qui) dell’inquinamento dei Pfas nell’atmosfera di Alessandria, completando ormai il quadro annuale di questi  tossici e cancerogeni che permeano polmoni, cibi, acque, suoli, acquedotti di Spinetta Marengo, Comuni di Alessandria (pozzi chiusi), Montecastello (acquedotto chiuso) e altri della Provincia.

 

La relazione ARPA denuncia, assieme al vecchio PFOA già vietato nel mondo, e al “nuovo” C6O4 malgrado il reparto fosse chiuso in quei mesi, la presenza del “nuovo” pfas ADV, ora denominato MFS, con concentrazioni più sensibili nel sobborgo di Spinetta. Quasi fosse una scoperta!! Mentre invece la nostra associazione ne denunciò pubblicamente l’impiego -non autorizzato- fin dal 2009 con un esposto alla procura. La successiva graziata  autorizzazione AIA della Provincia  è addirittura scaduta nel 2023.  Nell’atmosfera alessandrina odierna, Solvay da 72 ciminiere spara in aria i pfas ADV, che si aggiungono ai C6O4, ai PFOA, nel cocktail  di altri 20 tossici e cancerogeni, che, tutti assieme motivano le tragiche indagini epidemiologiche (l’ultima nel 2019, clicca qui alcune tabelle). Tutto ciò: malgrado sia già intervenuta una sentenza della Cassazione e per responsabilità della sopravvenuta magistratura.

 

Brutta aria in politica.

Un gran daffare a nascondere la polvere (cancerogena) sotto i tappeti. Mentre Solvay si fa propaganda invitando frotte di studenti della provincia per ammirare le meraviglie dello stabilimento di Spinetta Marengo, a coprire le larghe spalle della multinazionale belga provvedono come sempre  le istituzioni locali: in questo frangente è presentata al ristretto  pubblico la “task force” del neo assessore alla sanità regionale Federico Riboldi. Tale denominazione bellica che in italiano è mitigabile  come “unità di pronto intervento”, fa abbastanza ridere perché, mentre Riboldi scopre l’acqua calda, il disastro ecosanitario di Alessandria è vecchio come il cucco, e nei recenti cinquant’anni i politici hanno fatto finta di affrontarlo sotto altri nomi: commissione consiliare, osservatorio ambientale, gruppo di studio, ecc. Tutte inconcludenti distrazioni ad uso dell’opinione pubblica. Con questa cosiddetta task force innanzitutto si punta a sviare l’attenzione sulla ventina di cancerogeni che Solvay spara in aria-acqua-suolo, limitandosi  solo alla punta dell’iceberg dei Pfas.

 

All’assessore Riboldi con l’elmetto di cartone in testa, Solvay Syensqo ha affidato il compito di prendere tempo-perdere tempo: diluire il più a lungo possibile i tempi degli esami del sangue di una ristretta popolazione, piuttosto che il monitoraggio di massa provinciale rivendicato e  negato da decenni (i cittadini gli esami se li sono fatti a proprie spese). E, con ciò, rinviare l’unica discussione, ovvero decisione, da fare oggi: su come chiudere, ORA le produzioni della Solvay di Spinetta Marengo e, POI, chiedere i risarcimenti per le Vittime in base ai monitoraggi ematici nel frattempo eseguiti: i cui risultati  inevitabilmente saranno oggetto di lunghissime valutazioni e discussioni in sede giudiziaria (senza  riconoscimenti per i tanti Gianni Spinolo sulle lapidi del cimitero di Spinetta).  

 

Il trucco di Solvay-Riboldi è infatti  rovesciare le priorità dei tempi: DOPO che i cittadini faranno da cavie di laboratorio, e ponderati i pro e i contro delle morti e delle malattie, e soppesati i rapporti causa-effetto, e i valori di soglia dei veleni compatibili nel sangue (perdio! ma solo zero è compatibile!), insomma dopo un milione di se e di ma, POI eventualmente, non necessariamente, iniziare la discussione sulla chiusura… secondo i tempi nazionali e internazionali prefissati da Solvay Syensqo. “Altrimenti ha detto senza pudore Riboldi “si prendono decisioni di pancia”. Purtroppo alcuni attivisti ambientalisti si fanno pigliare nell’ingranaggio del trucco. Spontaneamente approva l’irresponsabile sindaco di Alessandria (vedi Adriano Di Saverio).

