giovedì 23 giugno 2022

L’invasione delle Cavallette nel Sardistàn

 

Assistita e supportata dal vuoto pneumatico di qualsiasi efficace politica di contrasto da parte della Giunta della Regione autonoma della Sardegna, soprattutto le strutture rette o vigilate (ben tre Agenzie in campo agricolo) dagli Assessori dell’Agricoltura e della Difesa dell’Ambiente.

Quest’ultimo, in particolare, assegna il pericolo del turbamento dell’ordine pubblico a qualche supposto Cervo sardo in più in alcune zone (fatto non accertato da censimenti, danni verificati e quant’altro possa certificarlo al di là dell’occhiometro) piuttosto che a più di 50 mila ettari ormai devastati dalle Cavallette nella Sardegna centrale.

La Coldiretti, fucina di conoscenze, lamenta giustamente i ritardi, ma propone – a pagamento – l’aratura dei terreni. Oppure “l’impiego del fuoco controllato, da utilizzare col monitoraggio di Corpo forestale, Protezione civile e Compagnia barracellari. O anche l’Esercito, visto che siamo nel pieno di una calamità naturale”.

In realtà, secondo la stampa specializzata, “la lotta alle cavallette è essenzialmente meccanica e si basa sull’aratura anche superficiale dei terreni da realizzare nel periodo autunno-invernale”.

Non avrebbe senso un’aratura in estate, a invasione in corso, né sarebbe auspicabile un bombardamento con il napalm.

Come nella Filistea biblica, come nel Far West, ognuno deve sperare di cavarsela, in qualche modo.

La gestione della res publica è appannaggio del nulla clientelarmente certificato.

E non sono ancora piovute le rane velenose.

Ancora qualche vertice di maggioranza, qualche tavolo tecnico, qualche pranzo assessoriale, e magari arriveranno.

Tuttavia, non creeranno alcun turbamento dell’ordine pubblico, fermo appannaggio di qualche esemplare di Cervo sardo nel posto sbagliato e nel momento sbagliato.

Stefano DeliperiGruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

da qui

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