COMITATI SARDI In RETE
MANIFESTO D’INTENTI
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La storia recente della Sardegna è quella di un territorio costellato
di progetti economici calati dall'alto e
dall'esterno, progetti i cui benefici restano in capo alle lobbies economico-finanziarie
che li propongono, laddove i costi di tali progetti sono invece scaricati sulla
collettività, attraverso gli incentivi economici, i danni ambientali, sociali
ed economici da essi causati. Si tratta di un meccanismo collaudato che si
ripete da decenni e lascia dietro di sé un tessuto economico incapace di
provvedere autonomamente alle proprie necessità, comunità sfilacciate,
costrette ancora oggi a vedere le energie più fresche allontanarsi alla ricerca
di quelle possibilità che una progettualità ad uso e consumo di pochi ha
cancellato; un paesaggio ferito da interventi decontestualizzati e privi di
qualsiasi relazione con l'ambiente circostante e l’economia locale, un
territorio privato delle competenze e delle popolazioni che ne garantiscano la
tenuta e l'assetto.
Le rovine lasciate da decenni di gestione dissennata del territorio
sono sotto gli occhi di tutti: altissimi livelli di disoccupazione, povertà,
disagio sociale, spopolamento, abbandono delle campagne, dissesto idrogeologico,
sottrazione di estensioni vastissime di territorio per usi militari e
industriali - con annesso inquinamento che si ripercuote sulla salute pubblica
- accaparramento di vastissime zone a vocazione agricola in tutta la Sardegna
con il pretesto della produzione di energia da fonti rinnovabili o assimilate, veicolate
da una disastrosa politica di incentivi statali (Cip6, Conto Energia,
Certificati Verdi etc..), che ha fomentato pure e semplici operazioni di
carattere speculativo. Questo è lo scenario con il quale si deve confrontare
chi ancora vuole ostinarsi a vivere in Sardegna, nonostante tutto.
È in questo quadro così delineato - che, senza la complicità della
classe politica e amministrativa e a comportamenti complici della società
sarda, non si sarebbe mai potuto comporre - che nasce l'esigenza da parte delle
popolazioni di reagire, rinsaldare le comunità e strutturare una linea di
difesa nei confronti dell'aggressione incessante verso il territorio. I
Comitati spontanei che nascono in ogni luogo della Sardegna, pur con diverse
forme organizzative ed obiettivi, sono accomunati dalla necessità di
ricostruire le comunità per poter immaginare un futuro, di resistere ad un uso
del territorio che emargina chi quel territorio lo abita, costringendolo a
vivere da straniero in casa propria o ad emigrare.
Purtroppo l'opposizione dei singoli Comitati, da sola, spesso non
basta. Sono troppo forti gli interessi che investono le singole comunità:
interessi di grosse aziende nazionali e multinazionali, in grado di
relazionarsi direttamente ai diversi livelli di governo sovranazionale, statale
e regionale, e perciò in grado di avere la meglio sulle ragioni di popolazioni
la cui voce spesso non arriva oltre il livello regionale, e anche a quel
livello trova interlocutori poco interessati al territorio e al rispetto delle
prerogative di una Regione a Statuto Speciale, quale è la Sardegna.
Si fa quindi impellente la necessità di unire le voci, le competenze,
la passione dei diversi Comitati locali, per porsi all'altezza delle
controparti in modo da imporre il rispetto per le comunità, i loro diritti, le
loro esigenze e la loro progettazione del territorio, per spezzare il senso
d'impotenza su cui marciano gli speculatori, e così riprendere in mano il
proprio destino…
continua
qui
Coordinamento Sardo Non Bruciamoci il Futuro – Comitati Sardi InRete
Al Presidente della Regione Sardegna
Richiesta di moratoria
Nel rivendicare il diritto dei cittadini all'accesso alle informazioni
e alla partecipazione ai processi decisionali che coinvolgono l'ambiente, la
salute, il lavoro e il benessere sociale (diritto sancito da numerose normative
internazionali, europee e statali) i comitati, gruppi territoriali e
associazioni della Sardegna impegnati su questi temi portano all'attenzione dei
cittadini e dei decisori politici quanto segue:
• è in atto una schizofrenica politica industriale tesa a trasformare
la Sardegna in una piattaforma energetica per progetti di sviluppo esterni
all’isola e in centro di commercio, stoccaggio o smaltimento di merci, di fonti
energetiche e di rifiuti prodotti altrove, anche mediante l’accaparramento
delle migliori terre a preminente vocazione agricola, con la conseguente
ulteriore marginalizzazione delle tradizionali attività agro-pastorali;
• notiamo la sostanziale inerzia della Regione Autonoma della Sardegna
nel rivendicare il diritto legittimo nella gestione dei bacini idrici, degli
impianti idroelettrici e di altre fonti energetiche rinnovabili esistenti utili
ad una produzione energetica nel rispetto della salute dei cittadini e degli intessi
degli operatori del settore primario e del turismo;
• osserviamo come la politica verticistica non partecipata (chi
amministra attualmente ha il mandato da appena il 18% degli elettori Sardi) sia
spesso funzionale agli interessi delle lobby finanziarie e speculative estranee
agli interessi dei Sardi favorendo l’accumulazione, la centralizzazione e il trasferimento
fuori dell’Isola della ricchezza prodotta lasciando solo le macerie ambientali,
sanitarie e sociali;
• in una situazione di degrado ambientale e sociale diffuso, di
aggressioni continue al nostro territorio, di minaccia alla nostra salute,
assistiamo ad una continua esclusione dalla possibilità di partecipare come
singoli e come comunità alla costruzione di un nuovo modello di sviluppo
lontano da quello che negli ultimi 50 anni ha portato la nostra Terra ad avere
il triste primato di regione con l’estensione più vasta di territorio
contaminato (445 mila ha), associato ad elevati tassi di incidenza e di
mortalità per malattie delle popolazioni residenti, e sul piano sociale a
registrare i tassi di disoccupazione, particolarmente giovanili, tra i più alti
dello Stato;
• un Governo Centrale “amico” con il D.Lgs 23 dicembre 2013, n. 145,
convertito con modificazioni dalla L. 21 febbraio 2014, n. 9 (in G.U.
21/2/2014, n. 43) e noto come Decreto “Destinazione Italia", ha posto le
basi per un sostanziale disimpegno degli inquinatori dall’obbligo di bonifica a
partire dalla sottoscrizione di accordi di programma con lo Stato ed Enti
Locali per una riconversione industriale di tali aree, con agevolazioni
fiscali a carico della comunità e spesso indirizzate, come a Porto Torres e a
Portoscuso, a scelte non certo sostenibili sul piano ambientale, sanitario ed
economico portate avanti in assenza di una preventiva efficace azione di bonifica;
• il medesimo Decreto “Destinazione Italia” vede lo Stato avocare a se
competenze che riguardano la nostra Isola nel settore ambientale come nella
ricerca di risorse geotermiche per la produzione di energia elettrica con
possibile compromissione di ulteriori 200 mila ha, in un momento nel quale fioriscono
nel territorio sardo innumerevoli progetti di produzione energetica con ricorso
alle biomasse, ai biodigestori, ai mega parchi eolici, ai campi fotovoltaici,
ai mega impianti termodinamici solari in aree a vocazione agricola, fino alle
trivellazioni per la ricerca di idrocarburi e ai nuovi inceneritori di rifiuti.
CHIEDIAMO un atto urgente di MORATORIA che preveda:
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