 

Affinchè tutto resti saldamente nelle mani di Solvay-Riboldi-Regione, la cosiddetta  task force è stata articolata in “commissione tecnica” e “commissione scientifica”, cioè polverizzata  in una pletora ininfluente di fedeli  funzionari provinciali e regionali, nonché di eterogenei dirigenti sanitari per successive diagnosi e terapie a lungo termine. Il fine evidente è annegare ancora una volta in un mare di informazioni tecniche,  come non bastassero tutti i dati ambientali e sanitari pur usciti dai mafiosi Arpa e Asl, e nove indagini epidemiologiche nella Fraschetta, a tacere i referti delle Università di Liegi e Aquisgrana.  

 

In concreto, l’impegno “finanziario” consisterebbe  al momento in un annunciato camioncino attrezzato  che girerebbe a fare prelievi in un limitato  raggio di 3 chilometri attorno al polo chimico.  “Sui tempi di chiusura” precisa la Regione, “non si possono al momento indicare delle date, perché dipendono dai risultati dei primi campioni”. Lo sappiamo, campa cavallo per il resto della Provincia, del Comune di Alessandria, degli altri Comuni , come Montecastello dove è stato addirittura chiuso l’acquedotto.

 

E’ stato commentato: “Quello della cosiddetta ‘task force’ è solo l’ultimo di una lunga serie di capitoli che da anni si susseguono e che continuano a raccontare la presenza di un inquinamento, di responsabilità relative e di risposte il più delle volte flebile e lascive”. Ecco, “lascive” è il termine appropriato, con i suoi sinonimi: scandalose, indecenti, immorali, vergognose, disoneste, criminali…

 

Brutta aria in magistratura.

Ha fatto notizia, grazie al GUP di Alessandria, un esempio di come funziona la giustizia in Italia. L’episodio è relativo all’ordinanza in sede di udienza preliminare con la quale il giudice Andrea Perelli ha fatto fuori dal processo Solvay-bis i due più temibili avversari di Solvay: Greenpeace e ancor  più inverosimilmente  Lino Balza, da oltre 50 anni l’antagonista storico nel polo chimico di Spinetta Marengo. Clicca qui Solvay gongola. Con Greenpeace, Lino Balza escluso come parte civile. Cosa c’è dietro.  e qui 6 (+ 1) ragioni affinchè Lino Balza debba partecipare al processo per rinchiodare 39 prove che condannano Solvay e imputati.

 

Sono pervenuti tantissimi commenti di solidarietà e anche complimenti (immeritati ma che comunque tengono su il morale). Il primo, quasi in tempo reale, mi ha commosso:

Caro Lino non demordere. Ciao Lino,
leggo con orrore della tua esclusione dal processo. Ma non mi
meraviglio, con una magistratura serva ancora una volta dei potenti.
Sembra di essere tornati indietro agli anni ’70. Non demoralizzarti,
troverai il modo di farti accettare come parte lesa. Tu sei un giusto, e
i giusti non vengono mai abbandonati da Dio. Pregheremo per te.  Oggi ti
bonifico 10 Euro a sostegno della tua, della nostra battaglia. Un
abbraccio, e mi raccomando NON DEMORDERE !!!
Ciao! Giacomo.

 

Nello stesso tono, Enrico: “Ciao, Lino. Non ti deprimere e tieni duro, ti dico che provo solo nausea.” Maria Chiara: “Rendermi conto del livello cui è caduta almeno in parte la nostra magistratura mi ha inorridito e molto amareggiato”. Non altrettanto riproducibili, senza uso di eufemismi, sono altri commenti coloriti. In generale,  sono assai rari i commentatori rimasti sorpresi. Anzi, un dotto mi definisce vittima ancora di “fumus persecutionis”.

 

Chi usa il sarcasmo: “Pazzesco. E poi dicono che i giudici sono tutti comunisti…!” Chi raccomanda che “Certe sedi di tribunale sarebbe una fortuna scansare”. E fa il nome di Alessandria come “porto delle nebbie”. In effetti, per tutte le rappresaglie subìte mi sono sempre rivolto (vincendo) ai tribunali di Milano. Per questo processo Solvay bis non posso che tentare in sede di dibattimento in assise di rientrare dalla porta dopo che il GUP mi ha scaraventato dalla finestra. Certo, non piacerebbe nè a Solvay nè  alla Procura il mio contributo all’accertamento di responsabilità e verità.

 

Luigi Maconi fa riferimento al “comma 2 dell’articolo 1 dei 12 PRINCIPI FONDAMENTALI della COSTITUZIONE: La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” per ritenere che “questo principio , letti anche i tuoi precedenti rispetto al processo Solvay, a me pare ampiamente violato dal GUP di Alessandria”.

