mercoledì 15 gennaio 2025

Senza incentivi non si fa la centrale eolica - Gruppo d’Intervento Giuridico


In Danimarca, a differenza di quanto fatto finora in Italia, è lo Stato ad aver individuato – previa procedura di valutazione ambientale strategica (V.A.S.) – i siti nel mare del Nord e nel Mar Baltico per l’installazione delle centrali eoliche offshore (vari progetti per complessivo GW 40 di potenza) attraverso uno studio dell’Agenzia Danese per l’Energia (DEA).

Successivamente le concessioni vengono messe a gara, lo Stato evita il Far West degli speculatori dell’energia e, in più, ci guadagna.

E’, in sostanza, una delle richieste dalla petizione nazionale Si all’energia rinnovabile, no alla speculazione energetica! promossa dal Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG), che ha abbondantemente superato le ventimila adesioni.

C’è un fatto, però, che fa capire molte cose: in assenza di incentivi e sostegni pubblici l’affare non è più conveniente.

Infatti, l’asta pubblica indetta dall’Agenzia Danese per l’Energia (DEA) per la realizzazione di tre centrali eoliche offshore nel mare del Nord (North Sea I A1, A2 e A3) da complessivi 6 GW (elevabili a 10 GW) di potenza è andata deserta.

Alla scadenza del termine del 5 dicembre 2024 non si è presentato nessun concorrente.

In Italia, non c’è alcuna pianificazione degna di questo nome e nessun asta di alcun genere, in tutto il territorio nazionale le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete elettrica nazionale) al 31 agosto 2024 risultano complessivamente ben 5.999 pari a 342,10 GW di potenza, suddivisi in 3.850 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 151,45 GW (44,27%), 2.017 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 107,82 GW (31,52%) e 132 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica  a mare 82,83 GW (24,21%).

La Commissione europea – su richiesta del Governo Italiano – ha recentemente approvato (4 giugno 2024) un regime di aiuti di Stato “volto a sostenere la produzione di un totale di 4 590 MW di nuova capacità di energia elettrica a partire da fonti rinnovabili”.   In particolare, “il regime sosterrà la costruzione di nuove centrali utilizzando tecnologie innovative e non ancora mature, quali l’energia geotermica, l’energia eolica offshore (galleggiante o fissa), l’energia solare termodinamica, l’energia solare galleggiante, le maree, il moto ondoso e altre energie marine oltre al biogas e alla biomassa. Si prevede che le centrali immetteranno nel sistema elettrico italiano un totale di 4 590 MW di capacità di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. A seconda della tecnologia, il termine per l’entrata in funzione delle centrali varia da 31 a 60 mesi”.

 

Il costo del regime di aiuti in favore delle imprese energetiche sarà pari a 35,3 miliardi di euro e, tanto per cambiare, sarà finanziato “mediante un prelievo dalle bollette elettriche dei consumatori finali”.

La Soprintendenza speciale per il PNRR, dopo approfondite valutazioni, ha evidenziato in modo chiaro e netto che “… è in atto una complessiva azione per la realizzazione di nuovi impianti da fonte rinnovabile (fotovoltaica/agrivoltaica, eolico onshore ed offshore) … tanto da prefigurarsi la sostanziale sostituzione del patrimonio culturale e del paesaggio con impianti di taglia industriale per la produzione di energia elettrica oltre il fabbisogno … previsto … a livello nazionale, ove le richieste di connessione alla RTN per nuovi impianti da fonte rinnovabile ha raggiunto il complessivo valore di circa 328 GW rispetto all’obiettivo FF55 al 2030 di 70 GW” (nota Sopr. PNRR prot. n. 51551 del 18 marzo 2024)”.

Il fenomeno della speculazione energetica è pesantemente presente in modo particolare nella Tuscia, in Puglia, nella Maremma, in Sardegna, in Sicilia, sui crinali appennnici.

Qui siamo alla reale sostituzione paesaggistica e culturale, alla sostituzione economico-sociale, alla sostituzione identitaria

Pagata con i soldi pubblici, cioè dei cittadini, cioè nostri.

