giovedì 19 ottobre 2023

Effetti avversi - Sara Gandini e Paolo Bartolini

 

Secondo alcuni l’assegnazione del Nobel per la medicina è stata una scelta politica, o meglio, la comunità scientifica è stata influenzata dagli interessi delle aziende farmaceutiche. Probabilmente c’è della verità in queste affermazioni, ma questo non implica che la scoperta scientifica non sia di valore, o che tutti gli scienziati siano compromessi. Tuttavia è evidente che durante la pandemia/sindemia non solo i media mainstream, ma anche le riviste scientifiche hanno scelto cosa pubblicare non tanto sulla base dei criteri della ‘evidence based medicine’ ma sulla base delle scelte istituzionali.

Ora che non c’è più quella pressione politica, molte istituzioni e società scientifiche lo stanno ammettendo. Un esempio chiaro riguarda le evidenze che dimostrano l’inefficacia delle misure non farmacologiche, come ad esempio le chiusure delle scuole, che hanno causato danni enormi a ragazzi e ragazze. Infatti, l’agenzia governativa per la sicurezza sanitaria nel Regno Unito ha appena pubblicato un documento che esamina le prove di efficacia relative a queste iniziative di contenimento (compreso l’uso generalizzato delle mascherine): i numeri che confermerebbero l’adeguatezza di tali misure sono scarsi o nulli.

Ioannidis in un articolo magistrale sul fallimento della scienza durante la pandemia/sindemia ha spiegato bene come la politica abbia avuto un’influenza deleteria sulla scienza durante l’emergenza.

Il problema quindi non è se la ricerca scientifica a cui è stato assegnato il Nobel sia o meno di valore, ma il fatto che il mainstream abbia sistematicamente usato gli scienziati, prima e anche ora con il Nobel, per blindare i suoi indirizzi politici ed economici.

Perché se è vero che i vaccini non bloccano le infezioni, e quindi il green pass non aveva senso, bisognerebbe ricordare che gli studi sui vaccini non sono stati disegnati dalle aziende farmaceutiche per dimostrare di essere in grado di impedire il contagio. L’obiettivo dei trial era ridurre il rischio di malattia (questo è stato dimostrato in modo consistente anche dagli studi indipendenti). Tale scopo era ben noto a tutti, in primis ai politici che hanno finanziato con soldi pubblici le aziende farmaceutiche per quegli studi.

Quindi il problema non è che le multinazionali facciano i loro interessi economici, ma semmai che i politici non facciano gli interessi dei cittadini. I governanti hanno usato determinati scienziati e non altri per imporre politiche autoritarie e discriminazioni insensate. E soprattutto per indirizzare le risorse finanziarie solo in determinate direzioni, fare gli interessi di determinate imprese, dal digitale alle case farmaceutiche, dando il colpo finale al sistema sanitario nazionale.

In una situazione in cui i governi si occupano alacremente degli arsenali, quando non ci sono soldi per curare le persone, è evidente che l’ultima preoccupazione sia quella di reperire fondi per la ricerca scientifica indipendente.

Il punto è che le domande necessarie per far fronte all’emergenza Covid-19 sono state risucchiate in un vortice, accantonate o sottostimate, per lasciar spazio a un dibattito vaccinocentrico. Nemico dell’umanità o salvatore della Patria, il farmaco di nuova generazione ha assunto rapidamente connotati ideologici pericolosi.

Se è vero che i dati a disposizione stabiliscono che i vaccini si sono mostrati utili, soprattutto per le persone fragili e gli anziani, dall’altra i pericoli di miocarditi e altri effetti collaterali esistono in particolare per giovani e giovanissimi. È importante quindi non banalizzare, ma tenere alta l’attenzione e continuare a studiare, perché la campagna vaccinale italiana ha seguito logiche controproducenti, talora dannose e quasi sempre foriere di polarizzazioni assurde. Errori comunicativi e decisioni politiche azzardate hanno intorbidito le acque producendo reazioni di disagio, sfiducia verso la scienza, contestazione delle misure adottate. Capita, quindi, che le notizie di improvvisi malori e fenomeni cardiaci abnormi, inducano alcuni ad attribuire automaticamente questi episodi al vaccino, con la stessa sicumera con la quale le istituzioni imponevano lockdown e vaccini a tappeto senza mai un ripensamento. Per lavorare ad una critica costruttiva e articolata alla governance pandemica è fondamentale non farci ipnotizzare dalla sola questione del siero “salvavita”, per concentrarci sulla condizione rovinosa in cui versa la sanità pubblica, sui limiti giganteschi della dipendenza degli stati dalle multinazionali del farmaco, sulle diseguaglianze socioeconomiche che aggravano sindromi e malattie dei cittadini esponendoli a grossi pericoli quando un agente patogeno nuovo si diffonde, sul ruolo della medicina di prossimità e sulla personalizzazione delle cure. Si tratta, in definitiva, di chiedersi seriamente quali siano i vettori principali che operano nella fase autoritaria del neoliberismo, per produrre azioni di protezione della salute pubblica e della democrazia finalmente libere da sclerosi identitarie e certezze monolitiche. Riscontriamo, infatti, un mortale effetto avverso scatenatosi a seguito delle ben note vicende: la semplificazione brutale, che porta persone anche intelligenti e sensibili a sventolare le bandiere del tifo da stadio. Accade per tutto, anche per una semplice pubblicità o per la decennale guerra in Palestina ed Israele, quindi è chiaro che il gioco delle contrapposte fazioni sia la formula contemporanea di cui si serve il sistema dei mass media per svuotare il conflitto politico e culturale di ogni radicalità simbolica e concreta.


https://www.tabletmag.com/sections/science/articles/pandemic-science?fbclid=IwAR3xRpgNzeviqTDecqa_LTP0Rpb8UhVFHhttplucFJZr48EwCOjF1NEiq6k

https://www.gov.uk/government/publications/covid-19-non-pharmaceutical-interventions-to-reduce-transmission?fbclid=IwAR3bgiaCQQEUAl3ldIkr9TERVI1ix67wi4dMu08uLnCrjOMMW35OJ0Te0e

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