 

Il termine “giustizia di classe” magari non viene da tutti i commentatori pronunciato ma la sostanza della loro valutazione è di una giustizia costruita su leggi che sono state fatte su misura dalle classi dei potenti, magari proprio da quegli impuniti che giornalmente  attaccano quella magistratura invece implacabile con i più deboli, spesso poveracci indifesi, che non tutela le Vittime: come  avviene per  delitti contro l’ambiente e la salute (come ho documentato nei tre volumi  di “Ambiente Delitto Perfetto”, disponibili a chi ne fa richiesta). Da aggiungere al libro ci vengono segnalati significativi esempi da Vito Totire, Luigi Maconi, Enrico Martini.

 

 A tutti quelli che mi hanno chiesto “Che fare?”, ho risposto: tutti assieme,  possiamo denunciare in tutte le sedi questa giustizia italiana che non tutela le Vittime e salva gli inquinatori.

 

Il miracolo di S. Baudolino, santo protettore dei Pfas.

lI laboratorio “Medica” di Zurigo ha analizzato il sangue di 35 persone provenienti da 18 cantoni svizzeri alla ricerca di PFAS (PFOA e PFOS) persistenti “forever chemicals”  nell’ambiente malgrado siano vietati dal 2021.  Tutti i partecipanti allo studio, dai bambini di sette anni alle donne di 89 anni, hanno queste sostanze cancerogene nel sangue. I livelli di Pfas di 29 partecipanti sono  così alti che, secondo l’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM), insorge “Una necessità acuta d’intervento,  in particolare  per le donne, soprattutto in età fertile (danni al feto), e per i bambini  che porteranno danni irreversibili tutta la vita. Infatti sono le mamme svizzere le più disperate.

 

Disperate  come lo sono le “Mamme No Pfas” del Veneto, con i figli avvelenati dalla Miteni di Trissino, alle quali è toccato il tragico “merito” di essere state protagoniste a portare alla ribalta in Italia il dramma dei Pfas: da risolvere con una legge di  messa al bando.

 

L’assassinio dei bambini a mezzo dei Pfas è uno scandalo che non preoccupa Alessandria. Qui non ci sono bambini con i Pfas nel sangue. Eppure qui la Solvay di Spinetta Marengo, unico produttore nazionale, spara Pfas in aria acqua suolo! Miracolo! Miracolo del patrono San Baudolino? Oppre semplicemente il fenomeno non è sovrannaturale bensì merito di ometti che coprono la carica di sindaci e assessori: che hanno sempre impedito analisi di massa del sangue dei bambini.  

 

Questo miracolo va però condiviso con i magistrati. La mia associazione, già nel primo (anno 2009) dei 20 esposti depositati alle Procure di Alessandria pubblicamente chiedeva -documentando i Pfas nel sangue dei lavoratori Solvay- di intervenire in fabbrica e indagando con monitoraggi ematici  la salute nella cittadinanza tutta. Non solo, scandalo nello scandalo, denunciammo su su fino al ministro della sanità che i Pfas erano trasmessi nelle sacche dei donatori di sangue.

 

Berrino: “Dobbiamo difenderci”. Sì, ma anche la magistratura ci volta le spalle.

Giulio Alfredo Maccacaromedicobiologo e partigiano, è stato il padre della biometria italiana, maestro nell’analisi del processo d’insorgenza delle patologie e del loro sviluppo con particolare attenzione alle loro cause: ambientali e lavorative. Maccacaro  fu uno scienziato che visse in modo completo la sua professione di studioso e ricercatore con il suo impegno sociale: sempre dalla parte dei lavoratori e dei movimenti che verso il ’68 si andavano organizzando nelle fabbriche e nei territori.

 Perciò la nostra Associazione si ispira ai suoi insegnamenti al punto da assumermene il nome: “Movimento di lotta per la salute Maccacaro”. Abbiamo avuto la fortuna di frequentare membri prestigiosi del Comitato di redazione di “Sapere”, rivista di cui era direttore, nel cui collettivo ricordiamo Luigi Mara, Laura Balbo, Sergio Bologna, Marcello Cini, Giorgio Negri, Vladimiro Scatturin, Benedetto Terracini, e fra i collaboratori: Angelo Baracca, Franco Basaglia, Virginio Bettini, Giorgio Bignami, Luigi Cancrini, Franca Ongaro, Ettore Tibaldi, Enzo Tiezzi eccetera.

