giovedì 9 gennaio 2025

Una soluzione anti-costituzionale all'overtourism – Gog edizioni

 

 

Una soluzione noi ce l’avremmo pure. Probabilmente è una soluzione anti-costituzionale, come la maggior parte delle soluzioni che proponiamo per risollevare l’editoria, la cultura, la letteratura in questo Paese. E anche per quanto riguarda l’overtourism abbiamo abbozzato un ddl da repubblica popolare centroafricana, proprio in questi ultimi giorni, tra una pausa e l’altra, mentre passeggiavamo abbottati da pranzi e cenoni nel centro storico di Roma, un grande cantiere con dentro gente che si fa le foto scambiando gli scavi della metro C per rovine, i ponteggi sopra il palazzaccio per un’installazione del bulgaro Christo, il Giubileo per una festa a tema con il satanista Padre Guillerme in console, o l’Osteria da Fortunata per un ristorante, quando invece è chiaramente una specie di Alcatraz dove finiscono i pentiti di mafia a fare la pasta a mano dentro una teca. A camminare per il centro, ma solo se si è di buonumore per la tredicesima, si ha persino l’illusione di vivere in una grande metropoli, si respira l’aria progressista della globalizzazione – vedi che belli gli scambi culturali, il dialogo tra i popoli, la condivisione del proprio patrimonio artistico. Ma poi rinsavisci subito al bestemmione del tassista che stava per mettere sotto Kim Jong Un a Corso Vittorio Emanuele, quando per prendere un gelato ti devi fare un’app, per una carbonara spendi tutta la tredicesima e ti arriva una fetta di cane, e quando scopri che Castel Sant’Angelo non lo rivedrai mai più – a meno che non decidi di fare un sit-in di tre giorni e tre notti davanti alla biglietteria insieme al cast di Squid Game. Allora capisci che ci hanno inculato. E che il turismo è la più grande impostura di questo secolo, la simulazione di un viaggio autistico che in realtà non avviene. Tutta la città, dalle osterie ai negozi, dai musei al paesaggio, si adegua al pregiudizio che il turista ha di Roma, che non ha niente a che fare con Roma, ma all’amplificazione artificiale di quei caratteri e costumi che crediamo possano piacere di più allo straniero. E così, non solo dobbiamo sorbirci gli innumerevoli disturbi che creano le orde di barbari in bermuda, ma dobbiamo anche cambiare noi per compiacerli, ed ecco che Roma, quella reale, diminuisce, si fa più piccola, si conforma all’immaginario che altrove si è creato di essa, e perciò anche noi romani siamo sempre più in contatto con la finzione di noi stessi. Quindi ben vengano tutte quelle iniziative alla Tourist Go Home, e quelle degli attivisti che invitano a mettere adesivi o gomme da masticare sopra i lucchetti con le chiavi degli Airbnb sparsi nel centro della città. Che sia vietato Airbnb, che si mettano limiti ai giorni di affitto, che si tassino i locatori senza pietà, che si buchino le gomme agli autobus a due piani che intasano il Lungotevere. Meglio morire definitivamente come Paese, sommerso dallo scioglimento dei debiti, che pensare di poter campare con il turismo. Ma che razza di progetto a lungo termine è? Con che voglia ci alzeremo dal letto la mattina, per prenderci cura del giardinetto del mondo che diventerà l’Italia, dove i cinesi verranno a comprare scatolette d’aria compressa del Lago di Stocazzo? Dove gli americani verranno a giocare a beerpong – non potevano farlo nel Minnesota? – credendo, come credono tutti gli americani, che l’Europa sia un’invenzione di Walt Disney? Ma la nostra soluzione è ancora più radicale dell’attivismo civile, delle proteste virtuose, delle pressioni sull’amministrazione. Queste scappatoie ci ricordano quegli stucchevoli suggerimenti pasoliniani di Parise contro la società dei consumi, in un libretto pubblicato