C’è un modo migliore per togliere ai ragazzi il peso della scuola: dichiarare bancarotta e chiuderla. Inutile e ridicolo proseguire a rendergliela più appetibile, ciurlando nel manico o occhieggiando ai loro presunti bisogni (di meno compiti a casa, di poter usare lo smart phone in classe, di linguaggi più moderni e alla moda, etc etc).
La
confusissima ministra che propone la riduzione sperimentale delle ore di scuola
media inferiore e superiore e la fine dei compiti a casa per la primaria è la
stessa che straparla dell’ennesimo innalzamento dell’obbligo scolastico a
diciotto anni. Ministro, lascia perdere, lascia stare. Non ne sai e non ne
capisci. La formazione dei giovani ormai passa solo casualmente nelle
aule, e solo per obbligo. Se fosse volontario andare a scuola, non ci
andrebbero neppure gli insegnanti. Si fanno gli amiconi sulla pelle dei
ragazzi, educandoli all’accondiscendenza e alla facilità di poter ottenere
tutto quel che vogliono, mentre si accrescono le richieste di competizione, le
lotte e la spinta alle gerarchie, e ritorna l’autoritarismo in politica.
Si confonde
la democrazia e la libertà con la facilitazione e la riduzione dei conflitti di
superficie, mentre si accentuano quelli di classe e tra generazioni, nella loro più terribile e bieca
sostanzialità. Mai generazioni intere di giovani sono state tanto
traviate e prese per il culo dagli adulti quanto quella attuale. Generazioni
che si trovano nel nulla e si troveranno nella guerra, e che non capiranno
neppure dove e come ci sono finite, protette dal silenzio e dalla collusione
di genitori e insegnanti che proseguono a fare gli struzzi, ad
assecondarli nel loro isolarsi tecno-indotto e fottersene di tutto e tutti, per
poter fare lo stesso con loro.
Ma non
servirà a nulla. I ragazzi hanno mangiato la foglia e sono colmi di
cinismo e disincanto, permeato soltanto da una melassa
sentimentaloide. Sanno di dipendere totalmente dalla famiglia, la
parassitano sinché ce ne sarà, e sperano che qualcuno gli dia prima o poi
successo e denaro, e non certo per meriti scolastici. Hanno capito che il resto
è solo retorica. Che la scuola e l’università se ne fregano degli studenti e
non esistono per loro. Anche le riforme che si stanno facendo da tempo
servono solo alle aziende, al mercato del lavoro e della finanza, ai
calcoli statistici sulla disoccupazione presunta o reale, a quelli che fanno i
calcoli sulla pelle dei popoli.
Gli
studenti, così come i clienti nel mondo del consumo, sono l’ultima ruota del
carro. Devono limitarsi a obbedire e, se possono pagare, a comprare la merda che gli viene
propinata per istupidirli sempre di più. D’altra parte, i bisogni sono stati
ben costruiti, e i conflitti messi in cantina. La trappola è perfetta e ben
studiata, e i dispositivi (in primo luogo proprio gli smart-phone) fanno il
loro sporco lavoro.
L’unica
scuola sensata sarebbe una scuola tutta centrata sulle relazioni, e sui corpi,
una scuola che resiste all’omologazione e alla riduzione della vita a tecnica. E di quanto ne avrebbero bisogno
giovani e grandi… E invece la mistificazione continua: ora anche le Università
si mettono a parlare di flip lessons (e plof e plaf) per potenziare gli smart
skills e compagnia cantante. Il tutto servirà soltanto a svuotare ulteriormente
le lezioni e a renderle funzionali all’e-learning: si risparmierà, non
ci si incontrerà più, si lavorerà a casa, in gruppi virtuali e in rete, e si
andrà a dare l’esame, magari solo con dei test di verifica, e neppure in
presenza.
Dietro tutto
questo gran parlare di cooperazione e comunicazione, vi è soltanto il fine di
far fare all’istruzione l’ulteriore passo verso la sua definitiva
trasformazione in un mero assemblaggio di tecnologie didattiche miranti
all’efficienza produttiva e alla competizione tra centri di studio e ricerca sempre più
specializzati, razionalizzati e post-umani. Mentre cerchiamo di umanizzare i
robot (con risultati relativamente scarsi) ci impegniamo per robotizzare il
vivente (con esiti davvero rapidi e ragguardevoli).