 

A quella esperienza storica (da parte nostra aggiungiamo il nome di Giorgio Nebbia) che chiamò a costruire l’ambientalismo scientifico di massa  -efficace ad esercitare critica a disuguaglianze ed iniquità sociali e a progettare cambiamento, nei luoghi di lavoro e nei territori-, ha fatto riferimento Franco Berrino direttore del Dipartimento di Medicina Preventiva dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano al  convegno nazionale “Curare è prendersi cura. Impatto ambientale e rischio sanitario”, promosso dall’ “Associazione italiana contro le leucemie, i linfomi e il mieloma, AIL”.

 

“Siamo circondati da una grande quantità di veleni. Dobbiamo difenderci” ha esclamato con forza l’epidemiologo  “difenderci dai veleni della plastica, che è trattata con pfas, ftalati e il bisfenolo (Bpa), sostanze che interferiscono con gli ormoni e alterano il nostro sistema riproduttivo, causa di impotenza e sterilità”. Fossimo stati presenti per intervenire al convegno, non avremmo potuto non polemizzare con le istituzioni, comprese la magistratura. Avremmo ricordato che, dei nostri  20 esposti depositati alle procure di Alessandria, quello del 17 novembre 2020 (all’attuale procuratore Cieri) fra l’altro invano denunciò -documentando- che nel cocktail con i Pfas c’è anche un altro micidiale interferente endocrino: il bisfenolo, che Arpa  dichiarava sconosciuto.  

 

Edison coimputata con Solvay?

Gli avvocati della Solvay, forse la stessa Procura di Alessandria, si stanno interrogando alla luce della  recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, scaturita da una “questione pregiudiziale” posta dalla Cassazione nel corso della vicenda  processuale SNIA Caffaro.

 

Per questa sentenza della Corte europea, secondo principio europeo, l’azienda responsabile dell’inquinamento deve pagare, indipendentemente da quanto tempo è passato dalle attività che hanno provocato il danno ambientale.

 

L’interpretazione giuridica, dunque,   potrà essere seguita in procedimenti su casi analoghi. Nella fattispecie del processo (il secondo) in Corte di Assise di Alessandria, attualmente al vaglio del GUP, ci si chiede se, oltre alla Solvay, per il risarcimento dei danni ambientali e sanitari debba essere chiamata anche Edison, la quale nel primo processo era appunto  stata co-imputata.

 

Cancerogeni nel pescato di Calabria e Toscana. E in Liguria?

Una contaminazione di Pfas fuori controllo che espone a rischio migliaia di consumatori. Greenpeace  ha consultato i dati delle Agenzie regionali per la protezione ambientale ARPAT e ARPACAL, e ha ribadito: “Questi risultati confermano l’urgenza di vietare l’uso e la produzione dei Pfas, cioè di chiudere le produzioni di Solvay a Spinetta Marengo”.

 

Dalle analisi effettuate in Toscana tra il 2018 e il 2023, circa il 60% di pesci (principalmente cefali) e crostacei delle acque marino costiere del Santuario dei Cetacei è contaminato da Pfas (Pfos), sono emersi valori molto elevati: in un cefalo alla foce del fiume Bruna a Castiglione della Pescaia (Grosseto) è stata trovata la concentrazione record di 14,7 microgrammi per chilo; 5,99 e 5,65 microgrammi per chilogrammo lungo la costa pisana, alle foci dell’Arno e del Fiume Morto.  

 

In Calabria, le indagini dell’Arpacal tra 2021 e 2023 evidenziano notevoli livelli di inquinamento da Pfas (oltre  3 microgrammi per chilogrammo)  in triglie, naselli e cicale di mare prelevati lungo la costa ionica e tirrenica.

 

Se analoghe indagini fossero eseguite in Liguria: ci sarebbe una rivolta di pescatori e ristoratori. Marco Bucci da candidato non le aveva promesse (al pari di tutte le forze politiche) e come neo presidente non le promuoverà (senza proteste delle altre forze politiche e sociali). In Liguria, d’altronde, per i Pfas neanche si effettuano analisi del sangue alla popolazione, anzi il reparto di Endocrinologia dell’Ospedale San Martino di Genova omette di accogliere le richieste di malati di tumore… perché Toti non le finanziava. Chissà ora Bucci, la cui moglie però afferma:  “Con Toti erano pappa e ciccia”.   

 

Fiumi veneti bocciati da Legambiente.

Fiumi veneti sotto la lente di Legambiente, che come ogni anno ha dato vita alla campagna di monitoraggio Operazione fiumi. Nell’edizione 2024 la novità sono i Pfas. Preoccupante  incremento dei valori di Pfoa e Pfos allo scarico sul Fratta Gorzone, a Cologna Veneta (Verona). Così anche a Padova come a Vicenza per lo stato del Bacchiglione e del canale Piovego. Per il Sile superamenti della media annua di Pfos presumibilmente derivante dallo scarico di depuratore e dalle attività aeroportuali.