nel 1972, Il Rimedio è la povertà. Come pretendi che nel mezzo dell’espansione consumistica e del benessere le persone scelgano di rinunciare al comfort? Dice Parise: «Povertà è godere di beni minimi e necessari, quali il cibo necessario e non superfluo, il vestiario necessario, la casa necessaria e non superflua. Povertà e necessità nazionale sono i mezzi pubblici di locomozione, necessaria è la salute delle proprie gambe per andare a piedi, superflua è l’automobile, le motociclette, le famose e cretinissime “barche”». Parise era un grande ma queste sono tutte cazzate con cui probabilmente Goffredo si è comprato una barchetta. Nei fatti, però, non lo ha ascoltato nessuno. Se le persone possono scegliere tra una cosa giusta che però comporta fatica e impegno e una sbagliata ma facile da fare, opteranno per la seconda. Con in mano un qualsiasi mezzo o tecnologia, l’umanità li impiegherà sempre nel peggiore dei modi possibili. Vedi Intelligenza artificiale. La useremo per fare più guerre e per cambiare i pannoloni agli anziani. Siamo fatti così, siamo belli anche per questo. Lo stesso vale per il turismo: se porta soldi facili, allora vincerà sempre. La nostra soluzione all’overtourism perciò è un’altra, benché mutuata da quella di Parise: Il rimedio è la criminalità. Bisogna incentivare il ritorno della criminalità disorganizzata e diffusa nel centro storico di Roma. Piccoli delinquenti saranno allocati negli Airbnb sfitti, convertiti in case popolari, e incoraggiati a compiere furti, scippi, rapine, borseggi, sequestri di persona, minacce di ogni genere nei confronti dei turisti. Se non possiamo vincere con la giustizia, possiamo vincere con la paura. Il centro deve diventare luogo ostile, brutale, feroce, per chi non conosce le dinamiche locali, la lingua, le vie giuste in cui passare. La pagina Instagram del Comune di Roma appalterà la comunicazione istituzionale a Welcome to Favelas. Il Monte di Pietà, nel rione Regola, si occuperà della ricettazione della refurtiva, generando inizialmente un indotto sufficiente a pareggiare gli scompensi della diminuzione dei turisti. La città dovrà tornare ad avere pessima fama su Tripadvisor e sulle Lonely Planet (strumenti di egemonia planetaria anglosassone), come ai tempi del Conte di Montecristo, quando al carnevale si rapivano i figli dei nobili stranieri in cambio di un riscatto, o ai tempi del Marchese del Grillo. Si creeranno nuove situazioni epiche, rinnoveremo l’immaginario ormai stantio della Banda della Magliana e quello netflixiano di Suburra, per riscoprire la romanità dei bulli di quartiere, dei Più, dei Meo Patacca, dei duelli, delle zaccagnate in panza (che ci hanno reso, nell’Ottocento, i chirurghi più bravi d’Europa), delle osterie piene di puttane e eunuchi e cardinali e nobili, la Roma mazziniana di Ciceruacchio, quella notturna e situazionista di Mario Appignani, degli sballati, degli strippati, delusi, stralunati, sgabbiati, dei terroristi del sistema, l’irascibile schiera degli infelici, la Roma dimmerda di Remo Remotti, la Roma di Dario Bellezza, invivibile e incresciosa, perciò liberata da chi vuole bonificarla per renderla gradita al turista. Il centro ritornerà ad essere quello che è sempre stato: crocevia di tendenze assurde, punto di incontro di aristocrazia e sottoproletariato, commistione di generi e stili di vita improbabili, che dialogano sul serio, frizionano fino a generare una vitalità spontanea e violenta che fu la principale ricchezza cittadina, prima dei monumenti e dei musei. E si tornerà a cantare per le vie del centro, si tornerà a fare l’amore a Trastevere, torneranno i macellai, i bordelli, i coltelli, torneranno i poeti.

 

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