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Dai semi della Mesopotamia all’agricoltura
industriale: un viaggio nel mondo del grano per capire chi controlla la
filiera, dal seme fino alla pasta.
Il grano è uno degli alimenti più antichi e più commercializzati al mondo,
insieme a zucchero, mais e soia. A partire dagli anni Novanta
dello scorso secolo, questa materia prima, insieme a molte altre, è stata
progressivamente trasformata in merce globale. In gergo, commodity:
prodotti standardizzati, facili da immagazzinare, conservabili nel tempo e
privi di differenze qualitative, indipendentemente da chi li produce.
A controllare la produzione, la commercializzazione e la distribuzione
delle commodities come il grano sono una manciata di grandi aziende che plasmano
i mercati e la ricerca in modo da perseguire l’obiettivo finale della
massimizzazione del profitto degli azionisti, e non del bene pubblico.
Partendo dai semi, Bayer-Monsanto, DowDupont-Corteva, ChemChina-Syngenta e
BASF, dominano il 60% del mercato
mondiale delle sementi e il 75% del mercato globale dei pesticidi. Quattro società, Archer Daniels
Midland, (ADM), Bunge, Cargill e Louis Dreyfus Company, note come “gruppo
ABCD”, a cui si aggiunge la cinese Cofco, controllano tra il 70 e
il 90% del commercio globale di cereali.
Questa straordinaria concentrazione di potere e denaro nel commercio
alimentare globale la si trova anche nell’industria della pasta. Le quattro maggiori
aziende dell’industria
della pasta sono Barilla Holding, la svizzera Nestlé, De Cecco e la russa
Makfa. Partendo dai semi, passando per la commercializzazione e la
logistica fino ad arrivare all’industria della pasta, sono pochi i gruppi a
controllare l’intera filiera del grano.
Ma quali
sono le conseguenze per i cittadini, per la salute e per l’ecosistema?
Si può
ancora parlare di libero mercato in un mercato controllato da quattro, cinque
grandi conglomerati?
Questo
sistema agroindustriale basato su filiere di approvvigionamento globale sfama
il mondo?
Se è vero che l’attuale sistema avvantaggia chi fa
economie di scala, è altresì vero che questa agricoltura ha impatti sociali e
ambientali che raramente vengono calcolati nel prezzo di vendita del cibo ma
sono scaricati come esternalità negative interamente sulle comunità e
sull’ambiente. Sono dunque costi d’impresa pagati da altri.
Le mani in pasta è un viaggio che inizia con i semi in
Mesopotamia, la terra tra i fiumi Tigri ed Eufrate, dove l’uomo ha iniziato a
domesticare il frumento e i cereali dando vita alla prima civiltà, e si chiude
con l’agricoltura industriale e i suoi impatti sulla salute e sull’ambiente. Un
viaggio nel mondo del grano per capire chi controlla la filiera, dal seme fino
alla pasta, quali sono le conseguenze sulla salute e l’ambiente e quali le
possibili soluzioni per ripensare a un’altra agricoltura – ed economia – non
guidata da logiche di crescita infinita e massimizzazione del profitto ma
rispettosa delle comunità e dell’ecosistema.
CREDITI
Questo lavoro è stato ideato e realizzato da Sara Manisera, Bertha Foundation Fellow 2023, con il sostegno di Bertha Foundation e prodotto da
Slow News.
Illustrazioni di: Vito Manolo Roma
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