 

Il contesto è che tra le province di Vicenza, Verona e Padova c’è uno dei più gravi casi di contaminazione di questi “inquinanti eterni” dell’intero continente europeo: per un avvelenamento della Miteni di Trissino  che interessa oltre 180 km quadrati e 350mila persone che stanno subendo da anni l’emergenza sanitaria.

 

A sua volta, Greenpeace, con la campagna "Acque senza veleni", in 220 tappe sta monitorando i Pfas nelle acque potabili delle città italiane. Le quali   in gran parte omettono i controlli fra le maglie sbrindellate della regolamentazione nazionale. La stessa Direttiva europea  partirà già vecchia nel 2026 con limiti ormai superati dagli studi scientifici internazionali, tant’è che molte nazioni (ma non l’Italia!) hanno già introdotto soglie  più cautelative per la salute umana, in considerazione dell’aumento delle patologie cancerogene generate da questi interferenti endocrini:  danni alla tiroide, al fegato, problemi alla fertilità, incremento dei livelli di acidi grassi nel nostro corpo, diabete gestazionale ecc.

 

Alla messa al bando dei Pfas (in parlamento giace da anni il Disegno di Legge Crucioli) si oppone la potente lobby capitanata da Solvay, unico produttore nazionale, che fa quadrato attorno a queste produzioni dai lauti profitti, pur consapevole  che per la totalità del settore industriale in cui vengono impiegati i PFAS, esistono le alternative più sicure.

 

Pfas nelle acque potabili di tutto il mondo, e nei pesci dei mari.

Il primo studio riguarda le acque potabili, sia del rubinetto che in bottiglia, naturali o gassate, ed è stato condotto da un team sino-inglese, composto da ricercatori delle università di Birmingham, nel Regno Unito e di Shenzhen, in Cina, che hanno poi pubblicato i risultati su ACS Environmental Science &Technology – Water. Gli autori hanno analizzato campioni provenienti da 15 Paesi, 41 acquedotti inglesi e 14 cinesi, e 112 campioni di bottiglie di acque minerali in vetro e in plastica, naturale (89) o gassata (23), di 87 marchi.

 

Ebbene, i Pfas sono presenti con percentuali da al 63% al 99%. Con concentrazione in media da 9,2 nanogrammi per litro (ng/l) a  2,7 ng/l.

Nel secondo studio, pubblicato su ACS Environmental Science & Technology, invece, i ricercatori della facoltà di ingegneria dell’Università di Harvard (Boston) hanno voluto controllare i pesci che vivevano ad alcuni chilometri da una base militare di  Cape Code, dove  impiegano  grandi quantità di schiume e altre sostanze antincendio con Pfas. Hanno così scoperto che, pur diminuendo con la distanza, i PFAS sono presenti nel 90% dei  pesci in concentrazioni superiori ai limiti anche quando questi vivono a otto chilometri di distanza, unitamente a  composti di vario tipo usati nell’industria farmaceutica e in agricoltura.

 

È possibile trovare cosmetici senza Pfas?

Il giornale francese Vert, dopo gli allarmanti studi scientifici, ha condotto una ricerca sui principali rivenditori di prodotti di bellezza e ha trovato più di un centinaio di articoli venduti online che menzionano almeno un Pfas, compreso PFOA,  nella loro composizione. Creme anti età L’Oréal della linea Revitalift: creme giorno notte idratante con SPF30 e il siero idratante levigante con proprietà antirughe, la matita per gli occhi Yves Saint-Laurent Beauty, creme idratanti di Biotherm, rossetto L’Absolu Rouge Drama Matte di Lancôme,  fard Blush Subtil di Lancôme, crema solare Fluide Minéral Teinté SPF 50+ di Avène, ombretti e trucchi del marchio italiano low cost Kiko Cosmetics come una palette di trucco per sopracciglia e una maschera purificante, eccetera.

 

Le aziende (e le donne) adorano i cosmetici con Pfas per la loro resistenza straordinaria e la capacità di idrorepellenza: le donne inconsapevoli  mentre le aziende sapendo che la letteratura scientifica ha evidenziato i rischi di tumori, malattie della tiroide o problemi di fertilità anche nell’uso dei cosmetici, in quanto i Pfas  possono essere assorbiti anche dalla pelle e arrivare nel sangue.

 

Lo conferma anche un recente studio dell’ Università di Birmingham pubblicato sulla rivista Environment International.  