Alla faccia del benché minimo buon senso.

Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

 

da Il Sole 24 Ore9 dicembre 2024

Flop in Danimarca dell’eolico: va deserta la gara per il più grande parco marino.

Senza incentivi statali, nessun investitore si è presentato per la concessione di 30 anni nel Mare del Nord. Pure il campione nazionale Orsted, numero uno al mondo, si defila. (Simone Filippetti)

La Danimarca fa un clamoroso flop nelle energie pulite: va deserta l’asta per il più grande parco eolico in alto mare del paese. Il paese più “verde” d’Europa non è riuscito ad attrarre nemmeno un investitore per costruire pale nel Mare del Nord. Sta forse per scoppiare la bolla dell’energia eolica? L’asta non prevedeva sussidi statali, ossia soldi dei contribuenti.

Il clamoroso flop

Neii giorni scorsi, l’Agenzia Danese per l’Energia (DEA) ha comunicato di non aver ricevuto offerte per nessuno dei tre parchi eolici offshore nel Mare del Nord che erano stati messi in gara a inizio Novembre: si trattava dei primi 3 Gigawatt di un grande progetto più ampio. Non si è presentato nessuno, nemmeno la danese Orsted, il campione nazionale dell’eolico che giocava in casa.

«Questo è un risultato molto deludente. Le circostanze per l’eolico offshore in Europa sono cambiate in modo significativo in un tempo relativamente breve, compresi grandi aumenti di prezzi e tassi di interesse» ha masticato amaro Lars Aagard, ministro per il clima, l’energia e i servizi pubblici del paese.

Annus Horribilis

A inizio anno, la Danimarca aveva lanciato la più grande gara d’appalto per un parco eolico marino della sua storia: erano stati messi all’asta un minimo di 6 Gigawatt di nuova capacità in sei siti nel Mare del Nord, con l’opzione di sovra-piantumazione che consente di aggiungere 10 Gigawatt. Ora, c’è il rischio che tutto il mega-progetto salti.

Il progetto messo all’asta avrebbe dovuto essere costruito senza sussidi statali, motivo per cui tutti gli investitori privati si sono defilati. In più, era richiesto un pagamento annuale del canone di concessione: per i successivi 30 anni, i gestori dovrebbero pagare al governo di Copenaghen il diritto di utilizzare il fondale marino. Infine, lo Stato danese sarebbe stato comproprietario di ciascuno dei parchi eolici con una quota di minoranza del 20 per cento. Il fallimento è un duro colpo per la politica energetica verde del paese che a oggi conta una capacità installata di 2,7 Gigawatt.

Il caso Orsted

Se un’asta nazionale per un parco eolico, nel paese bandiera della “Transizione Verde”, è già di per sè un segnale preoccupante, è ancor più strano che non si sia presentato nemmeno il colosso nazionale Orsted: l’azienda è il più grande produttore e installatore di pale eoliche al mondo. Perché snobba il suo stesso paese? Perchè è da tempo in difficoltà finanziarie: dal 2021 a oggi ha bruciato il 60% del sul valore alla Borsa di Copenaghen. Gli investitori stanno scappando dal titolo: a Novembre dell’anno scorso, dopo aver annunciato di ritirarsi da una gara in New Jersey, e aver fatto una svalutazione di bilancio da 4 miliardi di Dollari, le azioni sono crollate del 30% in un giorno. Ai massimi del 2020, quanto tutti erano entusiasti per l’energia eolica, Orsted quotava quasi 1.200 Corone Danesi. Oggi langue attorno alle 360 Corone, che valutano l’intera società appena 20 miliardi di Euro.

L’energia eolica sta diventando un pessimo affare: a mercato, senza aiuti pubblici, l’energia prodotta dal vento ha prezzi negativi, almeno quella del Mare del Nord, dunque si produce in perdita. Ma un’industria privata che sta in piedi solo se lo Stato paga, è sostenibile o è una bolla speculativa?

da qui

Nessun commento:

Posta un commento