I pericoli maggiori sono per i bambini e le adolescenti perché i Pfas agiscono come interferenti endocrini, che possono alterare il sistema ormonale. I nomi più noti:  gli ombretti di Natasha Denona, il mascara M.A.C, la matita Charlotte Tilbury e il siero Laneige.  

È possibile evitare cosmetici con Pfas? Sì, controllando  l’elenco degli ingredienti, INCI, che è obbligatorio secondo le normative europee, o affidarsi ai marchi certificati bio, come Cosmébio, Ecolabel europeo ed Ecocert, che contengono oli vegetali: sostituiscono i Pfas rendendo i cosmetici resistenti all’acqua e con un effetto levigante.

 

Quarta puntata. Tutta la storia di Spinetta raccontata in video da Lino Balza. Un inferno dantesco 

Quinta puntata. Tutta la storia di Spinetta raccontata in video da Lino Balza. I sopravvissuti.


domenica 3 novembre 2024

Olanda, ministro della Sanità confessa: “Dobbiamo seguire ordini NATO, USA e NCTV, Covid è operazione militare”

 

Il nuovo ministro della Sanità ha dichiarato apertamente di non poter mantenere le sue promesse elettorali perché il suo ministero è subordinato alla NATO, all’NCTV e agli Usa. Il medico Van Veen: "Ecco perché tutta la censura ai critici e ai medici contrari a quella gestione della pandemia"

 

Il nuovo ministro della Sanità dei Paesi BassiMarie Fleur Agema, che proviene dal partito PVV di Wilder, ha dichiarato apertamente di non poter mantenere le sue promesse elettorali perché il Ministero è subordinato alla NATO, all’NCTV (Coordinatore nazionale per l’antiterrorismo e la sicurezza) e agli Usa, dunque deve sottostare ai loro ordini.

Il PVV, ossia il partito di Gert Wilders da cui arriva Agema, governa per la prima volta con una coalizione. Il neo-ministro della Salute ha fatto ora una confessione inaspettata sulla “sicurezza sanitaria”. Come ministro ha spiegato di dover seguire gli ordini della NATO. Ordini che sarebbero stati seguiti anche durante il Covid. Anche la politica Covid, secondo il Ministro, sarebbe arrivata arrivata dalla NATO e dal “Coordinatore nazionale per l’antiterrorismo e la sicurezza” (NCTV).

Si tratterebbe di una operazione militare, forse un’esercitazione e sarebbe ancora in corso. Ci sarebbero anche stati dei segnali, ad esempio l’Austria aveva nominato un generale che aveva definito il virus come “nemico”. Anche in Germania, tramite l’RKI, comandava un generale della NATO. All’improvviso inoltre l’assistenza sanitaria è stata militarizzata, come ricorda il Ministro della Sanità.

Agema ha apertamente detto che il Covid e l’attuale “preparazione alla pandemia” sarebbero un’operazione militare che non ha nulla a che fare con l’assistenza sanitaria nel senso tradizionale. La “politica Covid è figlia di NCTV e NATO”.

Il medico Van Veen: “Ecco perché la censura ai medici critici”

Dopo aver ascoltato le parole del Ministro della Sanità, il medico olandese Els van Veen ha voluto esprimere la propria opinione in merito. Lui inizialmente era in linea con la gestione Covid, ma poi ne è diventato uno dei numerosi critici. Adesso “capisco davvero tutto”, ha scritto. “Da qui la censura dei critici e soprattutto dei medici critici. Da qui la visita della polizia a casa mia a Dalfsen nel 2021, presumibilmente a causa di un tweet sulle iniezioni della sera prima. Da qui lettere e un’indagine dell’autorità di regolamentazione basata su segnalazioni anonime e infondate secondo cui stavo diffondendo disinformazione.

La NCTV governa questo paese, ma preferisce farlo ad occhi chiusi. Perché non dovremmo volere democrazia e trasparenza se il governo e la NCTV descrivono i cittadini ignari come una minaccia per lo Stato. Per gli ignari medici di famiglia come me, questa è stata un’esperienza bizzarra e ovviamente non esattamente degna di fiducia. Ma preferirei sapere piuttosto che non sapere, e ora capisco da quale prospettiva sono stato attaccato negli ultimi anni“.

Non si può più parlare veramente di democrazia quando un ministro ammette apertamente di servire i non eletti NCTV e la NATO e di non sentirsi responsabile nei confronti della Camera dei Comuni – ha aggiunto -, per non parlare dei cittadini olandesi. Mi sento estremamente insicuro che un gruppo di persone dell’NCTV, pagate con i soldi dei contribuenti, possano dare l’ordine di agire contro i medici di base come me e garantire che possiamo perdere i nostri mezzi di sussistenza. Ciò che è accaduto negli ultimi anni non corrisponde all’immagine che ho di uno Stato costituzionale.

Ma, come ho scritto, preferirei sapere come stanno le cose piuttosto che rimanere all’oscuro e non capire perché le persone e i ministri si comportino in un certo modo. Adesso c’è chiarezza: il ministro della Salute ha ricevuto istruzioni dall’NCTV quando è entrata in carica come ministro e deve rispettarle“.

NOTE

·         QUI IL VIDEO CON SOTTOTITOLI IN INGLESE – https://x.com/i/status/1850525670905888792

·         Qui il  video integrale del dibattito parlamentare del 24 ottobre scorso con intervento ministro della salute Agema –  https://debatdirect.tweedekamer.nl/2024-10-24/financien/plenaire-zaal/vaststelling-van-de-begrotingsstaten-van-het-ministerie-van-volksgezondheid-welzijn-en-sport-xvi-voor-het-jaar-2025-36600-xvi-antwoord-1e-termijn-rest-15-45/markeringen

 

Fonte articolo: https://www.ilgiornaleditalia.it/video/esteri/656403/olanda-ministro-sanita-agema-ordini-nato-usa-nctv-covid-operazione-militare-video.html

 

da qui

sabato 2 novembre 2024

Cavi sottomarini. Per attaccare la Cina, gli Usa stanno danneggiando tutto il mondo - Fabio Massimo Parenti

 

Ostacolare ogni tipo di cooperazione internazionale in nome di una logica di scontro tra blocchi, tipica di una mentalità da Guerra Fredda: è questa, in sostanza, la sintesi dell’ultima mossa effettuata degli Stati Uniti. Una mossa che coincide con un chiaro tentativo di escludere la Cina da un dossier di rilevanza globale, come quello relativo ai cavi sottomarini. Nello specifico, a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, gli Usa hanno redatto un documento, il New York Joint Statement, che intendono firmare con i loro alleati europei.


L’obiettivo di questa proposta? Ufficialmente, “promuovere componenti e servizi via cavo affidabili e fidati” e “incoraggiare i fornitori di servizi di rete via cavo sottomarini e i fornitori di operazioni e manutenzione ad avere proprietà, partnership e strutture di governance aziendale trasparenti”.

In sostanza, invece, gli Stati Uniti mirano chiaramente a ben altro: ad escludere le aziende cinesi dalla catena globale di fornitura dei suddetti cavi. Gli stessi, per intenderci, che formano una ragnatela che si diffonde nelle profondità degli oceani, che alimentano il traffico Internet internazionale e che, soprattutto, rappresentano la base delle infrastrutture digitali dalle quali dipende lo sviluppo economico dei Paesi. I cavi sottomarini, insomma, sono una sorta di spina dorsale di Internet; veicolano dati nell’intero globo, si collegano alle reti che alimentano le torri cellulari e le connessioni Wi-Fi e, aspetto da non sottovalutare, collegano tra loro più nazioni in nome di collaborazioni transfrontaliere. Ebbene, gli Stati Uniti intendono compromettere tutto questo. O, meglio ancora, hanno intenzione di creare un sistema ad uso e consumo di una sola parte del mondo - l’Occidente e i suoi partner – per danneggiare la Cina. Washington è insomma disposta a compromettere l’equilibrio sui cavi sottomarini, che ha fin qui consentito alle nazioni di crescere e cooperare, grazie ad un uso sempre più efficiente della rete, pur di contenere, in maniera sconsiderata, lo sviluppo della RPC.  

 

C’è un dato che aiuta a capire quanto ipocrita sia il documento statunitense. Circa il 99% dei dati internazionali passa infatti attraverso la Cina, che non è mai stata coinvolta né ha mai sabotato alcuna rete internazionale di cavi sottomarini. Lo stesso non può essere detto per gli Usa, che già nel 1898 inviavano i loro marinai a tagliare gli allora cavi telegrafici sottomarini tra Spagna, Filippine e Cuba. E tutto per assicurarsi la vittoria nella guerra combattuta in quel periodo contro la potenza spagnola. Per la cronaca, 51 delle 112 medaglie d’onore assegnate dal Congresso Usa nel corso della guerra ispano-americana sono andate a chi aveva tagliato i cavi. In tempi più recenti, invece, Washington ha affinato l’arte di rubare i dati da queste infrastrutture strategiche. I sottomarini a propulsione nucleare classe Seawolf, per esempio - progettati nel 1983 e impiegati per la prima volta nel 1997 – sono in grado di intercettare i preziosi dati transitati nei cavi. Non solo: un altro sottomarino, l'USS Jimmy Carter, può fluttuare sopra questi stessi cavi in fibra ottica e tagliarli fisicamente, intercettando i vasti flussi di dati.

Arriviamo quindi al presente. Oggi gli Stati Uniti vogliono impedire alle imprese cinesi, con un’azione egemonica, di avere un ruolo chiave nella fornitura dei cavi sottomarini per la tutela di una fantomatica sicurezza nazionale. Nel far questo, tra l’altro, gli Usa intendono privare altri Paesi del diritto di sviluppare la loro industria dei cavi sottomarini e di scegliere autonomamente i propri fornitori. Da un lato abbiamo quindi un attore, quello cinese, che agisce con responsabilità e a tutela della comunità umana; dall’altro ne troviamo invece un altro, quello statunitense, che continua ad applicare la logica della guerra tra blocchi in ogni ambito. La scusa della "sicurezza nazionale" è ormai diventato un virus che troppo spesso tiene sotto scacco le relazioni internazionali, mettendo a repentaglio le regole globali, con conseguenti ripercussioni sull'economia mondiale. A rimetterci, se la strategia degli Stati Uniti dovesse concretizzarsi, saranno i Paesi più deboli, che la Cina, invece, intende proteggere, garantendo loro – così come al resto del pianeta – la possibilità di svilupparsi e crescere all’interno di una cooperazione win-win.

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lunedì 28 ottobre 2024

Desertificazione commerciale in Italia: chiusi 140mila negozi in 10 anni

  

Negli ultimi dieci anni, l’Italia ha visto scomparire oltre 140.000 attività al dettaglio, di cui quasi 46.500 appartenevano al commercio di vicinato, con una perdita significativa per migliaia di comunità locali.

Questa progressiva desertificazione commerciale sta trasformando il tessuto sociale di intere aree del paese, lasciando più di 26 milioni di italiani senza accesso immediato a beni di prima necessità e servizi di base come alimentari, edicole, bar e distributori di carburante.

Secondo i dati presentati nel dossier “Commercio e servizi: le oasi nei centri urbani”, elaborato da Confesercenti e discusso ieri a Roma alla presenza del Ministro per le Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, il fenomeno interessa in particolare i comuni più piccoli e rurali. Sono oltre 5.653 i comuni colpiti, e quelli con meno di 15.000 abitanti sono i più esposti a questa emorragia di attività: in molte aree, la popolazione è ora costretta a percorrere chilometri per trovare prodotti di uso quotidiano, un disagio che aumenta le difficoltà di chi vive in contesti già svantaggiati.

Tra i settori più colpiti c’è quello alimentare, dove i numeri raccontano una realtà difficile per milioni di italiani. La chiusura delle panetterie ha lasciato senza pane fresco 3,8 milioni di persone in 565 comuni, e per altre categorie alimentari la situazione è simile: 3 milioni di cittadini non trovano più un negozio di bevande, 2,3 milioni non hanno una pescheria, 2,1 milioni hanno perso l’accesso a negozi di frutta e verdura e 1,6 milioni devono rinunciare a una macelleria nel proprio comune.

 

La desertificazione non riguarda però solo l’alimentare: l’abbigliamento e i beni non alimentari seguono un trend altrettanto critico. In molte aree, 3,2 milioni di italiani non hanno un negozio di biancheria vicino, 3,1 milioni devono spostarsi per acquistare vestiti per bambini e 1,2 milioni hanno perso l’accesso a un negozio di abbigliamento per adulti.

Anche l’elettronica e le librerie stanno scomparendo, lasciando milioni di italiani senza possibilità di acquisto nel proprio comune. A peggiorare la situazione contribuiscono la chiusura di numerose edicole e empori locali, con un impatto sulla vita quotidiana e sull’accesso alla cultura e all’informazione.

Infine, la riduzione dei servizi di vicinato colpisce anche attività come parrucchieri e bar, che rappresentano non solo servizi, ma veri e propri luoghi di aggregazione e socialità nelle comunità locali.

In 273 comuni, parrucchieri e barbieri hanno chiuso, mentre i bar sono scomparsi in 246 comuni, lasciando quasi 150.000 persone senza un punto di incontro tradizionale, in particolare nei piccoli centri sotto i 5.000 abitanti.

Questi dati dipingono il ritratto di un’Italia dove la vita nei piccoli borghi diventa ogni giorno più difficile, evidenziando il crescente rischio di un paese in cui i servizi essenziali sono sempre più limitati e le aree interne sempre più isolate.
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